Brevi Imbarchi sulle Nave Scuole Della Marina Militare "Amerigo Vespucci e la Palinuro"

In attesa del ritorno alla normalità, per chi fosse interessato ci sono queste bellissime opportunità.

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Brevi imbarchi sulle Navi Scuola Vespucci e Palinuro

Lo svolgimento dell’attività a favore dei giovani Soci A.N.M.I. è subordinata all’evolversi dell’emergenza sanitaria in atto.

Covid-19 permettendo, lo Stato Maggiore della Marina riproporrà anche per quest’anno la possibilità di imbarcare giovani Soci A.N.M.I., di età compresa tra i 16 e i 26 anni, di nazionalità italiana, sulle Navi Scuola Vespucci e Palinuro nel corso delle navigazioni che esse effettueranno nei periodi “fine maggio - fine giugno” e “metà settembre – fine ottobre”.

Tali imbarchi sono effettuati nell’ambito della promozione pro-arruolamento nella Marina Militare e consentono ai giovani candidati di sperimentare la vita marinara a bordo delle stesse Navi Scuola, utilizzate dalla Marina Militare per l’addestramento pratico estivo degli Allievi delle proprie Scuole di Formazione.

I Presidenti di Gruppo sono pregati di divulgare l’iniziativa, raccogliere e selezionare le adesioni dei giovani sulla base di criteri di merito che tengano conto di:

  • Interesse per il mare e la Marina;
  • Serietà e convinzione nei riguardi dell’iniziativa;
  • Risultati scolastici conseguiti;
  • Domande di imbarco già presentate in precedenza.

Si rammenta che il successo dell’iniziativa e, quindi, il suo prosieguo nei prossimi anni sono condizionati dal buon comportamento a bordo dei giovani partecipanti, di cui risulterà garante il Presidente di Gruppo che ha effettuato la selezione.

Potranno essere, altresì, avanzate candidature di Soci di età superiore a 28 anni per ricoprire l’incarico di accompagnatore e di accompagnatrice dei giovani durante i periodi di imbarco. L’elenco dei giovani candidati, stilato in base a un ordine di priorità che tenga conto dei criteri di merito precedentemente esposti, dovrà essere inoltrato da parte dei Presidenti dei Gruppi A.N.M.I., entro il 30 aprile 2022.

Successivamente, la Presidenza Nazionale suddividerà i giovani nei vari turni di imbarco prendendo in opportuna considerazione i periodi richiesti e, dopo aver ricevuto dalla Marina Militare le date esatte e i porti di imbarco/sbarco, richiederà via e-mail ai prescelti di confermare la loro partecipazione al turno assegnato e di presentare al più presto al Presidente del proprio Gruppo la Domanda di Partecipazione debitamente compilata e firmata.

Nel caso di un numero di domande superiore al numero di posti disponibili verrà data priorità ai giovani candidati che risultano da più tempo iscritti all’ANMI.

I giovani accettanti:

  • dovranno sottoporsi a visita medica per ottenere un certificato medico di “sana e robusta costituzione” da presentare a bordo della nave al momento dell’imbarco;
  • non dovranno soffrire di particolari forme di allergia/intolleranza non compatibili con la vita/l’ambiente di bordo (polvere, manila, canapa, nylon ecc.).

Si ricorda che mentre la permanenza a bordo delle Navi Scuola non comporta oneri per gli interessati, le spese per i trasferimenti per/da i luoghi di imbarco/sbarco sono a totale carico dei partecipanti e nulla sarà dovuto dall’Associazione/Amministrazione Difesa a rimborso di tali spese in caso di annullamento dell’attività, per motivi di carattere tecnico-operativo.

Al termine dell’imbarco, i Partecipanti riceveranno dal Comando di bordo un “Attestato di imbarco”. Inoltre, al rientro presso la propria residenza, essi potranno richiedere al Presidente del proprio Gruppo A.N.M.I. una dichiarazione su carta intestata che confermi che: “lo studente _________________ha svolto l’ imbarco sulla Nave Scuola __________________, dal ______ al _________, durante il quale ha preso conoscenza della vita operativa e logistica della nave, in porto e in mare, e ha partecipato alle varie attività di bordo durante la navigazione e le manovra marinaresche”.

Per ogni altra informazione potete chiedere alla vostra sezione ANMI di apparteneza.

Ecco il modulo da scaricare e compilare

Cliccate sul logo Pdf

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Emblema della Marina Militare

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Emblema sabaudoNel 1939 il Sottosegretario di Stato alla Marina e il suo Capo di Stato Maggiore, ammiraglio d’armata Domenico Cavagnari, fece richiesta alla Consulta Araldica del Regno di uno stemma da applicare alla prora delle navi. Questo fu concesso con Decreto Reale del 28 aprile 1941 n. 3107, sebbene poi non usato a causa degli eventi bellici dell’epoca. Principale caratteristica di questo stemma fu di aver messo in evidenza le quattro repubbliche marinare della storia italiana e la corona navale, prestigiosa ricompensa romana per grandi imprese navali.

Il Regno d’Italia decadde con il referendum istituzionale del 2 giugno 1946 che segnò l’avvento della Repubblica Italiana ed il Decreto Legislativo Presidenziale n. 1 del 19 giugno 1946 che proclamò l’esito definitivo del referendum dispose anche di togliere lo stemma reale dalla bandiera. Il tricolore puro e semplice era però diventato simile a quello di altre bandiere mercantili, a rischio di produrre equivoci nell’identificazione delle navi. Venne quindi dato incarico al Consiglio Superiore della Marina di trovare una soluzione a questo inconveniente. In tale sede venne quindi determinato di utilizzare lo stemma della concessione reale del 1941 privato dello scudo sabaudo, dei fasci littori e con altre variazioni grafiche.

