Crosetto a Tokyo e Nave Cavour verso il Pacifico. Le mosse italiane

Il dispiegamento della portaerei conferma la volontà dell’Italia di essere proattiva nell’interconnessione tra le due regioni. Un impegno dimostrato anche dal progetto per il jet di nuova generazione che sarà al centro del trilaterale del ministro con gli omologhi di Giappone e Regno Unito

Crosetto cavour

 

Entro la fine del 2023 (o massimo inizio 2024) l’Italia invierà nell’Indo Pacifico la portaerei Cavour. Lo ha confermato ieri l’ammiraglio Giuseppe Berutti Bergotto, sottocapo di stato maggiore della Marina, durante un convegno all’Università Cattolica di Milano.

Cavour e Morosini verso Oriente

L’invio di Nave Morosini era noto, anticipato nell’intervista rilasciata recentemente a Formiche.net dall’ammiraglio Enrico Credendino, capo di stato maggiore della Marina, attualmente in viaggio al seguito di Guido Crosetto, ministro della Difesa, in missione in Giappone. È la conferma di come il piano operativo-militare e quello geopolitico-diplomatico si intersechino nelle attività che riguardano l’Indo Pacifico.

La sicurezza marittima nell’Indo Pacifico

Il dispiegamento successivo del Cavour sottolinea poi l’intenzione dell’Italia di essere attiva e prottiva nella regione, in allineamento con alleati e partner euro-atlantici e asiatici. Le forze armate europee sono, infatti, sempre più interessate a una presenza in quell’area che la dottrina strategica statunitense sta individuando come prima cerchia del contenimento della Cina. L’obiettivo di tale presenza è inibire potenziali attività egemoniche di Pechino, come quelle nel Mar Cinese, preservando il concetto di “libera e aperta” navigazione su cui si basa la concettualizzazione di Indo Pacifico del defunto premier nipponico Abe Shinzo. La maritime security è centrale per tali scopi, ed è una di quelle in cui la Nato è più impegnata e interessata nello spostare a Est le sue visioni politico-diplomatiche e le sue attività. Ed è un compito in cui l’Italia eccelle.

In questi giorni, Fabio Cima, attaché militare italiano in India, è stato nominato “International Liaison Office” all’Information Fusion Center – Indian Ocean Region, dando il via a un centro di sicurezza marittima regionale ospitato dalla Marina indiana. L’Italia è già attiva in missioni di questo genere lungo il confine tra Mediterraneo allargato e Indo Pacifico. Tra queste, l’operazione Atalanta nell’ambito di Eunavfor Somalia, concentrata sulla lotta sulla sicurezza marittima davanti al Corno d’Africa.

Interconnesisoni tra Est e Ovest del mondo

Proprio quell’area è determinante per le interconnessioni tra le due regioni di cui Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, ha parlato durante la sua recente visita a Nuova Delhi (e tenuta come tema nei successivi colloqui con le leadership emiratine e israeliane). D’altronde, la Cina ha piazzato la sua prima base extra-territoriale a Gibuti, sul Corno, a pochi passi da un avamposto strategico statunitense e un altro italiano. Un chiaro interesse strategico.

La missione del Cavour segna l’approfondimento degli interessi italiani verso Oriente, che restano comunque in continuità con la proiezione strategica classica italiana. Tant’è che l’organizzazione della missione seguirà i tempi necessari per mettere in piena operatività la porta-elicotteri da assalto anfibio Nave Trieste, a cui — in assenza del Cavour — sarà affidato il controllo del Mediterraneo, sempre più oggetto degli interessi della flotta russa.

L’invio di navi e aerei nella regione indo-pacifica da parte dell’Italia e di altri Paesi europei è accolto positivamente dal Giappone. Yasukazu Hamada, ministro della Difesa, ha spiegato in una recente intervista Formiche.net che ciò “contribuisce alla pace e alla stabilità della regione indo-pacifica. Speriamo di cogliere questa opportunità per ampliare le possibilità di ulteriori addestramenti congiunti tra unità militari di vari Paesi e le Forze di autodifesa”, ha aggiunto.

Il viaggio di Crosetto

È in questo contesto si inserisce la missione del ministro Crosetto a Tokyo. Ieri sera ha avuto un “cordiale e fraterno incontro” con l’omologo giapponese Hamada. “I rapporti tra Italia e Giappone sono fondamentali per affrontare le sfide geopolitiche e tecnologiche del futuro”, ha scritto il ministro. Nella giornata di giovedì, invece, prenderà parte a un bilaterale e a un trilaterale con anche l’omologo britannico Ben Wallace. Anche quest’ultimo, proprio come Hamada a Formiche.net e Meloni in India, sottolinea l’interconnessione tra Europa e Pacifico: l’ha fatto partecipando al Pontignano Forum a Roma il mese scorso e oggi nel suo intervento al Dsei Japan.

Al centro dell’agenda del trilaterale ci sarà il Global combat air programme (Gcap), il progetto trilaterale per un caccia di sesta generazione che dovrebbe nascere dalla fusione dell’anglo-italiano Tempest del giapponese F-X. In particolare, si sta lavorando per dare vita entro fine anno alla struttura internazionale che gestisca il progetto. Secondo quanto rivelato dall’agenzia Reuters si andrebbe verso un 40% per Regno Unito e Giappone e il restante 20% all’Italia – ricostruzione definita “del tutto fantasiosa” dal ministero della Difesa italiano.

