Dizionario marinaresco: i “gatti di bordo”

Una curiosità dal sito Ocean4future 

GATTI 640px Sailors surround the ships cat Convoy asleep in a miniature hammock on board HMS HERMIONE Gibraltar 26 November 1941. A6410

Oggi torniamo a guardare attraverso il sapiente oblò di Capitan Bitta, alla scoperta di nuovi termini marinareschi, partendo dai … gatti. Buona lettura.

simon cat on board

Uno dei più celebri gatti di marina, Simon

I gatti, nell’antichità, erano ritenuti animali magici e numerose leggende e superstizioni erano diffuse tra i marinai; considerati animali intelligenti e porta fortuna erano oggetto di cure e attenzioni da parte degli equipaggi (se non altro perché mangiavano i topi). Si riteneva che i gatti avessero poteri miracolosi nel proteggere le navi dalle intemperie per cui le mogli dei pescatori, a volte, tenevano in casa anche dei gatti neri, nella speranza che sarebbero stati in grado di usare la loro influenza per proteggere i loro mariti in mare. A bordo, si credeva che fosse un evento fortunato se un gatto si avvicinava a un marinaio sul ponte, ma un presagio negativo se arrivava solo a metà strada e poi tornava indietro. Un’altra credenza popolare era che i gatti potessero scatenare tempeste attraverso la magia immagazzinata nelle loro code. Se un gatto di una nave cadeva o veniva gettato in mare, si pensava che avrebbe evocato una tempesta tale da fare affondare la nave e, ammesso fosse riuscita a salvarsi, sarebbe stata maledetta con nove anni di sventure. Inoltre, se un gatto si leccava la pelliccia contropelo, significava che stava arrivando una tempesta di grandine, se starnutiva significava pioggia e se era “vivace” significava vento.

GATTO Calico cat 1

Di fatto alcune di queste credenze hanno un fondamento di verità perché i felini sono in grado di percepire lievi cambiamenti meteorologici grazie al loro orecchio interno che è molto sensibile e gli permette di … cadere sempre in piedi. Inoltre, l’abbassamento della pressione atmosferica, che di solito anticipa l’arrivo di un tempo burrascoso, spesso rende i gatti nervosi e irrequieti. Superstizioni e credenze che sono cosmopolite: i marinai giapponesi ritengono che il calico, (vedi foto in alto),  un gatto di una specie particolare di tre colori (みけねこmike-neko), salendo sull’albero maestro della nave, possa tenere lontani gli spettri dei naufraghi.

CURIOSITÀ
Alcuni marinai ritenevano che il gatto polidattile (dotato di un numero di dita superiore al normale a causa di un’anomalia congenita) fosse più adatto per catturare animali nocivi, convinti del fatto che tali gatti, avendo più dita, avessero più equilibrio sulle imbarcazioni e in alcune parti del mondo i gatti polidattili sono anche chiamati “gatti di bordo”.

PERSONAGGI HEMINGWAY 640px Ernest Hemingway with cat 1954

Hemingway, un grande marinaio, nella sua casa di Key West
(Florida) aveva una colonia felina di soli gatti polidattili
che, tra l’altro, gli è sopravvissuta e viene mantenuta con
una rendita a vita. Quando si dice nascere fortunati.

Terminologia marinaresca

Ma, a parte questi simpatici felini, nell’area prodiera del ponte di coperta, troviamo un’altra “gatta”. Di cosa si tratta? È una struttura (una mastra) posta trasversalmente affinché l’acqua, che può penetrare dagli occhi di cubia, non possa scorrere all’interno dell’imbarcazione ma fuoriesca da due ombrinali (fori laterali) posti subito prima di essa. La parola GATTA deriva dal francese gatte e, a sua volta, dal latino gabătascodella. È detto anche LAVARELLO definito dal Guglielmotti (1889) come… “Specie di chiudenda a prua, innanzi agli occhi delle cubìe, perché non si spanda l’acqua degli ormeggi nel salpare, o de’ marosi nel navigare“.

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Esistevano anche le TESTE DI GATTO (o GRU DI CAPONE), delle robuste travi di legno che anticamente erano posizionate sulle due fiancate della prua di una nave. Venivano utilizzate per sostenere l’ancora quando veniva calata o sollevata per riportarla nel suo alloggiamento una volta sospesa al di fuori della nave. Lo scopo era quello di fornire una trave abbastanza pesante per sostenere il peso dell’ancora e, allo stesso tempo, di tenere l’ancora lontana dalle murate di legno per evitare danni.

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Vi domanderete perché questo nome? In passato l’estremità sporgente di questa trave era scolpita per assomigliare al volto di un gatto (o di un leone), da qui il nome inglese cathead.
Buon vento a tutti e arrivederci a presto.

Paolo Giannetti

in anteprima, un gruppo di marinai circonda il gatto di bordo “Convoy” mentre dorme su un’amaca in miniatura a bordo della HMS HERMIONE –  Autore fotografo ufficiale della Royal Navy, Beadell, SJ File:Sailors surround the ship’s cat “Convoy” asleep in a miniature hammock on board HMS HERMIONE, Gibraltar, 26 November 1941. A6410.jpg – Wikimedia Commons

 

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Entrato in Accademia nel 1977 (Corso SAOREN) ha prestato servizio e comandato numerose unità navali, specializzandosi nel tempo in Idrografia (Idrographic Surveyor di categoria “A” ) e Oceanografia con un Master presso la Naval Postgraduate School di Monterey, California. Appassionato divulgatore ha creato Capitan Bitta, detto il “Gianbibbiena, un personaggio immaginario che racconta con brevi scritti curiosità di nautica, meteorologia e astronomia