Emblema spadaTale determinazione fu comunicata al Consiglio di Difesa con lettera del 24 settembre 1947 dal Segretario Generale del Emblema LibroMinistero Difesa-Marina ed entrò nella normativa italiana col Decreto Legislativo del Capo Provvisorio dello Stato n. 1305 del 9 novembre 1947, in cui si precisava altresì che lo stemma della Marina Mercantile, a differenza di quella Militare, non aveva la corona navale e che il leone marciano non reggeva una spada, bensì il libro dell’evangelista. La norma entrò in vigore il 30 novembre 1947: data in cui il tricolore italiano espose sui mari del mondo l’insegna delle quattro Repubbliche marinare.

Emblema definitivoLo stemma della Marina Militare del 1947 non aveva una normativa precisa a definirne i dettagli rappresentativi, per quanto tutte le bandiere prodotte nel tempo ricalcassero dei canoni formali comuni nella grafica. Lo stemma ha avuto istituzionalizzazione col Foglio d’Ordini della Marina n. 52 del 16 dicembre 2012 che ha disposto uno stemma

 

FONTE: Logo Marinadifesa

 

Giuramento congiunto del corso normale marescialli della Marina e degli allievi Carabinieri

Domani, dalle ore 10.00, nella Piazza Marinai d’Italia di Taranto giureranno fedeltà alla Repubblica, in una cerimonia congiunta, gli allievi del Corso Normali Marescialli Marina Militare e gli allievi del Corso Carabinieri

giuramento2024 taranto
 

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https://bit.ly/GiuramentoMMeCC

Il Milite Ignoto

La storia del Milite Ignoto

100 anniversario milite

Esattamente 100 anni fa, il 4 novembre 1921, ebbe luogo la tumulazione del Milite Ignoto nel sacello dell’Altare della Patria.

Dopo la 1^ guerra mondiale, le Nazioni che vi avevano partecipato vollero onorare i sacrifici e gli eroismi delle collettività nella salma di un anonimo Combattente, caduto armi in pugno. In Italia l’allora Ministero della guerra dette incarico ad un’apposita commissione di esplorare tutti i luoghi nei quali si era combattuto e di scegliere una salma ignota e non identificabile per ognuna delle zone del fronte: Rovereto, Dolomiti, Altipiani, Grappa, Montello, Basso Piave, Cadore, Gorizia, Basso Isonzo, San Michele, tratto da Castagnevizza al mare.

Undici salme, una sola delle quali sarebbe stata tumulata a Roma al Vittoriano, furono trasportate nella Basilica di Aquileia. Qui venne operata la scelta tra undici bare identiche. A guidare la sorte fu chiamata una popolana di Trieste, Maria Bergamas, il cui figlio Antonio – disertore dell'esercito austriaco e volontario nelle fila italiane – era caduto in combattimento senza che il suo corpo potesse essere identificato.

Il Feretro prescelto fu trasferito a Roma su ferrovia, con un convoglio speciale a velocità ridotta sulla linea Aquileia-Venezia-Bologna-Firenze-Roma, ricevendo gli onori delle folle presso ciascuna stazione e lungo gran parte del tracciato.

Tutte le rappresentanze dei combattenti, delle vedove e delle madri dei Caduti, con il Re in testa, e le Bandiere di tutti i reggimenti attesero l’arrivo del convoglio nella Capitale e mossero incontro al Milite Ignoto per renderGli solenne omaggio.

Il Feretro fu poi scortato da un gruppo di dodici decorati di Medaglia d'Oro fino alla Basilica di Santa Maria degli Angeli, al cui interno rimase esposto al pubblico.

L’epilogo avvenne il 4 novembre 1921 con una solenne cerimonia.

Più di trecentomila persone accorsero per quel giorno a Roma da ogni parte d’Italia e più di un milione di italiani fece massa sulle strade della Capitale.

Il corteo avanzò lungo Via Nazionale, lungo la quale erano rappresentati i soldati di tutte le armi e di tutti i servizi dell’Esercito.

Dinanzi al gran monumento, in piazza Venezia, uno smisurato picchetto fu schierato in quadrato, mentre 335 Bandiere dei reggimenti attendevano il Feretro.

Prima della tumulazione, un soldato semplice pose sulla bara l’elmetto da fante.

I militari presenti e i rappresentanti delle nazioni straniere erano sull’attenti, mentre tutto il popolo in ginocchio.

Il feretro del Milite Ignoto veniva quindi inserito nel sacello e così tumulato presso quel monumento che poteva ora ben dirsi Altare della Patria.

FONTE: Logo Difesa

Nascita ed evoluzione della Bandiera Nazionale e delle Bandiere Navali

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Nel 1796 Napoleone, posto a comando dell'Esercito d'Italia, varcò le Alpi sconfiggendo l'esercito austriaco e quelli di tutti gli stati preunitari del centronord della penisola. Tra la fine di dicembre 1796 e l'inizio di gennaio 1797 si riunì a Reggio Emilia, allo scopo di costituire uno stato italiano unitario, il secondo Congresso dei rappresentanti di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emila dopo che il primo, tenutosi a Modena nell'ottobre del 1796 non aveva portato ad alcun risultato concreto.