L’importanza della politica militare

Nel corso della recente audizione davanti alla commissione Difesa della Camera dei deputati, il generale Luca Goretticapo di stato maggiore dell’Aeronautica militare, ha parlato anche del Gcap (definito “un sistema di sistemi”, più di un semplice velivolo), evidenziando come per operare nell’Indo Pacifico un tecnico debba “essere preparato a rendere credibile quella scelta: a tal fine dobbiamo operare componenti su lunghe distanze e garantire l’addestramento”, ha spiegato. Il Giappone è quindi “un’opportunità per testare l’aereo ed addestrarsi: valutare i tempi percorrenza, le problematiche burocratiche del sorvolo dei Paesi. Anche Tokyo ha scelto l’Italia per addestrarsi e la simbiosi industria-aeronautica è vincente anche per Tokyo. Il Mediterraneo è diventato uno scenario troppo piccolo, oggi dobbiamo intervenire sulle lunghe distanze per assicurare stabilità al nostro Paese”, ha aggiunto.

Intanto, il Gcap è già l’attrazione principale del Dsei Japan, una tre giorni che si tiene a Chiba fino a venerdì. Gli organizzatori prospettano un aumento del 25% degli ingressi rispetto all’ultima edizione, quella del 2019. Merito, spiegano, anche del Gcap. All’evento, infatti, saranno presenti tutte le principali aziende responsabili del progetto, come la giapponese Mitsubishi Heavy Industries e la britannica Bae Systems, compreso il consorzio italiano che coinvolge Avio Aero, Elettronica, Mbda Italia e Leonardo. Oltre a queste, il programma vede la partecipazione dell’intera filiera della difesa nazionale, con università, centri di ricerca e piccole e medie imprese.

FONTE:Logo Formiche

 

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17 Marzo 2023 - 162° Anniversario della Marina Militare

​La Marina Militare italiana nasce 4 mesi prima della proclamazione del Regno d'Italia

Nascita marina

​La Marina Militare italiana nasce 4 mesi prima della proclamazione del Regno d'Italia


Il 17 novembre 1860 , esattamente quattro mesi prima del Regio Decreto 17 marzo 1861 n. 4671 di assunzione del titolo di Re d'Italia da parte di Vittorio Emanuele II, con R. D. n. 4419, fu sancita la nascita della Marina Militare italiana.

Per poter conseguire questo importante risultato, il 18 marzo 1860 Cavour aveva già distaccato il Ministero della Marina da quello della Guerra, unendolo alla sua Presidenza del Consiglio per seguirne personalmente gli affari e lo sviluppo.

01 smallIl sottoscritto preposto all'amministrazione delle cose di mare di uno Stato "collocato in mezzo al Mediterraneo, ricco di invidiabile estensione di coste e di una numerosa popolazione marittima, sente il dovere di dare il più ampio sviluppo alle risorse navali del Paese valendosi degli elementi di forza che ha trovato nelle nuove province" Così scriveva lungimirante il Cavour nella nota preliminare al bilancio della Marina Militare del 1860.

Precedentemente agli interventi di Cavour, la Marina non aveva mai goduto di primaria attenzione nel Regno di Sardegna, essendo lo Stato sabaudo all'epoca orientato politicamente e strategicamente verso il continente, e conseguentemente il suo Ministero fu in origine unito alla Segreteria della Guerra, il cui Ministro si chiamava "Primo Segretario di Guerra e Marina".

03 smallNacque così, con largo anticipo sul Regno d'Italia, la Marina Militare italiana, dalla fusione della Marina Sardo/Piemontese e della Marina Borbonica, essendo il Cavour ben conscio dell'importanza politica e militare di una efficiente marineria per lo sviluppo dell'Italia, e dei tempi e delle difficoltà necessari per la sua piena realizzazione. Promosse, infatti, grandi cambiamenti, sia sotto il profilo tecnico, quale la trasformazione della flotta da navi a vela a navi a vapore incitando alla costruzione di navi di maggiori dimensioni, sia sotto quello umano e professionale, cambiando persino i programmi scolastici per favorire lo studio della matematica nelle scuole secondarie, fondamentale materia per la formazione dei nuovi ufficiali di Marina, sia sotto il profilo infrastrutturale, pianificando la realizzazione di un porto interamente dedicato alla Marina Militare, quale fu quello di La Spezia.

Cavour elaborò un programma che prevedeva lo scioglimento dei Ministeri di Marina di Napoli e di Sicilia, la riorganizzazione di tutto il personale militare e civile, la costituzione di tre dipartimenti marittimi (Genova, Napoli, Ancona) e la costruzione, a La Spezia, di un moderno ed efficiente arsenale.

Nuove unità furono impostate nei cantieri italiani: le fregate corazzate di 2^ classe Principe di Carignano, Messina, Roma, Venezia, Conte Verde, tutte con scafo in legno. Le due fregate corazzate di 1^ classe, il Re d'Italia e il Re di Portogallo, furono commissionate negli Stati Uniti. Dai cantieri francesi furono varate le fregate corazzate Ancona, Castelfidardo, Maria Pia e San Martino; le corvette corazzate Formidabile e Terribile; le cannoniere corazzate Palestro e Varese. In Gran Bretagna venne commissionato l'ariete-corazzato Affondatore, una delle prime navi a torri della storia navale.

