Marinaio zitto e paga. Il Governo Meloni vuole imporre la "tassa" per l'Ente Circoli della Marina Militare

Da "Info Difesa"  a cura di Luca Marco Comellini 

tassa circoli

Correva l’anno 1937 era il 27 ottobre. Anno XVI E.F., Vittorio Emanuele III. per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d'Italia. Imperatore d'Etiopia, sulla proposta del Capo del Governo. Primo Ministro Segretario di Stato. Ministro per la marina, promulgava il Regio decreto n. 1935 con il quale venne costituito l’Ente «Circoli della Regia marina», con sede in Roma, e ne venne approvato il relativo statuto che all'articolo 26 disponeva che "I soci ordinari sono tenuti al versamento di una quota mensile".

Cambiano i Governi ma la musica è sempre la stessa. Ci risiamo! L'Esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha deciso di obbligare gli ufficiali e i sottufficiali della Marina Militare e del Corpo delle capitanerie di porto a pagare la quota sociale all'Ente Circoli della Marina Militare.

Il disegno di legge n. 1053, presentato dalla Meloni, Crosetto e altri ministri lo scorso 1 marzo, se approvato dal Parlamento, farebbe regredire i diritti dei marinai al 1937 quando, con il Regio Decreto n. 1935 istitutivo dell'ente Circoli della Regia Marina Militare, gli ufficiali e i sottufficiali furono obbligati ad esserne i soci ordinari e quindi assoggettati al pagamento di una quota mensile. Fortunatamente l'intero R.D. n. 1935/1937. e dunque, anche l'art. 26, che era la fonte dell'obbligo di contribuzione economica, è stato abrogato dall'Allegato al d.P.R. n. 248/2010, con decorrenza dal 10.2.2011. Nonostante ciò i marinai sono stati, e lo sono ancora, obbligati a continuare a pagare il contestatissimo balzello.

Il primo tentativo di ripristinare con legge l'obbligo di contribuzione a carico degli ufficiali e dei sottufficiali della Marina Militare (perché pare essere questo ciò che interessa ai vertici della Marina e dell'Ente) ha trovato favorevole approdo nel corso dei lavori di conversione in legge del Decreto Legge 9 agosto 2022, n. 115, recante "Misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali" (Governo Draghi). A far data dal 22.09.2022 è stato introdotto nel Codice dell'ordinamento militare l’articolo 131-bis che, a palese conferma della mancanza di qualsivoglia precedente obbligo di pagamento della quota destinata all'Ente, al comma 2, ha disposto che a far data dall'entrata in vigore della norma "I soci ordinari versano una quota mensile di importo determinato con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze".

Sulla questione lo scorso 19 luglio 2023 è intervenuto il Consiglio di Stato che non solo ha affermato l'inesistenza di qualsiasi obbligatorietà di partecipazione del personale all'Ente, quindi anche di qualsivoglia contribuzione economica fin dal 9 ottobre 2010, data di entrata in vigore del Codice dell'ordinamento militare che tale obbligo prevede solo per il Circolo Ufficiali delle Forze Armate d'Italia., ma ha anche invitato il Governo a rivedere la norma o cancellarla.

E cosa ti fa questo bel Governo guidato dalla premier coll'elmetto che a parole dichiara di essere dalla parte dei militari ma sembra essere molto più sensibile alle richieste degli ammiragli e del vertice politico della Difesa? Presenta un bel disegno di legge che coll'articolo 8 fa rientrare l'Ente, che ha natura di associazione di diritto privato, nell'organizzazione logistica della Marina militare, lo pone alle dirette dipendenze del Capo di Stato Maggiore della Marina e obbliga il personale in questione ad esserne socio pagante.

E brava Giorgia Meloni, invece di eliminare l'obbligo di partecipazione anche per il Circolo Ufficiali delle Forze armate (c.d. C.U.F.A) - che poi sarebbe la cosa giusta da fare perché in linea coi principi sanciti dalla Costituzione di uguaglianza e libertà - decide di fare un preoccupante salto indietro nel tempo presentando una norma ad hoc che di fatto, se approvata dal Parlamento, riporterebbe gli ufficiali e i sottufficiali della Marina Militare al 1937.

Nella speranza che Giorgia ritiri questa aberrante disposizione che introdurrebbe nell'ordinamento la "tassa ad personam", che ad avviso dello scrivente rappresenterebbe un preoccupante esempio autocrazia, non resta che invitarla a cancellare anche l'altro ingiustificabile balzello che il codice impone a tutti gli ufficiali costretti a pagare la quota associativa al Circolo Ufficiali delle Forze Armate. Suvvia Giorgia, fai questo esercizio di democrazia.