Bandiera01Nel corso di quell'assemblea, fu deciso di adottare, per la neo repubblica italiana, un tricolore simile a quello francese, bandiera sotto la quale l'esercito di Napoleone era riuscito a sconfiggere gli eserciti avversari nell'Italia settentrionale. La solenne inaugurazione della bandiera del nuovo stato filo luglio del 1797, ma solo nel maggio del 1798 la Repubblica rese ufficiale, tramite un decreto, il tricolore quale bandiera del nuovo Stato. La vita del nuovo stato ebbe però vita breve: nel 1799 gli eserciti della coalizione europea rioccuparono infatti il paese costringendo Napoleone, nel frattempo divenuto Primo Console, a una nuova campagna d'Italia. Bandiereper2La seconda Repubblica Cisalpina ripristinò il tricolore quale bandiera nazionale nel dicembre 1801: nel gennaio successivo i 154 Deputati cisalpini, riuniti a Lione da Bonaparte, acclamarono la Repubblica italiana.

Molto di ciò che si faceva nella nuova Repubblica era speculare a quanto realizzato in Francia, e così quando là apparvero, fra le bandiere di combattimento, alcune con i tre colori disposti a disegni geometrici di diversa forma, anche i governanti italiani ritennero di doversi adeguare al nuovo stile, tanto che, il 20 agosto 1802, la bandiera dello Stato e quella della Marina, diverse soltanto nelle dimensioni, furono trasformate in un drappo rosso, caricato di una losanga bianca nella quale era inserito un rettangolo verde. La bandiera rimase nella nuova forma quando la Repubblica si trasformò in Regno nel 1805.

BandieraSavoiaAlla caduta di Napoleone gli austriaci tornarono in Italia imponendo nuovamente al Lombardo-Veneto la bandiera asburgica. Dopo la restaurazione il tricolore, divenuto ormai simbolo della nazionalità negata, tornò brevemente a sventolare nei moti del 1821 in Piemonte ad Alessandria, a Napoli e nelle Province unite italiane nel '31, nelle sollevazioni in Sicilia e in Abruzzo, rispettivamente nel '37 e nel '41, e di nuovo nel '44-45, durante i falliti tentativi insurrezionali nel Bolognese e dei fratelli Bandiera in Calabria.

Il 23 marzo del 1848 Carlo Alberto di Savoia, sceso in campo contro gli austriaci insieme all'Italia insorta, scelse come vessillo delle proprie truppe "lo scudo Savoia sovrapposto alla bandiera italiana" che, invariato nel corso del Risorgimento, diventò, nel 1861, la bandiera nazionale del nuovo Regno d'Italia.

L'11 aprile dello stesso anno, il Re concesse poi alle navi da guerra d'inalberare bandiera nazionale tricolore con un apposito decreto:

DECRETO

Carlo Alberto, per grazia di Dio Re di Sardegna, di Cipro

e di Gerusalemme, Duca di Savoia, di Genova, Principe di Piemonte

Volendo che la stessa bandiera che, qual simbolo dell'unione italiana, sventola sulle schiere da noi guidate a liberare il sacro suolo d'Italia, sia inalberata sulle nostre navi da guerra e su quelle della marineria mercantile;

Sentito il parere del nostro Consiglio dei Ministri;

Abbiamo ordinato ed ordiniamo:

Le nostre navi da guerra e le navi della nostra marineria mercantile inalbereranno qual bandiera nazionale la bandiera tricolore italiana (verde, bianco e rosso) collo Scudo di Savoia al centro. Lo scudo sarà sormontato da una corona per le navi da guerra.

Il presidente del nostro Consiglio dei Ministri, incaricato del portafoglio della Guerra e Marina, è incaricato della esecuzione del presente.

Dal nostro Quartier generale a Volta, l'11 aprile 1848.

Carlo Alberto

Nel 1947, in seguito alla mutata forma dello Stato conseguente all'esito del referendum istituzionale del giugno dell'anno precedente, la bandiera nazionale perse al centro della striscia di colore bianco lo scudo dei Savoia. Conseguentemente, con il decreto legislativo del 9 novembre n. 1305, fu istituita la nuova bandiera navale sia per la Marina Mercantile che per quella Militare:

IL CAPO PROVVISORIO DELLO STATO

Vista. la legge 24 dicembre 1925, n. 2264;

Visto il decreto legislativo Presidenziale 19 giugno 1946, n. 1;

Visto il decreto· legge Luogotenenziale 25 giugno 1944 n. 151;

Visto il decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri;

Sulla. Proposta del Ministro per la difesa, di concerto con il Ministro per la Marina mercantile;

HA SANZIONATO E PROMULGA:

Art. 1.

è istituita per la Marina Militare e per la Marina Mercantile una bandiera navale conforme ai modelli risultanti dalla tavola annessa al presente decreto, firmato dai Ministri per la difesa e per la marina mercantile.

Per la Marina. Militare, la bandiera navale è costituita dal tricolore italiano, caricato, al centro della banda bianca, dall'emblema araldico della Marina Militare, rappresentante in quattro parti gli stemmi delle Repubbliche marinare (Venezia-Pisa-Genova-Amalfi) e sormontata da una corona turrita e rostrata.

Per la Marina Mercantile, la bandiera navale è costituita dal tricolore italiano, caricato, al centro della banda bianca, dallo stemma araldico indicato nel precedente comma, senza corona turrita e rostrata, e con il Leone di San Marco con libro, anziché con spada

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Art. 2.

Il presente decreto entra in vigore nel giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare come legge dello Stato.