02 smallNel 1861 il conte Camillo Benso di Cavour, allora presidente del consiglio e ministro della marina, affermava: "voglio delle navi tali da servire in tutto il Mediterraneo capaci di portare le più potenti artiglierie, di possedere la massima velocità, di contenere una grande quantità di combustibile. [..] Consacrerò tutte le mie forze e ciò che posso aver conquistato d'influenza parlamentare, affinché l'organizzazione della nostra Marina Militare risponda alle esigenze del Paese".​

FONTE:Logo Marinamilitare

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La lunga strada per decifrare ENIGMA

Ancora un articolo che merita essere approfondito, dal sito Ocean4future a cura di Andrea Mucedola

Enigma plugboard

La battaglia dell’Atlantico durante la seconda guerra mondiale, iniziò nel 1939 a seguito del blocco navale alleato della Germania, annunciato il giorno dopo la dichiarazione di guerra, e il successivo contro-blocco della Germania. Una battaglia senza esclusioni di colpo che vide contrapposti gli U-Boot e altre navi da guerra della Kriegsmarine tedesca contro le unità della Royal Navy e degli altri alleati, in protezione dei convogli provenienti dall’altro lato dell’Atlantico. Conoscere i movimenti dei mezzi tedeschi era diventata una priorità e l’Ammiragliato britannico decise di catturare a tutti i costi un modello della macchina cifrante ENIGMA in dotazione alle unità tedesche dell’ammiraglio Dönitz.

SCHERBIUS BREVETTO

Brevetto della cifrante ENIGMA di Arthur Scherbius,
presentato il 24 gennaio del 1928

La nascita di ENIGMA

La crittografia è una scienza matematica complessa, sviluppata sin dall’antichità da matematici e menti eccelse per studiare sempre nuovi sistemi di cifratura per proteggere le corrispondenze segrete dei loro signori. Il requisito di riservatezza divenne nel tempo una necessità comune e le tecniche di protezione sono oggi alla base della sicurezza informatica applicata nelle comunicazioni militari ma anche nelle transazioni commerciali bancarie. La trattazione della materia sarebbe troppo lunga per poterla raccontare in pochi articoli per cui, per chi volesse approfondire, suggerisco la lettura del libro Codici e Segreti di Simone Singh [1] che tratta l’argomento in maniera chiara ed esaustiva dalle origini ai giorni nostri. 

Mi concentrerò su ENIGMA, una macchina cifrante di successo inventata nel 1818 dall’ingegnere tedesco Arthur Scherbius in grado di generare una codifica automatica polialfabetica dei messaggi. In realtà, il suo principio di funzionamento non era innovativo in quanto era una versione elettromeccanica del disco cifrante di Leon Battista Alberti, un sistema di cifratura inventato secoli prima dal famoso architetto italiano.

Per aumentare la pervietà della cifratura, Alberti aveva ideato una macchina composta da due dischi di rame di diametro diverso che riportavano lungo le loro circonferenze le lettere di un alfabeto in sequenza.

disco cifrante leon battista alberti

I dischi, liberi di ruotare indipendentemente, mettevano in relazioni lettere diverse; ad esempio, alla lettera A del disco esterno poteva corrispondere la Y nel disco interno, e via di seguito.

La chiave, in questo caso, sarebbe stata semplicemente una lettera la Y (A su Y) e si sarebbe ottenuta una semplice sostituzione monoalfabetica, in cui ogni lettera del testo in chiaro sarebbe stata sostituita, nel testo cifrato, dalla lettera che si trovava un certo numero di posizioni dopo nell’alfabeto (un metodo di cifratura si dice inventato da Giulio Cesare).

cifratura di Caesare

Un sistema tutto sommato semplice da decifrare che però poteva essere reso più complicato utilizzando una cifratura polialfabetica. Ad esempio, nella prima riga, abbiamo l’alfabeto in chiaro, nella seconda abbiamo la prima lettera della chiave (una sequenza alfabetica delle lettere al contrario ovvero da Z a A), nella terza un alfabeto in cui la prima lettera è una N e poi prosegue sempre al contrario terminando con una O.

Nel nostro esempio, il cifratore decide di usare questi due alfabeti (Z e N) per la cifratura che sarà quindi polialfabetica, impiegando come riferimento alternato i due alfabeti.

Alfabeto chiaro A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z
Alfabeto ‘Z’ Z Y X W V U T S R Q P O N M L K J I H G F E D C B A
Alfabeto ‘N’ N M L K J I H G F E D C B A Z Y X W V U T S R Q P O

Nell’esempio, la chiave di cifraturaZN sarà usata per cifrare la parola “CIFRA”.  Cifreremo quindi la prima lettera “C” impiegando l’alfabeto Z, poi la secondaI questa volta utilizzando lalfabeto N, per la F si tornerà all’alfabeto Z … e via così fini al termine della parola o della frase.

Chiave Z N Z N Z
Testo chiaro C I F R A 
Testo cifrato X F U W Z 

La stessa cosa poteva essere fatta con i dischi rotanti di Alberti, facendo combaciare le lettere nei diversi dischi in maniera alternata. Aumentando il numero delle chiavi (ovvero degli alfabeti), aumentava ovviamente la complessità di decifrazione.

La macchina cifrante di Arthur Scherbius, che venne chiamata ENIGMA, era quindi in grado di generare una codifica automatica polialfabetica dei messaggi introdotti, impiegando codici che, per aumentare la complessità,  venivano cambiati quotidianamente.

 ENIGMA consisteva, in estrema sintesi, in tre elementi principali:
– una tastiera, per inserire il testo in chiaro;
– un’unità che trasformava il testo dalla lettera originale alla lettera cifrata (attraverso uno scambiatore, detto anche rotore)
– un visore che indicava quale lettera inserire nel messaggio criptato. 

Con parole semplici, ENIGMA faceva ruotare lo scambiatore in maniera automatica di un 26esimo di giro (per un alfabeto composto di 26 lettere) per cui la cifratura cambiava automaticamente dopo ogni lettera. Impiegando più scambiatori la complessità di cifratura numerica naturalmente aumentava.