Luca Marco Comellini (Segr. Gen. Sindacato dei Militari)

FONTE: INFODIFESA

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Basi blu, gli abitanti della costa si uniscono: “Pronti a mobilitarci per una battaglia che riguarda tutti”

IERI L'INCONTRO A MAROLA

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La costa di Ponente del Golfo dei poeti si prepara alla mobilitazione contro il progetto Basi blu, che prevede investimenti e nuovi moli nella base navale spezzina per oltre 350 milioni di euro da realizzare nel giro di una decina di anni di lavori.  Un progetto mai mostrato alla popolazione, di cui si parla più nelle commissioni parlamentari che in riva al Golfo, come se le comunità di Marola, Cadimare e della stessa Spezia non esistessero. Eppure i cittadini vivono per davvero le preoccupazioni sulla loro pelle, anche a chilometri di distanza, come dimostra la folta platea che ieri pomeriggio ha preso parte all’incontro “No Basi blu” organizzato nei locali della Società mutuo soccorso di Marola: una sala piena, con residenti dei borghi già citati, ma anche di Fezzano, oltre agli esponenti di associazioni e partiti che da tempo chiedono maggiore chiarezza al ministero della Difesa e alla Marina militare e maggiore interessamento da parte del Comune della Spezia.

“Vorremmo far capire l’importanza di parlare di questo argomento, per senso critico e per riuscire a contrastare la deriva che vediamo all’orizzonte e che porterebbe alla morte di un paese come Marola, che già vive una situazione difficile. Le istituzioni devono tener conto anche della felicità persone e della qualità della vita dei cittadini, altrimenti i paesi si svuotano”, ha esordito Alessio Mugnaini, al tavolo dei relatori per i Murati vivi insieme a Lorenzo Pavoni e William Domenichini, mentre Andrea Buticchi era presente in rappresentanza della Borgata marinara di Marola.

i cittadini presenti all incontro no basi blu 445763

“Noto che ci sono presenze non solo maroline e questo è un premio al nostro impegno nel voler coinvolgere anche gli abitanti di Cadimare. Quando sono stato alla Costa – ha spiegato Pavoni – mi hanno detto che lì c’è pieno di persone malate di tumore, a causa del Campo in ferro che si trova poco distante. Oggi se ne parla nell’ottica di funzioni future e di chi le metterà in pratica, ma non si parla seriamente di bonifica. Il progetto Basi blu prevede il dragaggio di 600mila metri cubi di fanghi, che saranno conferiti in un’area a due passi dal paese. La politica locale, quella attuale e quella precedente, ha tradito le nostre aspettative. Siamo a punto di non ritorno: Basi blu sarà il tombamento di questo paese e della borgata marinara. Ci saranno nove anni di cantiere e questo porterà a cancellare la prepalio e gli allenamenti degli equipaggi. E con ogni probabilità si dovrà rinunciare anche ai 143 posti barca di San Vito. Non esisterà nessuna ricollocazione. Ma quel che è peggio è che i 350 milioni di risorse non verranno utilizzati nemmeno in minima parte per rilanciare l’arsenale, che cade a pezzi. E infatti i sindacati nei giorni scorsi hanno lanciato l’ennesimo grido d’allarme. E infine vorrei sottolineare che il progetto prevede anche l’ampliamento del Molo Lagora sino a 30 metri per 400, che si trova lato Mirabello, e pertanto le ripercussioni ci saranno anche per la città: questo messaggio gli spezzini non l’hanno ancora ricevuto”.

La parola è poi passata a Domenichini: “Il parlamento ha rifinanziato i progetti Basi blu, che non riguardano solamente La Spezia, per la bellezza di 1,76 miliardi. Mentre in Italia ci sono servizi come la sanità e la scuola che sono messi come sappiamo. Basi blu è una grandissima menzogna: blu è il colore della sostenibilità ambientale. Qua invece avremo la riattivazione di 20mila metri cubi di serbatoi con sfiati al Montale, vicino alle case. E per il Campo in ferro non ci sono reali intenzioni di bonifica. Altro che sostenibilità. Anche con i fanghi non si sa cosa accadrà, ma dobbiamo essere chiari: non ci sono leggi che consentono alle forze armate di fare quello che vogliono. Con la realizzazione del progetto – ha sostenuto Domenichini – quella spezzina sarà una base navale diffusa e dispendiosa, mentre del rilancio dell’arsenale non si parla nemmeno. Basi blu non creerà nessun posto di lavoro, ma avrà un impatto sulla sicurezza per l’intero Golfo. Ci saranno 14 unità con standard Nato, come quel sommergibile francese che perse siluri nel Golfo e la nave cargo che caricò materiali radioattivi da trasportare negli Stati uniti. Eppure non c’è nessun confronto. Noi questa sera siamo qua per fare un primo passo. Ringrazio anche la Rete pace e disarmo che farà un evento nelle prossime settimane in città, perché questa non è una battaglia di Marola, ma di tutti. Oggi le aree militari sono uno spreco, una vergogna: dobbiamo gridare il nostro no”.