Dato a Roma, addì 9 novembre 1947

DE NICOLA

BAndieranazionaleDopo qualche decennio è stata aggiunta la quarta bandiera nazionale dell'Italia con Legge n. 321 del 24 ottobre 2003, che ratificava un memorandum fra il Ministero della Difesa e la NATO. Questa istituiva il "Registro delle navi e galleggianti in servizio governativo non commerciale" presso il Ministero della Difesa, assegnando a questi natanti "... la bandiera nazionale costituita dal tricolore italiano caricato al centro della banda bianca dell'emblema araldico della Repubblica Italiana". Nel successivo Decreto del Presidente della Repubblica n. 300 del 28 novembre 2005 si specificava che le navi erano quelle delle amministrazioni dello Stato quali Polizia (di Stato e Penitenziaria), Vigili del Fuoco, protezione ambientale, ricerche marine, ecc. ed inoltre definiva le caratteristiche essenziali della nuova bandiera.

È infine da notare che, storicamente, i tre colori della bandiera italiana non hanno avuto una definizione cromatica precisa, rimanendo individuati genericamente quali verde come l'erba, bianco come la neve e rosso come il sangue. A colmare questa mancanza hanno provveduto due circolari della Presidenza del Consiglio dei Ministri negli anni 2002 e 2003, sostituite da una terza del 2 giugno 2004, poi confermata dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 aprile 2006, che stabilisce le caratteristiche cromatiche del tricolore nei colori: verde felce (Pantone tessile 17-6153 TCX), bianco acceso (Pantone tessile 11-0601 TCX) e rosso scarlatto (Pantone tessile 18-1662 TCX)

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"Sorella" a 164 anni entra nella flotta della Marina Militare

Più vecchia della Vespucci, donata dall'industriale Pirota

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(ANSA) - GENOVA, 25 GIU - Si chiama "Sorella" e con i suoi 164 anni è la barca a vela da regata più vecchia del Mediterraneo.
 Varata in Inghilterra nel 1858, da pochi giorni è passata alla Marina Militare, diventando l'unità in servizio più anziana della flotta. Più della Viri, un 11,35 metri varato in Finlandia nel 1928 e più anziana anche dell'Amerigo Vespucci (101 metri), che l'anno scorso ha compiuto novant'anni.
"Sorella", cutter aurico in legno, 10,97 metri di lunghezza e 4,5 tonnellate di peso, armo velico a gaff cutter distribuito su cinque vele (randa, controranda, trinchetta, fiocco murato sul bompresso e uccellina),è stata donata alla Marina Militare dall'industriale padovano Renato Pirota, nel corso di una cerimonia svoltasi presso la Scuola navale militare Francesco Morosini di Venezia. La notizia è stata resa nota dalla testata 'Barche d'epoca'. La classifica della rivista inglese Classic Boat colloca 'Sorella' al quarto posto fra le più importanti imbarcazioni storiche a livello internazionale, di cui il primato è detenuto dalla Uss Constance, 62 metri, fregata a tre alberi del 1797 tuttora iscritta al naviglio della Marina statunitense che in occasione dei suoi 200 anni ha navigato a vela. "Sorella", realizzata in fasciame di pitch pine su ordinate in rovere dal cantiere Dan Hatcher (1817-1880), conosciuta come un itchen ferry, cioè le imbarcazioni realizzate per pesca costiera delle ostriche e dei gamberetti e utilizzata anche per le scommesse veliche sul Tamigi, secondo le ricerche è stata impiegata dai primi armatori, i fratelli William e George Gordon, come palestra sperimentale per lo studio delle prime vele di poppa diventate poi spinnaker: vincendo più regate possibili facevano conoscere il cutter e incoraggiavano i concorrenti a utilizzare le loro vele. (ANSA).
 
 

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Benvenuta “Sorella”

Una storica imbarcazione a vela del 1858 donata alla Marina Militare

1 luglio 2022 Angelo Mennella

Nella particolare cornice della Scuola Navale Militare "Francesco Morosini" di Venezia, il 21 Giugno 2022, si è svolta la Cerimonia di donazione del "cutter aurico" Sorella, imbarcazione costruita nel 1858 presso il Cantiere Dan Hatcher di Southampton, noto costruttore del sud dell’Inghilterra, su progetto dello stesso Cantiere.

L’imbarcazione, uno scafo in legno in fasciame di pitch pine su ordinate di rovere, con una superficie velica di 65 metri quadri, venne acquisita dal Signor Pirota nel 1990il quale, dopo un attento e puntiglioso restauro condotto dal noto e grande progettista Carlo Sciarrelli, la riportò per mare facendola diventare la più anziana imbarcazione da regata navigante nel Mar Mediterraneo.

La Cerimonia è stata impreziosita da un messaggio augurale del Signor Capo di Stato Maggiore della Marina, Ammiraglio di Squadra Enrico Credendino, che ha voluto sottolineare l’importanza della donazione quale dichiarazione di stima reciproca e di amicizia, rendendo compatto e unito l’intento, e il legame tra la storia e le tradizioni che Sorella perpetra e gli Allievi della Scuola Navale che oltre a poter apprezzare lo straordinario patrimonio storico e marittimo del nostro Paese, saranno consapevoli custodi della storia che "Sorella" rappresenta, e che faranno rivivere ogni volta che se ne spiegheranno le vele.