Va compreso che la forza di ENIGMA non dipendeva dal dispositivo elettromeccanico ma dal suo settaggio all’inizio della cifratura.  Questo comportava che, per decifrare i messaggi, bisognava prima scoprire la chiave giornaliera tra milioni di miliardi possibili di combinazioni.

I Tedeschi impiegavano una chiave giornaliera, cambiata ogni giorno alla mezzanotte, ed inviavano prima del messaggio una seconda chiave, diversa per ciascun messaggio. Questo rendeva quindi impossibile la decifrazione con i metodi manuali in uso all’epoca.

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La corsa per la decifrazione

Il caso aveva voluto che nel 1914, l’incrociatore leggero tedesco Magdeburg, in missione di posa di mine navali nel mar Baltico, durante una manovra evasiva, a causa dell’oscurità e della fitta nebbia, urtò il basso fondale nei pressi dell’isola di Osmussaar, rimanendo incagliato; i tentativi di disincaglio e rimorchio furono inutili e la nave fu bersagliata dal fuoco degli incrociatori russi. Il comandante Habenicht diede l’ordine di abbandonare la nave e di attivare le cariche per l’autoaffondamento. I Russi riuscirono però a prendere possesso del relitto, rinvenendo tra le braccia del cadavere  di un sottufficiale tedesco tre libri contenenti le chiavi di cifratura del sistema di codifica delle comunicazioni radio della flotta tedesca. Grazie a quel ritrovamento, i Russi furono così in grado di decifrare, anche se in parte, i messaggi della flotta del Kaiser. Conoscendo la superiorità britannica nel campo crittografico, Mosca inviò una copia dei codici alla Marina britannica. Questo contribuì non poco alle sorti del conflitto e, dopo la guerra, il controspionaggio tedesco dovette ammettere che l’intercettazione dei cifrari aveva contribuito pesantemente alla loro perdita.

Una lezione acquisita che segnò un punto a favore per la macchina ideata da Scherbius. Nonostante il costo della cifrante, nei due decenni seguenti le forze armate del Reich acquisirono 30.000 macchine cifranti ENIGMA di diverso tipo e le distribuirono ai comandi militari ma anche alle ambasciate. Una dotazione che non passò inosservata ai servizi segreti di tutto il mondo e che comportò un aumento degli sforzi per decifrare il traffico cifrato. In realtà, a causa del numero enorme di combinazioni ottenibili, i risultati risultarono scarsi (se non nulli) sempre a causa della necessità di conoscere i codici che venivano cambiati ogni giorno.

Il metodo teorico della decifrazione del primo sistema ENIGMA si deve alla Polonia

I migliori nel campo si rivelarono i crittografi polacchi del Biuro Szyfròw che, negli anni ‘30, grazie all’aiuto dello spionaggio francese, dopo una brillante operazione di corruzione di un funzionario tedesco, ottennero degli importanti documenti segreti inerenti ENIGMA che permisero di realizzare una replica della versione militare. Un passo avanti ma ancora non sufficiente a causa delle diverse possibilità offerte dalle chiavi di cifratura, un numero enorme praticamente non decifrabile in tempi brevi.

Marian Rejewski

Marian Adam Rejewski, matematico e crittografo polacco,
nel 1932 riuscì per la prima volta a decifrare i messaggi
tedeschi criptati con la macchina Enigma ideata da Arthur
Scherbius. Rejewski si avvalse delle preziose informazioni
segrete passate dai francesi ai polacchi, ottenute da un
traditore tedesco, nome in codice Asche, in realtà
Hans-Thilo Schmidt, in cambio di denaro.

Un passo avanti lo realizzò il matematico polacco, Rejewski che realizzò una macchina in grado di trovare “autonomamente e rapidamente” le possibili 17.576 posizioni dei rotori della macchina cifrante. In pratica automatizzando il meccanismo di decrittazione precedentemente frutto di prove interminabili con carta e matita.

La decifrante di Rejewski necessitava di sei macchine, lavoranti in parallelo, per rappresentare tutti i possibili assetti di ENIGMA.  Questo consentiva all’epoca di decifrare la chiave giornaliera in un paio di ore. Le singole unità erano chiamate “bombe”, un soprannome datogli per il ticchettio che emettevano passando da un assetto all’altro durante le operazioni di calcolo. In parole semplici, le “bombe” consentivano l’automazione del processo di analisi crittografica in opposizione all’automazione del processo crittografico fornito da ENIGMA.

Bomba realizzata da Rejewki 561x1024

Schema della apparecchiatura crittografica di Rejewski
chiamata Bomba. Per chiarezza, viene mostrato solo un
set di tre rotori (1) mentre in realtà, ce ne erano sei.
I rotori erano mossi da un motore elettrico (2) con il
numero 3 gli interruttori delle lettere. Sebbene le
prestazioni risultarono per l’epoca eccezionali, il costo
delle macchine era elevato e pochi si potevano
permettere una spesa simile.

La capacità della macchina di decifrazione realizzata da Rejewski funzionò fino al 1938 quando i Tedeschi modificarono la sicurezza di ENIGMA portando le originali combinazioni da 6 a 60.  In pratica, sarebbe stato necessario avere 60 “bombe” per poter coprire la capacità di calcolo necessaria. Ma non finì qui; poco dopo i Tedeschi aumentarono nuovamente la complessità del sistema, arrivando ad un numero di chiavi di 159 miliardi di miliardi.