Anche Buticchi si è detto soddisfatto per la presenza di tante persone provenienti da diverse località della costa. “Sta per arrivare sulle nostre teste una grossa problematica. Per prima cosa vorrei sfatare un mito: i radar non girano a vuoto, quando lo fanno emettono radiazioni sino a 6 km: non girano in bianco. Ricordiamo bene quando in concomitanza dell’arrivo delle navi spariva il segnale Tv. Ecco, con la presenza di 14 navi possiamo solo immaginare la mole di radiazioni che colpiranno le abitazioni. Sotto la Costa di Cadimare verrà collocato l’impianto di depurazione delle acque di sentina (e molti di noi sanno cosa contengono…) e saranno riattivati i serbatoi, che conterranno anche carburante per velivoli, particolarmente esplosivo. I nostri timori sono quanto meno comprensibili e vengono alimentanti dalla segretezza con cui viene portato avanti tutto questo processo. Abbiamo visto una barca di una ditta specializzata nella ricerca di ordigni bellici aggirarsi per la Darsena Duca degli Abruzzi: abbiamo il diritto di sapere cosa viene fatto a poche decine di metri dalle nostre case e le amministrazioni hanno il dovere di dircelo”.

A questo punto sono stati proiettati i risultati della perizia realizzata vent’anni fa dall’ingegnere forense Luigi Boeri su richiesta della Procura della Repubblica del Tribunale spezzino sugli inquinanti di ogni tipo presenti nell’area del Campo in ferro: fusti, vernici, materiali ferrosi, amianto, nafte, Bcp…

Nel finale è stato dato spazio agli interventi del pubblico e oltre a una cittadina di Fezzano, che ha proposto di ispirare la sfilata del Palio delle borgate di Marola, Cadimare e Fezzano al tema del progetto Basi blu, sono intervenuti anche i consiglieri comunali di opposizione Roberto Centi, Massimo Lombardi e Martina Giannetti, manifestando vicinanza e promettendo sostegno alla causa degli abitanti della costa di Ponente.

FONTE:CITTA' DELLA SPEZIA

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L’ammutinamento del Storozhevoy che ispirò il romanzo Caccia a Ottobre rosso di Tom Clancy

Dal sito OCEAN4FUTURE una chicca per chi non ne fosse a conoscenza. Tutta da leggere

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Negli anni ’70, in piena guerra fredda, nell’Unione Sovietica fu impostata una classe di fregate (nota con il nome NATO Krivak), progettata per sostituire la precedente classe Riga.  Ne furono realizzate diverse versioni: lo studio della prima (Krivak 1), detta Progetto 1135, iniziò nel 1956 con l’intento iniziale di realizzare una fregata per la lotta di superficie, un compito in seguito modificato in ruolo antisommergibile. Le unità Krivak 1, alimentate da potenti turbine a gas e bene armate1, furono una classe di successo che aprì la strada a diverse versioni successive. Ne furono costruiti ventuno esemplari e, tra di essi, oggi vogliamo ricordare lo Storozhevoy (in russo Сторожевой, ‘guardiano’ o ‘sentinella’), una fregata missilistica costruita presso il cantiere navale Yantar di Kaliningrad, sul Baltico che fu teatro di un evento decisamente particolare nella storia della marina sovietica. La nuova unità fu varata il 21 marzo 1973 e messa in servizio il 30 dicembre 1973 per essere poi assegnata alla potente flotta sovietica del Baltico.