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“Diving e Rescue”: la subacquea e la cantieristica navale al servizio della Marina Militare

Nuovo progetto della marina Militare che verrà realizzato dal cantiere navale genovese T. Mariotti 

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“Ferrari Therapy” a bordo di nave Garibaldi

Sull'incrociatore portaeromobili della Marina Militare un evento benefico dedicato all'inclusività e all'apertura, nel segno del rosso fiammante

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15 giugno 2022 Marco Farina

Nave Garibaldi promuove una giornata di amicizia e vicinanza nei confronti di chi è meno fortunato, ospitando, insieme al Ferrari Club "Passione Rossa", un evento benefico in favore dei giovani della ONLUS ‘Abilmente Insieme’, a testimonianza dell’impegno della Marina per il sociale e la comunità locale.

All’evento hanno partecipato ragazzi con disabilità, accompagnati dai propri genitori. Dall’inizio della pandemia è stata la prima volta in cui è stato permesso l’ingresso a bordo di personale esterno all’equipaggio di Nave Garibaldi.

L’arrivo dei membri dell’Associazione è stato preceduto da quello di trenta automobili Ferrari che, incolonnate, hanno raggiunto l’Unità navale e si sono disposte sottobordo. Erano presenti modelli dalla 512 TR (del 84') alla 812 Superfast, passando per le California e le Testarossa.

Dopo la foto ricordo e una visita della nave, gli ospiti hanno assistito al trasferimento della Ferrari F8Tributo dall’hangar al ponte di volo, sul quale la vettura ha potuto sfilare e fare bella mostra di sé e di uno dei simboli del made in italy del mondo. L’evento è proseguito lasciando spazio ai ragazzi, veri protagonisti della giornata, a cui è stata data la possibilità di effettuare dei giri di prova sulle ferrari, così da poter strappare loro un sorriso ascoltando il rombo e vivendo l’adrenalina di salire su queste opere di alta ingegneria tricolore.

Nave Garibaldi si è fatta promotrice per la Marina Militare di un’attività socialmente importante accomunando tradizione, passione e lavoro di squadra in una giornata dedicata all’inclusività e all’apertura.

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10 dicembre 1917 a Trieste la Marina affonda la corazzata austro-ungarica Wien

104 anni fa venivano scritte le pagine di un successo italiano della Grande Guerra sul mare

Corazzata wien1

10 dicembre 2021 Stefano Febbraro

A causa dello sfondamento austriaco (nell'ottobre 1917) avvenuto a Caporetto, il fronte italiano ripiegava dall'Isonzo e stabiliva una linea di resistenza sul corso del fiume Piave. Questa estrema linea di difesa era considerata vitale, poiché superata, avrebbe portato le truppe austro-tedesche in poche ore a Venezia e a Vicenza, e forse a dilagare nella Pianura Padana, disegnando terribilmente le sorti del primo conflitto mondiale. Temendo un aggiramento da parte nemica gli italiani avevano fortificato l'isolotto di Cortellazzo, posto alla foce del fiume.

E così fu. I comandi imperiali decisero di neutralizzare la posizione italiana di Cortellazzo bombardandola con i grossi calibri delle corazzate “SMS Wien" e la gemella “SMS Budapest", navi da battaglia da difesa costiera.

Gli italiani avevano previsto tale possibilità e per questo avevano dislocato nella zona una squadriglia di Mas, piccole imbarcazioni di circa 10 metri motosiluranti molto veloci e molto manovriere al comando del capitano di fregata Costanzo Ciano; il quale intercettate le corazzate nemiche le affrontò senza infliggere loro particolari danni ma le costrinse a desistere dall'azione pianificata e a ripiegare a Trieste.

La mattina del 09 dicembre una ricognizione aerea individuò le due corazzate austro-ungariche, all'ancora nel vallone di Muggia. La notizia venne trasmessa alla Regia Marina che non si perse di animo e nella notte fra il 9 e il 10 dicembre del 1917 diede ordine al MAS 9 (comandato dal tenente di vascello Luigi Rizzo, ideatore sin dalla primavera di quell'impresa, lungamente studiata) e al MAS 13 (condotto dal Capo timoniere 1^ cl. Andrea Ferrarini) di salpare da Venezia, sotto la scorta delle torpediniere 9PN e 11PN e di attaccare le due unità nemiche a Trieste.

Giunti fuori al porto di Trieste, dopo quasi due ore di duro e silenzioso lavoro di taglio a mano, dei cavi delle ostruzioni del porto, i due MAS penetrano nel Vallone di Muggia, navigando lentamente e senza rumore utilizzando i motori elettrici. Dopo un'ultima ricognizione, destinata a confermare la mancanza di reti parasiluri nel bacino portuale, i MAS lanciano i siluri a distanza ravvicinata. Alle 2.32 la Wien affondò rapidamente colpita a centro nave, mentre la Budapest riportò solo lievi danni.

Terminata l'incursione i MAS riuscirono a sottrarsi al fuoco nemico e rientrare a Venezia. Per questa operazione militare, il Tenente di Vascello Luigi Rizzo fu insignito della prima Medaglia d'Oro al Valor Militare.

L'affondamento di questa corazzata è il primo grande successo italiano della Grande Guerra sul mare. L'azione, ben pianificata, venne abilmente comunicata e valorizzata in modo da sottolineare l'inversione di tendenza del conflitto a quasi due mesi dai fatti di Caporetto.