FONTE: OCEAN4FUTURE

Lo sapevate che, Ocean4future, Dizionario marinaresco: i “gatti di bordo”

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Tra storia e leggenda… Le Isole Cheradi

Dal sito IAM Taranto una curiosità sulle Isole Cheradi

san paolo di lato

Redazione IAMTaranto 

Le isole Cheradi anticamente erano chiamate dai Greci Elettridi in onore di Elettra, figlia di Poseidone. Fu lo storico Tucidide a dare il nome di Cheradi nel 391 avanti Cristo. Altri studiosi invece attribuirono il nome Cheradi agli alberi che producevano ambra, infatti, durante degli scavi archeologici furono trovate collane con questa resina. Si racconta anche che Dedalo, fuggito Creta, si sia rifugiato su queste isole lasciandovi due statue: Fetonte e la caduta di Icaro.

Con l’avvento del Cristianesimo, nel Medioevo, le due isole maggiori furono denominate Santa Pelagia e Sant’Andrea, rispettivamente per San Pietro e San Paolo, per via di monasteri edificati in onore dei Santi. Affianco a queste due isole, vi era l’isolotto di San Nicolicchio, oggi scomparso, dove fu costruita una chiesetta dedicata a San Nicola, vescovo di Mira.

Laclos by Quentin de La TourVerso la fine del XVIII secolo, Napoleone riuscì ad impossessarsi delle Cheradi e affidò al generale Pierre Ambroise François Choderlos de Laclos il compito di fortificare le isole e completare la costruzione del forte sull’isola di San Paolo. La sua permanenza sull’isola fu molto breve a causa della salute cagionevole, era malato di malaria. Morì di dissenteria nel Convento di San Francesco d’Assisi nel borgo antico. Da ateo e grande rivoluzionario rifiutò i conforti religiosi e fu seppellito per sua volontà nel piazza d’armi del Forte che prese il suo nome.

Dopo svariate occupazioni di Taranto e del forte da parte dei francesi si pensò ad un ristrutturazione dello stesso e il preventivo dei lavori fu richiesto al Sottintendente del distretto di Taranto Cataldo Galeota. Purtroppo la caduta di Napoleone non portò a buon fine i lavori e gli abitanti distrussero la tomba del generale e i suoi resti furono dispersi in mare. Dalla storia alla leggenda il passo è breve, infatti i pescatori giurano di vedere un fantasma nelle notti di tempesta che si aggira per l’isola e si rifiutano di passare da quelle parti benché sia una zona molto pescosa, ritengono che il generale sia il responsabile di naufragi e disgrazie che accadono nel golfo di Taranto.

Anche San Pietro sembra sia sbarcato sull’isola di Santa Pelagia e si dice che mentre era inginocchiato a pregare lasciò un’impronta scolpita sulla pietra su cui era poggiato. La pietra fu chiamata “Apodonia” e poi trasportata a Venezia da alcuni marinai veneti.

Isole cheradi

 

FONTE: IAM Taranto

 

 

Lo sapevate che, Tra storia e leggenda… Le Isole Cheradi, IAM Taranto

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Le gigantesche navi di Caligola. Distrutte dall'orrore della Seconda Guerra Mondiale

Nave Caligola

Nelle tranquille acque del Lago di Nemi, vicino alla storica città di Roma, un tempo galleggiavano due straordinarie navi, simboli della grandiosità e dell'eccentricità dell'Imperatore Caligola.
Queste imponenti navi non erano semplici imbarcazioni, ma veri e propri palazzi galleggianti, adornate con templi, lussuosi appartamenti imperiali e ricchezze di ogni genere, come se volessero sfidare la stessa natura con la loro magnificenza.
Dopo l'assassinio di Caligola, avvenuto nel 41 d.C., queste mastodontiche navi, che avevano solcato le acque del Nemi come testimoni silenziosi del potere e della follia, scomparvero nelle profondità del lago, diventando più leggenda che realtà.
Le acque scure del lago custodivano il segreto di queste navi per secoli, fino al 1446, quando il Cardinale Prospero Colonna, mosso da un misto di curiosità e ambizione, intraprese i primi tentativi per svelarne i misteri.
Ma fu solo nel 1932, in un'epoca di grande fervore tecnologico e storico, che queste navi rivelarono finalmente i loro segreti. In un'impresa che sembrava sfidare le stesse leggi della natura, il lago fu prosciugato con l'uso di enormi pompe, rivelando non solo i resti delle navi, ma anche le loro ancore, testimoni silenziosi di un'epoca passata.
Le navi, lunghe diverse decine di metri - una di 71 metri per 20, l'altra di 75 per 29 - furono estratte dalle loro tombe acquatiche e trasferite in un museo costruito appositamente per ospitarle, come se fossero tornate in vita dopo secoli di oblio.
Ma il destino aveva in serbo un altro capitolo tragico per queste magnifiche navi.
Nel 1944, durante gli ultimi sussulti della Seconda Guerra Mondiale, le navi furono distrutte. Le fiamme divorarono ciò che era sopravvissuto per quasi duemila anni, lasciando dietro solo interrogativi e speculazioni.
Non si sa se fu un atto dei tedeschi in ritirata, un colpo dei bombardamenti alleati o un evento accidentale. Ma così, in un ironico gioco del destino, queste navi, simboli di potenza e follia, tornarono ad essere ciò che erano state per secoli: un ricordo, una leggenda, un mistero mai completamente svelato.
 
Trovate un dettagliato approfondimento nel numero 222 di Archeologia Viva
 
FONTE: WEB

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