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Valery Mikhailovich Sablin – fonte A Leninist Hero of our Times – In Memory of Valery Sablin: The true story of Red October | The Russian Revolution | History & Theory (marxist.com)

La nave, al comando di Anatoly Potulny, passò alla storia non per la sua quasi trentennale attività in mare ma per un bizzarro ammutinamento avvenuto nel suo terzo anno di vita (1975) e realizzato dal commissario politico della nave, il capitano di terzo grado Valery Mikhailovich Sablin, militare di carriera e figlio e nipote di ufficiali di marina. L’episodio avvenne molto prima che Tom Clancy scrivesse il mitico romanzo Caccia a Ottobre Rosso (The Hunt for Red October), nelle fredde acque del Baltico ed è probabile che per la stesura del romanzo Clancy si ispirò in parte a questo evento e ad un evento precedente2. Nel caso di Sablin non si trattò di una fuga per consegnare la nave alle forze occidentali ma di una eclatante protesta del giovane ufficiale contro la corruzione che riteneva ormai diffusa a tutti i livelli nella burocrazia dell’epoca. In realtà, la sfiducia ed il rancore di Sablin erano precedenti; già durante gli studi accademici (aveva frequentato la Frunze naval academy di Leningrado) si era fatto pericolosamente notare per le sue lamentele sulla disparità di trattamento tra gli studenti e su una gretta burocrazia che a suo avviso tradiva gli ideali socialisti. A soli 20 anni aveva scritto una lettera in cui esternava il suo pensiero niente meno che al Segretario Generale del Comitato centrale del Pcus Nikita Kruscev, cosa che gli aveva fatto ritardare la promozione a luogotenente anziano.

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Zadorniy, una fregata classe Krivak prima serie, simile al Storozhevoy, all’ancora – hull number 959 – fonte http://www.dodmedia.osd.mil/Assets/Still/1988/Navy/DN-ST-88-08669.JPG – autore LT Azzolina Kirvak I class frigate.jpg – Wikimedia Commons

Questo tarlo “etico”, quasi un tradimento, lo rodeva al punto che decise di fare un’azione eclatante a sostegno delle sue idee. Il piano iniziale era di impadronirsi della nave e guidarla fuori dalla baia di Riga, risalendo fino a Leningrado attraverso il fiume Neva, per ormeggiarsi accanto alla nave museo Aurora, simbolo della rivoluzione russa, e da lì trasmettere un discorso al popolo. Sablin era convinto che con la sua azione dimostrativa avrebbe potuto salvare il Paese, scuotendolo da quello che lui riteneva un percorso perverso che avrebbe distrutto il socialismo e la madrepatria a causa della corruzione che corrodeva il tessuto stesso dello Stato.

Fu così che la sera del 9 novembre 1975, Sablin attirò il comandante dell’unità Anatoly Potulny sul ponte inferiore, sostenendo che c’erano alcuni ufficiali che avevano bisogno di essere sottoposti a disciplina perché scoperti in stato di ebbrezza in servizio. Quando il capitano arrivò al ponte inferiore, ne seguì uno scontro ed il capitano ed altri ufficiali furono imprigionati nel compartimento sonar di prua. Sabin prese il controllo della nave e convocò tutti gli ufficiali superiori della nave, informandoli che intendeva recarsi a Leningrado e trasmettere il suo messaggio rivoluzionario. Ne seguì una votazione ma solo otto ufficiali votarono a favore dell’ammutinamento per cui i restanti sette furono in malo modo picchiati e rinchiusi in uno scompartimento separato sotto il ponte principale. Sablin decise di passare alla fase successiva del piano, ovvero ottenere il sostegno dell’equipaggio (circa 150 uomini). Nel frattempo, uno degli ufficiali (che avevano votato a favore dell’ammutinamento), il tenente Firsov, cambiò idea e fuggì dalla nave per dare l’allarme ma non fu creduto dal personale di guardia di un’unità vicina del porto.

A questo punto Sablin, pensando di essere stato scoperto, decise di affrettarsi ad uscire in mare e, alle prime ore dell’alba dell’8 novembre 1975, il Storozhevoy lasciò silenziosamente il porto sovietico di Riga, in totale silenzio radar per non essere individuato. Quando la fuga fu scoperta le autorità russe, temendo che Sablin volesse fuggire con quella moderna (per quei tempi) unità navale per consegnarsi forse in Svezia, seguendo le orme di Jonas Pleškys 2 al fine di chiedere asilo politico, cercarono di fermarlo via radio in tutti i modi. La nebbia protesse la nave per buona parte della traversata ma, la vicinanza con la costa, costrinse Sablin ad accendere il radar di navigazione, cosa che comportò la sua immediata scoperta, confermata da un faro sulla costa. Le autorità sovietiche cercarono ancora di convincere Sablin a desistere dalle sue intenzioni, ricevendo una richiesta di “dichiarare la nave territorio libero e indipendente dagli enti statali e di partito per un periodo di un anno e di fornire alla nave tutti i tipi di razioni”. Inoltre, Sablin richiese di poter parlare alla televisione sovietica lanciando ogni giorno, dopo il notiziario televisivo, i suoi messaggi per 30 minuti con lo scopo di catalizzare una nuova ondata rivoluzionaria, conforme agli ideali comunisti originali. Non ultimo richiese l’immunità per tutti i membri dell’equipaggio, assumendosi tutte le responsabilità della sua azione.