Ideatore e convinto sostenitore della strategia della "battaglia in porto" era l'ammiraglio Paolo Thaon di Revel (Capo di Stato Maggiore della Marina nel 1915 e nuovamente nel 1917-1919). Sempre in prima linea, il futuro Grande Ammiraglio si dimostrò costantemente aperto alle innovazioni, dall'aviazione navale ai sommergibili fino ai MAS e ai treni armati, e incoraggiò l'iniziativa dei propri marinai, non esitando a verificare di persona le operazioni di forzamento dei porti avversari. Come quando una notte del settembre 1917, si spinse, a bordo di un motoscafo, a poche centinaia di metri dalle ostruzioni triestine nel corso della redazione finale del piano di Rizzo.

 

 

 

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103 anni fa gli uomini della Marina affondarono la corazzata Viribus Unitis

A Pola, una delle più memorabili imprese, ai danni dell'Impero Austro-Ungarico, ad opera dei precursori delle forze speciali della Marina italiana

viribus

31 ottobre 2021 Marco Sciarretta

In una notte senza Luna, fra il 31 ottobre e il 1 novembre 1918, si compie una delle più memorabili imprese ad opera dei precursori delle Forze Speciali della Marina. 

In quella fase del primo conflitto mondiale la Marina Austro Ungarica, evitando lo scontro frontale, preferisce mantenere le proprie unità maggiori al sicuro nella ben difesa base di Pola. La Marina italiana mette quindi a punto un ardimentoso piano per colpire le navi nemiche direttamente nei loro porti, impegnandosi nello sviluppo di Unità insidiose quali, oltre ai celebri M.A.S., mezzi speciali come il barchino saltatore del tipo Grillo e la torpedine semovente detta Mignatta”.

La Mignatta è per l'epoca un mezzo "anticonvenzionale" di nuovissima concezione: un galleggiante munito di sistema propulsivo e dotato spinta positiva molto limitata, per poter navigare in maniera occulta a fior d’acqua, provvisto di due cariche esplosive con timer di scoppio, da applicare alle carene delle navi nemiche dai due operatori di equipaggio

La prima missione è organizzata per attaccare le rimanenti navi maggiori della Marina avversaria. Equipaggio della missione il Maggiore Raffaele Rossetti e il Tenente Raffaele Paolucci. Uno, ingegnere del Genio Navale, inventore dei mezzi speciali insidiosi. L’altro, medico, studioso delle tecniche e della fisiologia del nuoto d’assalto. Insieme possono essere considerati i precursori del concetto di Forze Speciali.

Nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre 1918,approfittando della scarsissima visibilità notturna causata dall'assenza della luna, una spedizione composta dai M.A.S. 94 e 95 e dalla torpediniera 65 PN, con a bordo la torpedine semovente Mignatta, dirige sulla base navale nemica di Pola.

Giunta a breve distanza dal porto, la torpediniera mette a mare la Mignatta che viene accompagnata fin sotto le dighe foranee dai M.A.S., che lì rimangono in attesa. Superate le ostruzioni, in parte a nuoto e in parte servendosi del motore della Mignatta, i due operatori penetrano nello specchio d’acqua interno e dirigono verso lo scafo di una delle più grosse unità all’ormeggio, la corazzata Viribus Unitis, che minano con una delle cariche.

Compiuta l’operazione, mentre si accingono a rientrare sono scoperti da un proiettore; vista inevitabile la cattura, affondano il mezzo che, trasportato dalla corrente, finisce con la seconda carica innescata, sotto lo scafo del piroscafo Wien, causandone la perdita. All’ora prevista la prima carica scoppia causando l’affondamento della nave da battaglia avversaria; i due operatori sono catturati e considerati prigionieri di guerra.

Due giorni dopo l’impresa di Pola, l’Impero asburgico cedeva le armi, nel 1929 l'ancora della corazzata Viribus Unitis fu posta all'ingresso di Palazzo Marina a Roma, qualche mese dopo la sua inaugurazione, per ricordare a tutti la impresa di Pola.

 

 

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121 neo laureati tra i Marescialli della Scuola Sottufficiali di Taranto

 Si è concluso il percorso formativo del 23° Corso Normali Marescialli “ZEUS”

4Laurea marescialli23

24 ottobre 2023 Leonarda Petrizzelli

​Il 18 ottobre, con la cerimonia di consegna dei diplomi di Laurea Triennale in Scienze e Gestione delle Attività Marittime ed Informatica e Comunicazione Digitale, si è concluso il percorso formativo del 23° Corso Normali Marescialli “ZEUS”.
Come da tradizione la cerimonia si è svolta nella Piazza D’Armi della Scuola Sottufficiali di Taranto, presieduta dal Comandante dell’Istituto, contrammiraglio Francesco Milazzo, alla presenza dei professori dei due corsi di laura dell’Università di Bari e dei numerosi familiari e amici dei laureandi.
Un traguardo importante per 121 Capi di 3^ Classe raggiunto grazie ad impegno, costanza e lavoro di squadra. Tre anni di studi universitari e finalmente la tanto desiderata proclamazione “Dottore in…”.
“L’emozione di avere la mia famiglia e i miei amici al mio fianco in questa speciale occasione, il traguardo raggiunto al termine di un percorso impegnativo ed articolato, ma al contempo ricco di grandi soddisfazioni, mi hanno reso oggi davvero felice. Un percorso che suggerirei a tutti quei ragazzi che vogliono seriamente mettersi in gioco.” così il capo corso Mattia Zuccarinidopo essere stato proclamato “Dottore”. 
L’ammiraglio Milazzoin un passaggio del suo indirizzo di saluto iniziale si è rivolto così ai laureandi “...siate affamati di conoscenze, fate tesoro dell’esperienza maturata dal personale più anziano che troverete a bordo, impegnatevi costantemente affinché possiate diventare mentori e guide per i vostri collaboratori.” 
I Sottufficiali lasceranno l’Istituto di Formazione per raggiungere la loro pima destinazione a bordo della Unità della Squadra Navale o presso i Comandi delle Capitanerie di Porto Guardia Costiera.