Fine I parte – continua 

Andrea Mucedola

Riferimenti

[1] Simon Singh, Codici & segreti, Rizzoli editore, Milano, 1999, ISBN 88-17-86213-4

Alberti, Leon Battista, Dello scrivere in cifra, (De componendis cyfris) trad. it. di M. Zanni. Prefazione di David Kahn, Galimberti Tipografi Editori, Torino 1994

Hugh Sebag-Montefiore, Enigma: The Battle for the Code, 2000, ISBN 0-7538-1130-8

Władysław Kozaczuk, Enigma: How the German Machine Cipher Was Broken, and How It Was Read by the Allies in World War Two, University Publications of America, 1984, ISBN 0-89093-547-5.  

F. H. Hinsley, et alii, British Intelligence in the Second World War: Its Influence on Strategy and Operations, volume 2, London, 1981

Winterbotham, Frederick. The Ultra Secret. London: Weidenfeld and Nicolson, 1974. ISBN 0-297-76832-8

http://www.uboatarchive.net/U-110A/U-110 GreenockReport.htm

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PARTE PRIMA

PARTE SECONDA

PARTE TERZA

PARTE QUARTA 

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Barra a Dritta, Barra a sinistra, ma non tutti usano gli stessi termini

Dal sito Ocean4future una spiegazione sull'argomento a cura di Paolo Giannetti

port and starboard nav lights

Babordo e Tribordo sono due termini antichi, non in uso nella marineria italiana, che stanno ad indicare rispettivamente il lato sinistro e il lato destro (dritta) di una nave o imbarcazione.

navi ormeggio 1

Navi a vela ormeggiate al molo di Williamstown, 1870 ca National Gallery of Victoria, Melbourne

Non è però raro di udire ancora nei film l’ordine “accosta a Babordo” (a sinistra) oppure “accosta a Tribordo” (a dritta). Da dove nascono questi termini marinareschi? Perché la marina anglosassone utilizza il termini Port e Starboard? Come sempre il Comandante Giannetti ci svela gli arcani.

BABORDO GIANNETTO 1

Babordo e tribordo

L’origine di questa parola è decisamente contesa, chi la vuole derivante dall’olandese bakboord, propriamente «bordo della schiena». Era così chiamato perché, il timoniere, governando la nave con un remo fissato a dritta, volgeva la schiena al lato sinistro,  mentre il lato di dritta, dove stava generalmente il remo (ricavato da una grande tavola di legno da cui boord) che fungeva da timone, ero lo stierboord, cioè il lato dove si trovava il timone, da cui derivò tribordo. Un’altra teoria è che sia invece francese e derivi dal fatto che nelle antiche navi da guerra francesi, la zona a prua dove venivano stivate le munizioni si chiamava BATRIE (Batterie) e l’ingresso del deposito era indicato da una grossa scritta. Se un marinaio si trovava a guardare verso prora, a sinistra leggeva la scritta BA… , mentre a dritta leggeva la scritta …TRIE.

port and starboard nav lights

Unendo i termini BA+bord e TRIE+bord nacquero i termini BABORD e TRIBORD. Un’altra spiegazione, sempre riconducibile alla Francia, è quella legata ad un armatore francese del ‘500, Monsieur BATRIE, che aveva il nome scritto sulla poppa sulle sue navi. Osservandole da terra, a sinistra si leggeva la scritta BA, mentre a dritta si leggeva la scritta TRIE. Forse solo una regola mnemonica ma facile da ricordare.

Luce verde a dritta, luce rossa a sinistra … quando furono introdotte le luci di navigazione colorate a bordo dei bastimenti? Nel 1840 a Londra, la Trinity House elaborò una serie di regolamenti che furono emanati dal Parlamento nel 1846. Le regole della Trinity House furono incluse nel Steam Navigation Act 1846, e nel 1848 le norme dell’Ammiragliato relative alle luci per le navi a vapore furono incluse in questo statuto. Nel 1849 il Congresso estese i requisiti di luce alle navi a vela sulle acque statunitensi. Poco dopo la legge marittima inglese veniva adottata anche negli Stati Uniti. Fu in quella fine del XIX secolo che molte delle regole in mare furono adottate e trascritte nei regolamenti. Curioso che nel 1867, Thomas Gray, assistente segretario del Dipartimento marittimo del Board of Trade, scrisse The Rule of the Road, un opuscolo che divenne famoso per i suoi noti versi mnemonici. Il più famoso dei quali è :
Two Steam Ships passing.
GREEN to GREEN – or, RED to RED —
Perfect safety – go ahead!
tradotto in italiano “rosso al rosso – verde al verde e la rotta non si perde”  semplici regole per la sicurezza in mare

Paesi che vai, termini che trovi

In Inghilterra, invece, l’origine dei nomi del lato dritto e sinistro delle navi o delle imbarcazioni risale a prima dell’avvento della ruota del timone cioè quando le navi erano governate attraverso un lungo remo posizionato a poppa sul lato di dritta (destra). L’origine olandese qui è più certa. Il lato del timone era lo STUURBOORD (o STIERBOORD), da qui il termine marinaresco inglese “STARBOARD” per indicare il lato di DRITTA (destra).

starboard

Nave nordica, si vede il timone sulla dritta (starboard) Photo: William Murphy

Il lato sinistro, invece, libero dall’ingombro del remo/timone, era quello destinato ad accostarsi alla banchina in “porto” per il carico/scarico e la salita/discesa da bordo. Da qui il termine “PORT” usato per indicare il lato sinistro.

Tall Ships Xanthus Smith 1924 1440x1080

Questo ci fa pensare che forse la navigazione, soprattutto sui corsi fluviali, avvenisse “tenendo la sinistra”: un assetto (poi codificato) che gli inglesi hanno mantenuto anche per il senso di marcia sulle strade (a sinistra) e relativo posto di guida sulle auto (a destra).