A questo punto il premier, Leonid Brezhnev, ordinò l’affondamento della fregata con ogni mezzo possibile. L’imponente dispositivo navale sovietico nel Baltico attaccò la nave ammutinata con unità e aerei che sganciarono 250 kg di bombe nelle sue vicinanze, danneggiandone il timone e bloccando l’unità a circa 40 miglia dalle acque territoriali svedesi (alcune fonti parlano di 20). Quali fossero le vere intenzioni di Sablin probabilmente non lo sapremo mai; forse cercò a questo punto di entrare nelle acque territoriali di Stoccolma, sperando di farla franca. Improvvisamente il Comandante Potulny, che dopo l’esplosione della bomba sganciata dall’aereo, era stato liberato con gli altri ufficiali prigionieri da un membro dell’equipaggio, raggiunse la plancia per evitare il peggio.  Brandendo una pistola sparò un colpo alla gamba di Sablin e si mise subito in contatto radio con la flotta sovietica. Di fatto il comandante Potulny salvò l’unità, riuscendo a comunicare all’ultimo momento che la nave era di nuovo sotto il suo controllo, e ne evitò l’affondamento. Nonostante tutto, al rientro in porto, il Comandante e tutto l’equipaggio dello Storozhevoy, pagarono le loro non colpe pesantemente. Indifferentemente dalla loro partecipazione all’ammutinamento, furono congedati con disonore dalla Marina sovietica, perdendo ogni diritto compreso quello pensionistico. Furono invece processati ufficialmente e condannati nel luglio del 1976, Sablin e Alexander Shein, un marinaio di circa 20 anni, che aveva dichiarato durante gli interrogatori di aver seguito consapevolmente l’ufficiale politico in quanto ne condivideva pienamente le opinioni. Ne risultò che il 3 agosto 1976 Sablin fu giustiziato per alto tradimento tramite fucilazione, mentre Shein fu condannato ad 8 anni di carcere. 

Dieci anni dopo la liberazione di Shein si tenne a Mosca un’udienza pubblica sul caso Sablin, promossa da Sergei Alexeyev, all’epoca uno dei migliori avvocati del paese, al termine della quale sia l’ufficiale politico che il marinaio furono ritenuti vittime di ritorsioni politiche e la sentenza fu rivista, sostituendo le motivazioni “di alto tradimento” con più miti “crimini militari”. 

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Cannone antiaereo AK-726 da 76,2 mm sulla fregata sovietica Zharky, classe Krivak I, 1987 – Fonte DefenseImagery.mil DN-SN-87-12453 AK-726.jpg – Wikimedia Commons

E la nave?

La Storozhevoy fu ufficialmente trasferito dal Baltico alla flotta del Pacifico il 10 novembre 1975, effettuando con un nuovo equipaggio un lungo viaggio attraverso l’Atlantico, il Mediterraneo, il Canale di Suez, raggiungendo successivamente Petropavlovsk-Kamchatsky, nell’Estremo Oriente sovietico, dove restò in forza fino alla sua dismissione nel giugno 2002 quando dopo una lunga vita operativa venne venduta all’India come rottame. Ma di lei, della sua lunga vita operativa, restò solo quella macchia di quel ammutinamento, avvenuto in quei mari freddi e nebbiosi in un tempo lontano.