 

FONTE: NOTIZIARIO DELLA MARINA ONLINE

 

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130 anni di storia per i Sommergibili della Marina

Uno spirito ancora vivo e che anima gli equipaggi dei battelli dopo piu di un secolo di storia al servizio del Paese

 Sommergibili5

16 ottobre 2020 Giovanni Peruzzini
80 anni fa, il 16 ottobre del 1940, la MOVM C.C. Salvatore Todaro e l’equipaggio del Regio Sommergibile Cappellini si resero protagonisti di una vicenda straordinaria i cui confini superano il quadro delle vicende belliche. Marinai fuori dal comune, vittoriosi tra le insidiose acque dell’Oceano Atlantico ma dotati di una rara umanità che li spinse ad affrontare situazioni di grande pericolo per portare in salvo i naufraghi del piroscafo armato Kabalo, fiero avversario fino a pochi istanti prima dell'affondamento. Una decisione non facile e rischiosa da portare a compimento, ma che rispecchia in maniera indelebile l’essenza del sommergibilista e del marinaio italiano. Uno spirito ancora vivo e che anima gli equipaggi dei battelli dopo 130 di storia al servizio del Paese. Quest’anno ricorre infatti l’anniversario della fondazione della Componente Sommergibili, coincidente con l'impostazione nel 1890 del Regio Sommergibile Delfino, prima Unità Subacquea Italiana e tra le prime al mondo in assoluto. Il progetto rappresentò l’inizio di un epopea tecnologica ed operativa che ha attraversato, con quasi 200 sommergibili, due Guerra Mondiali e la Guerra Fredda. Il sig. Capo di Stato Maggiore ha reso lustro alla celebrazione odierna rivolgendo un pensiero riconoscente agli Equipaggi, al personale di terra, militare e civile, agli uomini e le donne della Componente che sono impegnati quotidianamente, 365 giorni all’anno, nel garantire la tutela sul mare degli interessi vitali del Paese e la sicurezza degli spazi marittimi. Uomini e donne con la loro dedizione, senza risparmi di energia, in maniera continua e in perfetta condivisione di intenti, si adoperano per il conseguimento degli obiettivi comuni e per il bene della Nazione.

La componente sommergibili nazionale è una compagine saldamente ancorata alle proprie tradizioni e alla gloriosa storia, ma, al contempo, impegnata nello sviluppo dei nuovi sottomarini U212 NFS che saranno unità all’avanguardia, tecnologicamente allo stato dell’arte e quindi costantemente proiettata al futuro.

FONTE: Logo Marinamilitare

14 dicembre 1941, rotta Sud per il sommergibile Scirè. L'Impresa di Alessandra è ormai vicina

La missione GA3 entra nel vivo per il sommergibile e per gli incursori imbarcati

Scire 14dicembre1

14 dicembre 2021 Emanuele Bianchi

​Tratto dal “Mediterraneo e oltre” di Enrico Cernuschi e Andrea Tirondola.

Dopo la navigazione da La Spezia a Lero, il rifornimento e le riparazioni nell'isola greca, il comandante del sommergibile Scirè, capitano di corvetta Junio Valerio Borghese era impaziente di salpare per raggiungere Alessandria d’Egitto e far partire la fase operativa dell'azione.

A Lero, poche ore prima della partenza salirono a bordo del sommergibile i 10 incursori, che avrebbero dovuto condurre i maiali. Lo Scirè ne imbarcava 3, contenuti in cilindri metallici posti sulla coperta del battello (scopri di più sui Siluri a Lenta Corsa - maiali).

Pochi minuti dopo l'imbarco degli incursori lo Scirè lasciava gli ormeggi. La navigazione, questa volta, doveva essere il più possibile occulta, emergendo soltanto di notte per ricaricare gli accumulatori, rigenerare l’aria e fare le osservazioni astronomiche per calcolare il punto nave. Nel frattempo gli incursori della X MAS riposavano, in vista della missione. Il mattino del 16, giunto a circa 30 miglia a nord di Alessandria, il comandante Borghese decise di rimandare l’azione di 24 ore. La nuova data fu imposta sia dalle condizioni del mare sia dalla perdurante assenza di informazioni sulla presenza in porto degli obiettivi.

Possiamo cogliere dalle parole dello stesso Borghese, riportate sul diario di bordo, i passaggi salienti della navigazione che precede l'impresa di Alessandria (tratto da “Lo Scirè, un sommergibile… un uomo…”, di Luciano Ridolfi).