Paolo Giannetti

 

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Francia: è in corso Orion23, la più grande esercitazione militare degli ultimi anni

E' in corso nel Mediterraneo e nel sud della Francia la massiccia esercitazione che vede impegnati circa 7mila militari. L'operazione simula un intervento in un Paese fittizio ("Arnland") destabilizzato da milizie ben equipaggiate e confinante con uno Stato potente ("Mercurio") artefice dei disordini

15Esercitazione francia

E' in corso nel Mediterraneo e nel sud della Francia Orion 2023, una massiccia esercitazione militare che vede impegnati circa 7mila soldati. L'operazione simula un intervento in un Paese fittizio ("Arnland") destabilizzato da milizie ben equipaggiate e confinante con uno Stato potente ("Mercurio"), artefice dei disordini 

02Esercitazione francia

Le operazioni previste dal piano di mobilitazione si svolgeranno nell'area fino all'11 marzo. Si tratta della più grande esercitazione militare degli ultimi decenni in Europa occidentale

03Esercitazione francia

Domenica scorsa 700 soldati e 150 mezzi sono sbarcati sulle coste dell'Hérault, in Occitania. Lo scenario dell'esercitazione prevede uno sbarco anfibio e aereo nella zona per respingere le milizie di un potente Stato vicino

04Esercitazione francia

Prevista già dal 2020, l'operazione Orion acquista ancora maggior significato con il ritorno della guerra in Europa un anno fa, quando l'Ucraina è stata invasa dalla Russia

01Esercitazione francia

"E' l'essenza dell'esercitazione Orione: bisogna riappropriarsi del terreno libero, poter uscire dai campi di manovra e anche riappropriarsi di questa vicinanza con la popolazione civile", sottolinea il capitano Pierre François, ufficiale di comunicazione della 6ª brigata leggera blindata

05Esercitazione francia

Al termine di questo sbarco, le truppe dovranno invadere il Massiccio della Gardiole, a nord di Frontignan. Questa fase dell'esercitazione Orion proseguirà fino all'11 marzo

06Esercitazione francia

Successivamente, in primavera, gli eserciti simuleranno uno scontro aereo ad alta intensità contro lo Stato fittizio "Mercurio", con il dispiegamento di 12mila militari nel nord-est

07Esercitazione francia

Tra queste due sequenze maggiori, vi sarà una fase civile-militare incentrata sui diversi mezzi di sostegno civile agli eserciti in ambiti quali sanità e trasporti

08Esercitazione francia

Nonostante il carattere "pulito" e preciso di questa esercitazione di sbarco, lontano anni luce dalle immagini del D-Day in Normandia, la guerra in Ucraina è nella mente dei molti turisti e curiosi venuti per assistere alle operazioni

09Esercitazione francia

"La stampa ne parla da quindici giorni: ci sono 7mila soldati che si schiereranno da qui fino al Tarn, per simulare un attacco con una milizia che si potrebbe paragonare a Wagner (gruppo paramilitare russo, ndr)", sottolinea un residente di Frontignan, 66 anni, arrivato per assistere allo spettacolo

10Esercitazione francia

"Abbiamo saputo di questa esercitazione di sbarco sui giornali e sui social network. Sono molto fortunato a vedere queste manovre, è qualcosa di eccezionale", dice un ragazzo, aggiungendo: "Tutti questi carri armati che sfilano, spero sia qualcosa che non vedremo mai"

11Esercitazione francia

Manovre di questo tipo sono rare. "Le ultime operazioni anfibie condotte dalla Francia riguardavano evacuazioni di cittadini, nello Yemen nel 2015 e in Costa d'Avorio nel 2012", ricorda il tenente di vascello Dewy, responsabile della flottiglia anfibia mobilitata domenica scorsa

12Esercitazione francia

L'operazione di sbarco è stata preceduta negli ultimi giorni da una campagna aerea di spionaggio e da combattimenti navali simulati nel Mediterraneo, dove incrociano 30 navi della Marina nazionale francese, tra cui la portaerei Charles de Gaulle e due portaerei anfibie (PHA)

13Esercitazione francia

"La quantità dei mezzi messi a disposizione, il grado di sinergia tra i diversi eserciti, è qualcosa di mai visto da quando mi sono arruolato", commenta il capitano Thibault. "Si sente che abbiamo fatto un passo avanti nella preparazione operativa"

14Esercitazione francia

Sabato scorso, sei aerei da trasporto militare A400M hanno portato su un altipiano circa 600 uomini e 12 tonnellate di materiale. Coinvolti nell'operazione gli uomini dell'8º reggimento paracadutisti di fanteria di marina (8º RPIMa)

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News Marina Militare,, Francia: è in corso Orion23, la più grande esercitazione militare degli ultimi anni

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Per decifrare Enigma scomodarono anche il padre di “James Bond”

Sulla storia di "Enigma" dal sito Ocean4future la seconda parte

2AF4918B00000578 3179749 The First Bletchley Park This incredible image taken in June 1919

La possibilità di decifrare automaticamente i codici  impiegati, che era stata realizzata dai Polacchi con il sistema Bomba, fu presa in considerazione (non senza resistenze da parte di coloro che erano ancora legati ai metodi tradizionali) dal Governo inglese (in particolare da Churchill) che creò a Bletchley Park, nel Buckingamshire, il Government Code and Cypher School (GC&CS), in sostituzione della storica Stanza 40 dell’Ufficio Cifra dell’Ammiragliato britannico, da sempre popolata da analisti decisamente eterogenei che, accomunati dalla passione per l’enigmistica, si erano  dimostrati più fantasiosi di tanti matematici.