Andrea Mucedola

in anteprima un’unità Soviet Krivak I class frigate DRUZHNY – Fonte DoD Media – Autore PH1 Jeff Hilton  Krivak I class frigate, stern view.jpg – Wikimedia Commons

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Note

Armamento Krivak 1 serie

 Missili SSM/ASW  1 × 4 URK-5 (SS-N-14)
2 × Osa-MA SAM system SA-N-4 ‘Gecko’
 Cannoni  binati    4 × 76 mm AK-726 (2×2)
 Razzi anti sommergibile 2 × RBU-6000
 Lancia siluri  2 sistemi quadrupli da 533 mm

2  Jonas Pleškys (10 marzo 1935 – 12 aprile 1993) era il comandante di un piccolo cargo cisterna della marina sovietica, lo Smolny, che nell’aprile 1961 disertò dall’Unione Sovietica con l’idea di scappare negli Stati Uniti. Pleškys diresse la sua nave a Gotland, in Svezia, dove, calatosi in una scialuppa, chiese asilo politico. L’equipaggio e la nave furono restituiti dalla Svezia all’Unione Sovietica. Pleskys fu invece prelevato dalla CIA che lo portò negli Stati Uniti dove fu a lungo interrogato. Ciò che si sa della sua vita successiva è ancora molto frammentario poiché i file della CIA riguardanti Pleškys sono ancora riservati.

Riferimento

  1. Gregory D. Young, The Last Sentry: The True Story that Inspired The Hunt for Red October, Naval Institute Press, 2005, p. 194, ISBN 1591149924.
  2. Guttridge Leonard F. (2002). Mutiny: A History of Naval Insurrection. Berkley Books, p. 292.
  3. A Leninist Hero of our Times – In Memory of Valery Sablin: The true story of Red October | The Russian Revolution | History & Theory (marxist.com)

Wikipedia

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Ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).

 

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Otobreda 76/62, cosa è e come viene usato il cannone che ha abbattuto i droni Houthi

Viste le sue caratteristiche è particolarmente adatto per la difesa antiaerea e anti-missile e per la difesa di punto

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La Spezia, 14 marzo 2024 – Tecnicamente si chiama Otobreda 76/62 ed è a lui che si deve l’abbattimento nel mar Rosso dei due droni lanciati nei giorni scorsi dai miliziani Houthi. Si tratta di un cannonemultiruolo progettato e prodotto da Oto Melara, oggi confluita nella Società italiana Leonardo-Finmeccanica. Ingegneria militare made in La Spezia, nonché uno dei più grandi successi nella storia della produzione Oto Melara negli anni Settanta, grazie all’opera dell’allora presidente Gustavo Stefanini assistito da Sergio Ricci, Arcangelo Ferrari, Alberto Conforti e Piero Borachia, membri del gruppo che fu poi soprannominato “I ragazzi del 76”.Il cannone ha una cadenza di tiro molto elevato, soprattutto nella versione Super Rapido (quella che ha abbattuto i droni montata a bordo del cacciatorpediniere Caio Duilio) da 120 colpi al minuto. Per questo viene considerato particolarmente adatto per la difesa antiaerea e anti-missile e per la difesa di punto, anche se, visto il suo calibro, può essere usato anche in altri ruoli come il bombardamento navale e costiero.L’Otobreda 76/62 ha un munizionamento convenzionale, che varia a seconda del tipo di impiego. Questo gli consente di sfruttare diversi tipi di munizioni, dall'incendiario al perforante, fino ai proiettili a frammentazione con spoletta di prossimità. L'intero sistema risulta anche particolarmente compatto e per questo viene installato anche su navi di piccole dimensioni come le corvette o le vedette costiere, oltre ad essere completamente controllabile da remoto. Recentemente è stato aggiunto il nuovo munizionamento guidato DART. Questo cannone ha rappresentato un notevole successo commerciale, essendo stato adottato da 53 marine, tra cui quelle di Stati Uniti, Israele, Giappone, Germania, Gran Bretagna, Corea del Sud, Thailandia, Venezuela ed altre ancora. Una pagina gloriosa della produzione industriale spezzina, con protagonisti spezzini.

 Per approfondire:

Il cannone di Vallegrande abbatte i droni Houthi

Il super rapido 76/62 è stato uno dei più grandi successi della produzione. Testa e mani spezzine per una delle armi più vendute alle Marine di mezzo mondo

La Spezia, 14 marzo 2024 – Nella missione che da settimane vede il cacciatorpediniere Caio Duilio presidiare il Mar Rosso dagli attacchi dei droni lanciati dai miliziani Houthi, c’è tanto ingegno made in La Spezia. Stiamo parlando del cannone 76/62 super rapido, progettato e costruito da Oto Melara. Il cannone ha abbattuto i droni che avevano ormai puntato la nave militare, che sta vigilando l’area nei pressi dello stretto di Bab el-Mandeb nel Mar Rosso, nell’ambito della missione europea Aspides. La produzione del cannone navale 76/62 mm è stato uno dei più grandi successi nella storia della produzione Oto Melara negli anni Settanta, grazie all’opera dell’allora presidente Gustavo Stefanini assistito da Sergio Ricci, Arcangelo Ferrari, Alberto Conforti e Piero Borachia, membri del gruppo che fu poi soprannominato “I ragazzi del 76”. Esemplari del cannone da 76/62 sono stati venduti a 53 fra le marine più importanti e prestigiose di tutto il Mondo quali Stati Uniti, Israele, Giappone, Germania, Gran Bretagna, Corea del Sud, Thailandia, Venezuela ed altre ancora. Una pagina gloriosa della produzione industriale spezzina, con protagonisti spezzini. La storia èn peraltro narrata nel libro ’I ragazzi del 76. Vite parallele’ di Gustavo Stefanini e Sergio Ricci, di Laura Maragnani.

Nave Duilio abbatte due droni nel Mar Rosso, l’ansia delle famiglie a La Spezia

Gran parte dei 195 membri dell’equipaggio del cacciatorpediniere risiede in città e provincia. L’unità navale è partita dalla base lo scorso 28 gennaio

La Spezia, 12 marzo 2024 – Ansia e preoccupazione. È quello che vivono le famiglie dell’equipaggio di Nave Duilio, il cacciatorpediniere impiegato nel Mar Rosso che oggi ha abbattuto altri due droni aerei, in attuazione del principio di autodifesa, nell’ambito dell’operazione Aspides dell’Unione europea.  È la seconda volta. Già lo scorso 2 marzo il cacciatorpediniere italiano di stanza nella base navale della Spezia, aveva sventato un altro attacco degli Houthi abbattendo un drone che era stato lanciato dalle milizie contro l’unità navale.  Proprio a La Spezia, in città e provincia, risiede la stragrande maggioranza dell’equipaggio del cacciatorpediniere, in totale 195 militari. Famiglie, mogli, mariti e figli che non possono che essere preoccupati per quanto sta accadendo nel Mar Rosso.  Nave Duilio è partita dalla base navale cittadina lo scorso 28 gennaio. L’unità navale si trova nel Mar Rosso da oltre un mese. L’obiettivo è quello di difendere i traffico commerciali nell’ambito del programma Aspidesla missione diplomatico-militare di sicurezza marittima dell'Unione europea attivata in risposta agli attacchi Houthi contro le navi nel Mar Rosso.  "Dobbiamo mettere a sistema che non è un’area no-risk, ma anzi è una conflict zone. C’è una valutazione importante del rischio, ma siamo addestrati e approntati per essere in missione qui”, ha spiegato il comandante di Nave Duilio, il capitano di vascello Andrea Quondamatteo. Oggi il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani si è congratulato con l’equipaggio: “La Marina militare – ha scritto su X Tajani – garantisce la libera navigazione e protegge i nostri mercantili. Fieri dei nostri marinari!”.  I complimenti sono arrivati anche dal ministro della Difesa Guido Crosetto: “Sono stati bravi gli uomini e le donne del Duilio reagendo e abbattendo due droni. Ma è una sfida – ha sottolineato il ministro che si evolve di settimana in settimana. Noi siamo convinti di quello che abbiamo fatto perché il Mar rosso e il canale di Suez sono uno snodo vitale per la nostra economia. La missione è fondamentale. Dovremmo arrivare con i nostri alleati, e coinvolgendo più nazioni del mondo possibile, a una soluzione in tempi brevissimi. L'intensità e la pericolosità delle azioni degli Houthi sta aumentando di settimana in settimana”. 

FONTE: LA NAZIONE

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Dopo 66 anni il Ponte Girevole va in pensione, avviato l’iter per la costruzione di quello nuovo

Dopo 66 anni dall’inaugurazione del secondo Ponte Girevole (quello attuale), dedicato a S. Francesco di Paola, la Marina Militare ha avviato l’iter per la costruzione di una nuova e tecnologicamente più avanzata struttura di collegamento tra l’isola antica e la città nuova.