2AF4917100000578 3179749 Alastair Denniston who was in Room 40 during World War One

Alastair Denniston, lavorò nella stanza 40 durante la prima guerra mondiale e divenne direttore operativo della Government Code & Cypher School quando si stabilì a Bletchley Park. Fu lui a reclutare molti dei primi Codebreaker e fu sostituito nel 1942 da Edward Travis

.
Dal 1939 si formò a Bletchley Park un gruppo di analisti guidati da Alaistar Denniston, un esperto crittografo che, dal 1919, aveva retto l’incarico di capo della Divisione operativa del GC&CS. La scuola era suddivisa in Capannoni (Hut), ognuna specializzato in fasi diverse della cifratura e decifratura. Ad esempio la Hut 8 si occupava della decifratura dei messaggi della Marina tedesca cifrati da ENIGMA. Questi, quando decrittati, erano passati asetticamente alla Hut 4 per la traduzione ed analisi. Naturalmente la segretezza era tale che nessuno sapeva cosa faceva l’altro. In breve tempo la “Scuola” crebbe rapidamente, raggiungendo duecento persone tra uomini e donne reclutati nei modi più disparati.

blerchley park

L’edificio principale di Bletchley Park – noto anche come Station X – dove Turing, insieme al matematico di Cambridge, Gordon Welchman, ed altri giovani geni, lavorò instancabilmente per decifrare la macchina cifrante Enigma

Gli anni terribili

Nonostante gli sforzi dei decifratori, la marina tedesca era sempre un passo avanti avanti e con l’impiego dei suoi sommergibili prese presto il sopravvento nella battaglia dell’Atlantico. L’ammiraglio Karl Doenitz mise in atto una strategia in due fasi: la distribuzione degli U Boot in Atlantico per l’individuazione dei convogli seguita da una fase tattica, la Wolfsrudeltaktik, con l’impiego di più di più sommergibili operanti a “branco di lupo” per attaccarli.  In pratica, dopo le prime esperienze, fu deciso che che il primo U boot che individuava un convoglio non avrebbe dovuto più procedere all’attacco ma si sarebbe dovuto limitare a segnalarlo agli altri in modo da farli convergere sulla rotta delle inconsapevoli prede.

periscope view u boat

Una strategia vincente che, supportata da comunicazioni cifrate efficienti, portò tra il giugno 1940 ed il giugno 1941 ad affondare una media di 50 navi alleate al mese. Di fatto, l’Ammiragliato britannico, nonostante intercettasse continuamente le comunicazioni degli U boot, si sentì presto impotente contro la loro minaccia limitandosi a marcare sulle carte i luoghi degli affondamenti, informazione poco significativa per dedurre le posizioni  dei sommergibili.

Pensò di ricorrere ai metodi tradizionali, forzando i Tedeschi ad inviare dei messaggi legati a situazioni operative particolari. Ad esempio, la RAF sganciò delle mine navali in un tratto di mare, costringendo i Tedeschi ad lanciare un allarme al resto della flotta. Dalla conoscenza della posizione delle mine si poteva quindi dedurre il contenuto dei messaggi che, in quel caso, avrebbero dovuto necessariamente contenere dei dati da cui risalire alle loro posizioni.

Un’altra alternativa era ricorrere allo spionaggio, strada che si era dimostrata vincente in passato quando i Francesi, corrompendo un ufficiale tedesco, si erano procurati il materiale tecnico necessario per decifrare il primo ENIGMA. In questa fase entrò in gioco un ufficiale di complemento della Royal Navy, Ian Fleming, che sarebbe in seguito divenuto maggiormente famoso come scrittore della saga di James Bond.

ian fleming 843x1024

Ian Fleming era un personaggio quanto meno amorale, un avventuriero di pochi scrupoli, gran bevitore e fumatore, amante della bella vita e del rischio, insomma molto simile al protagonista dei suoi futuri romanzi, James Bond; prima della guerra la madre lo aveva iscritto all’Accademia Militare di Sandhurst ma la sua voglia di indipendenza gli aveva fatto presto lasciare quella strada. Si recò quindi in Austria e in Svizzera dove, tra sci e alpinismo, frequentò anche corsi di politica estera. Grazie alla conoscenza delle lingue seguì la strada già intrapresa dal fratello, lavorando come giornalista prima per l’agenzia Reuters (inviato a Berlino e Londra) e poi a Mosca come inviato speciale del Times. Queste esperienze unite ad una certa spregiudicatezza gli furono utili durante la guerra.

ian fleeming e Sean Connery

Dopo il conflitto, sulla base delle esperienze maturate scrisse la fortunata serie dei romanzi di James Bond, in buona parte basati sulla sua vita vissuta. Nella foto, Fleming dialoga con l’attore Sean Connery durante le riprese del primo film di 007. Curiosamente Fleming non riteneva Connery adatto al ruolo, con il suo accento scozzese, ma il successo cinematografico fu tale che non solo lo accettò ma cambiò nei suoi romanzi l’origine di Bond, facendolo nascere in Scozia. Insomma, il vecchio detto latino, pecunia, non ha tempo. Un’altra curiosità fu la storia del furto di una cifrante (questa volta russa) che venne ripresa nel romanzo “Dalla Russia con amore”, interpretato proprio da Sean Connery nella versione cinematografica. Fleming si offrì molte volte per operare sul campo ma, nonostante si debba a lui la creazione durante la guerra di agenti (per lo più commando) addestrati con licenza di uccidere nello spionaggio militare, la sua partecipazione fu sempre di contorno.

Nel 1939, all’inizio della seconda guerra mondiale, Fleming venne reclutato come assistente personale dall’ammiraglio John Edumund Godfreydirettore della Naval intelligence della Royal Navy, inizialmente con il grado di tenente di vascello, ma poi rapidamente promosso capitano di corvetta. Non fu un caso: Godfrey non aveva molti amici, non era amato per la sua poca trasparenza e opportunismo e trovava in Fleming un ottimo collaboratore con cui aveva molte affinità.

Fleming, il 12 settembre 1940, propose un’operazione segreta, in codice Ruthless, intesa ad ottenere i codici di ENIGMA per cercare di decifrare i messaggi della marina tedesca. La missione doveva essere eseguita utilizzando un bombardiere tedesco Heinkel 111 che, dopo essere stato colpito, era atterrato in emergenza sulle coste inglesi ed era stato temporaneamente rimpiegato con i colori britannici dalla RAF.

Bundesarchiv Bild Heinkel He 111

Heinkel 111

Il piano di Fleming consisteva nel farlo ammarare in emergenza nei pressi di alcune navi minori tedesche; l’equipaggio dell’aereo sarebbe stato composto da personale in grado di parlare un perfetto tedesco in modo da poter salire a bordo delle unità tedesche senza destare sospetti. A questo punto il commando avrebbe dovuto catturare la nave e dirigersi in grande segretezza verso un porto inglese; un’idea utopistica vista la rete di spie tedesche sul territorio inglese che avrebbe consentito la cattura della cifrante e dei suoi codici. Nonostante lo scetticismo dell’Ammiragliato, il piano fu predisposto con cura ma l’assenza di navi nemiche nell’area e la consapevolezza dell’impossibilità di impossessarsi della macchina e dei cifrari (senza che i Tedeschi se ne accorgessero) fece abortire la missione.

In parallelo era stata approvata un’operazione, in codice Primrose, intesa ad impossessarsi del materiale cifra tedesco a bordo di unità nemiche questa volta in procinto di affondare; una missione delicata che si sarebbe dovuta effettuare quindi su base di opportunità, mantenendo  la massima segretezza. 

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Il U-33 era un sommergibile della fortunata classe “tipo VIIA” impiegato dalla Kriegsmarine durante la seconda guerra mondiale. Varato nel giugno 1936 entrò in servizio il 25 luglio. Era armato con cinque tubi lanciasiluri, quattro a prua e uno a poppa, un cannone singolo a prua della torre di comando ed un cannone antiaereo. Era in grado di lanciare siluri o posare mine dai suoi tubi.

Furono effettuati due tentativi

Il primo avvenne il 12 febbraio 1940, sul sommergibile U-33, comandato dal Kptlt. Hans-Wilhelm von Dresky, che era impegnato nella posa di mine nel Firth of Clyde, nella costa occidentale della Scozia. Durante la posa delle mine, il dragamine HMS Gleaner, comandato dal capitano di corvetta Hugh Price, scoprì l’U boot e lo attaccò ferocemente con le sue bombe di profondità per diverse ore.

HMS Gleaner

HMS Gleaner, appartenente alla classe Halcyon era armato con due cannoni antiaerei QF da 4 pollici (10,2 cm) ed  otto mitragliere da 0,303 pollici (7,7 mm). Quando impiegato in operazioni di scorta poteva sbarcare le attrezzature di dragaggio sminamento e imbarcare circa 40 bombe di profondità.

Alla fine, l’U-33, gravemente danneggiato, fu costretto ad emergere ed il Comandante per l’abbandono del sommergibile. Come da prassi,  ordinò che tutti i materiali classificati, come i rotori della cifrante ENIGMAfossero buttati in mare. Qualcosa non funzionò, il battello non affondò immediatamente ed i Britannici riuscirono a salire a bordo e a bloccare alcuni membri dell’equipaggio che avevano ancora con loro tre dei rotori di ENIGMA. In particolare, ne catturarono tre, di cui due (identificati come VI e VII) erano di quelli usati solo dalla Kriegsmarine. Da notizie intelligence, era noto all’Ammiragliato che la versione di ENIGMA in uso nella Marina germanica era più complessa (con due rotori in più) di quella usata delle altre forze armate.

Un successo parziale ma sempre un passo avanti che fu seguito dall’abbordaggio di una nave meteorologica tedesca (KMS München) che permise la cattura del manuale di istruzioni di ENIGMA e del codice per la cifratura dei messaggi meteo. Due tasselli per la decifrazione del traffico di  ENIGMA importanti che si rivelarono però ancora non sufficienti per comprendere il traffico operativo. Come leggeremo nel prossimo articolo, si prospettò per caso una terza occasione e questa volta fu la volta buona. 

Fine II parte – continua 

Andrea Mucedola

in anteprima, un insieme eterogeneo, apparentemente improbabile, di crittografi appartenenti al primo nucleo di decifratori della famosa Stanza 40 dell’Ammiragliato, attivi durante la I guerra mondiale

Riferimenti

[1] Simon Singh, Codici & segreti, Rizzoli editore, Milano, 1999, ISBN 88-17-86213-4

Alberti, Leon Battista, Dello scrivere in cifra, (De componendis cyfris) trad. it. di M. Zanni. Prefazione di David Kahn, Galimberti Tipografi Editori, Torino 1994

Hugh Sebag-Montefiore, Enigma: The Battle for the Code, 2000, ISBN 0-7538-1130-8

Władysław Kozaczuk, Enigma: How the German Machine Cipher Was Broken, and How It Was Read by the Allies in World War Two, University Publications of America, 1984, ISBN 0-89093-547-5.  

F. H. Hinsley, et alii, British Intelligence in the Second World War: Its Influence on Strategy and Operations, volume 2, London, 1981

Winterbotham, Frederick. The Ultra Secret. London: Weidenfeld and Nicolson, 1974. ISBN 0-297-76832-8

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Ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare.

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