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Per il Ponte Girevole, quindi, si scriverà una nuova ed emozionante pagina di storia, che al pari delle precedenti, promuoverà il progresso economico e sociale della Città Dei Due Mari. La Marina Militare, infatti, ha incaricato uno dei più prestigiosi progettisti di strutture in acciaio non convenzionali, il Prof. Massimo Majowiecki, per la redazione del progetto del nuovo ponte che, a seguito di un articolato approfondimento tecnico-progettuale, sarà totalmente ricostruito.
Si tratta di un progetto all’avanguardia che prevede una struttura completamente nuova ad elevatissima resistenza in grado sopportare gli odierni carichi del traffico, nonché caratteristiche tali da consentire una grande resistenza alla corrosione da parte dell’ambiente marino. Tra le varie ipotesi progettuali vagliate, questa risulta essere quella che permetterà di ridurre al minimo i possibili disagi che potranno sorgere nella fase si sostituzione dell’intera struttura. Una volta operante, meccanismi e l’automazione saranno ottimizzati consentendo di interrompere il traffico urbano per pochissimi minuti nell’occasione del passaggio delle grandi Unità Navali dal canale navigabile. Il ponte sarà anche dotato di piste ciclabili, passaggi pedonali separati con barriere dal traffico automobilistico e con la capacità di sostenere i mezzi della istituenda BRT”, le parole del Comandante Interregionale Marittimo Sud, ammiraglio di divisione Flavio Biaggi. 
La soluzione di un nuovo e moderno ponte comporterà notevoli vantaggi in termini di ridotti disagi, limitazioni al traffico e di miglioramenti nella funzionalità dell’opera e consentirà inoltre tangibili benefici sia in termini di straordinaria che di ordinaria manutenzione.
La decisione della Marina di realizzare un nuovo Ponte Girevole sul canale navigabile, condivisa da questa amministrazione comunale, è in linea con il piano di sviluppo territoriale comunale già avviato. Il nuovo ponte si integrerà con la riqualificazione del centro storico, i lavori di realizzazione delle piste ciclabili e delle linee BRT, valorizzando il patrimonio socio-culturale e naturalistico della città”, le parole del Sindaco di Taranto, dottor Rinaldo Melucci. 
Il completamento della fase progettuale è atteso per primi mesi del 2025 mentre i lavori verranno avviati nel 2026.

FONTE: CRONACHE TARANTINE

News Marina Militare,, Dopo 66 anni il Ponte Girevole va in pensione, avviato l’iter per la costruzione di quello nuovo

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Baglietto Navy costruirà 4 navi Tirma per la Marina Militare insieme a Siman Yachts

La fornitura sarà destinata alle attività di istruzione per gli allievi dell’Accademia Navale di Livorno

Baglietto Navy

REDAZIONE SHIPPING ITALY

Baglietto Navy, insieme a Siman Yachts, società specializzata nella costruzione di scafi in acciaio, si è aggiudicata l’appalto per la costruzione di quattro unità navali di 33 metri in acciaio per l’attività di addestramento al “TIRocino di MAnovra” (navi Tirma) della Marina Militare.

Il cantiere spezzino, dalla lunga tradizione in ambito militare, conferma così la sua particolare attenzione per le iniziative mirate alla formazione anche nel settore Difesa. La fornitura acquisita dalla divisione Navy, infatti, sarà destinata alle attività di istruzione per gli allievi dell’Accademia Navale di Livorno. Le unità avranno l’obiettivo di addestrare il personale relativamente agli aspetti marinareschi e di condotta della navigazione. In particolare, le unità permetteranno ai giovani allievi di poter, oltre che familiarizzare con l’ambiente “Nave”, anche e soprattutto acquisire competenze relative alle manovre cinematiche e di ormeggio nonché alle attività di sicurezza.

Al fine di massimizzare la finalità addestrativa, le unità Tirma avranno caratteristiche simili a quelle delle Unità Navali di prima linea. Potranno infatti ospitare in elevati standard abitativi, un equipaggio di 4 persone fisse e massimo 20 persone in addestramento dell’Accademia Navale e potranno operare sia in mare aperto che in acque portuali oltre che in bassi fondali senza assistenza di rimorchiatori e in condizioni di mare avverso.

Le navi avranno una propulsione a eliche a pale orientabili e saranno in grado di raggiungere una velocità massima di 15 nodi.

L’avvio della costruzione della prima delle unità navali – informa la nota del cantiere – avverrà dopo la fase di progettazione appena iniziata che sarà portata avanti da Siman e Baglietto insieme alla stessa Marina Militare.

Baglietto evidenzia che l’acquisizione della commessa Tirma avviene dopo la consegna a Fincantieri, lo scorso anno, delle 2 Combat Boat (unità di proiezione veloce) destinate sempre alla Marina Militare e ricorda che la divisione Navy si sta anche affermando per lo sviluppo di rilevanti partnership internazionali come quella recentemente attivata con la britannica Mst Group con sede a Bromborough (Uk), società specializzata nel design e costruzione di unità navali militari di medie/piccole dimensioni.

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FONTE:SHIPPING ITALY

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