  • 14 dicembre 1941
    • 07.00: gli operatori della X MAS imbarcavano sullo Scirè: T.V. Luigi De La Penne e Capo Pal. 3^ Emilio Bianchi (equipaggio SLC n° 221); Cap. A.N. Vincenzo Martellotta e 2° C° Pal. Mario Marino (equipaggio SLC n° 222); Cap. G.N. Antonio Marceglia e Pal. Spartaco Schergat (equipaggio SLC 223); 1° equipaggio di riserva: Ten. D.M. Luigi Feltrinelli e Pal. Armando Favale; 2 equipaggio di riserva: S.T. medico Giorgio Spaccarelli e S.C. Pal. Armando Memoli;
    • 07.20: mollo ed esco dal porto.
  • 14-15 dicembre
    • navigazione in superficie e in immersione, calcolo coordinate attraverso osservazione astronomica.
  • 16 dicembre 1941
    • 01.30: per non sottoporre a eccessivo tormento il materiale e soprattutto il personale operatore, a causa delle cattive condizioni del mare prendo immersione;
    • 06.05: emersione per osservazione astronomiche
    • 06.25: immersione per navigazione occulta. In seguito al mare grosso e alla mancanza di notizie precise sulla consistenza delle unità nemiche in porto decido di rimandare di 24 ore l’azione, posticipandola dalla notte fra il 17 e il 18, alla notte fra il 18 e il 19 dicembre 1941;
  • 17 dicembre
    • 05.05: emersione, osservazione astronomica. Viste le condizioni metereologiche favorevoli decido l’azione per la sera del 18 dicembre 1941 sperando ricevere, frattanto, informazioni precise sulla presenza di navi in porto;
    • 06,06: immersione;
    • 06,16: lontane esplosioni;
    • 07,20: agli idrofoni motori a scoppio;
    • 13,20: due serie di quattro esplosioni lontane;
    • 14,00: inizio navigazione di avvicinamento;
    • 18,00: emersione, carica;
    • 19.06: telegramma da Atene mi da conferma presenza 2 obiettivi in porto Alessandria;
    • 19,30: all’orizzonte proiettili traccianti, ammesso che provengano da Alessandria confermano la mia giusta posizione.


Nel prossimo articolo passeremo all'ultima fase della missione GA3, l'attacco alle navi nemicheche passerà alla storia come l'Impresa di Alessandria.

 

 

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150 anni e non sentirli

Nel 2019, sia il Faro di Capo S. Vito (Ta) che l’Arsenale di La Spezia hanno compiuto 150 anni.

A ricordarcelo due riviste edite dalla Marina Militare, e in particolare:

La Rivista Marittima del mese di Luglio/Agosto 2019

contiene un corposo allegato di 180 pagine, tutto dedicato all’Arsenale di La Spezia ed alla ricorrenza della sua progettazione e costruzione,con dovizia di particolari e tante foto d'epoca oltre naturalmente alle immagini dei progetti originali.

Arsenale Spezia20191126


Il Notiziario della Marina, nel numero di Ottobre 2019

contiene un bellissimo articolo relativo al “compleanno” dello splendido Faro di Capo San Vito, luce guida del golfo di Taranto.

Faro Sanvito20191126
Credo valga la pena andare a leggere i contenuti appena accennati. Credetemi sono veramente coinvolgenti e sicuramente indicati per coloro che si interessano di storia della Marina.

FONTE: Archivio del sottoscritto

 

17 Marzo 2023 - 162° Anniversario della Marina Militare

​La Marina Militare italiana nasce 4 mesi prima della proclamazione del Regno d'Italia

Nascita marina

​La Marina Militare italiana nasce 4 mesi prima della proclamazione del Regno d'Italia


Il 17 novembre 1860, esattamente quattro mesi prima del Regio Decreto 17 marzo 1861 n. 4671 di assunzione del titolo di Re d'Italia da parte di Vittorio Emanuele II, con R. D. n. 4419, fu sancita la nascita della Marina Militare italiana.

Per poter conseguire questo importante risultato, il 18 marzo 1860 Cavour aveva già distaccato il Ministero della Marina da quello della Guerra, unendolo alla sua Presidenza del Consiglio per seguirne personalmente gli affari e lo sviluppo.

01 smallIl sottoscritto preposto all'amministrazione delle cose di mare di uno Stato "collocato in mezzo al Mediterraneo, ricco di invidiabile estensione di coste e di una numerosa popolazione marittima, sente il dovere di dare il più ampio sviluppo alle risorse navali del Paese valendosi degli elementi di forza che ha trovato nelle nuove province"Così scriveva lungimirante il Cavour nella nota preliminare al bilancio della Marina Militare del 1860.

Precedentemente agli interventi di Cavour, la Marina non aveva mai goduto di primaria attenzione nel Regno di Sardegna, essendo lo Stato sabaudo all'epoca orientato politicamente e strategicamente verso il continente, e conseguentemente il suo Ministero fu in origine unito alla Segreteria della Guerra, il cui Ministro si chiamava "Primo Segretario di Guerra e Marina".

03 smallNacque così, con largo anticipo sul Regno d'Italia, la Marina Militare italiana, dalla fusione della Marina Sardo/Piemontese e della Marina Borbonica, essendo il Cavour ben conscio dell'importanza politica e militare di una efficiente marineria per lo sviluppo dell'Italia, e dei tempi e delle difficoltà necessari per la sua piena realizzazione. Promosse, infatti, grandi cambiamenti, sia sotto il profilo tecnico, quale la trasformazione della flotta da navi a vela a navi a vapore incitando alla costruzione di navi di maggiori dimensioni, sia sotto quello umano e professionale, cambiando persino i programmi scolastici per favorire lo studio della matematica nelle scuole secondarie, fondamentale materia per la formazione dei nuovi ufficiali di Marina, sia sotto il profilo infrastrutturale, pianificando la realizzazione di un porto interamente dedicato alla Marina Militare, quale fu quello di La Spezia.

Cavour elaborò un programma che prevedeva lo scioglimento dei Ministeri di Marina di Napoli e di Sicilia, la riorganizzazione di tutto il personale militare e civile, la costituzione di tre dipartimenti marittimi (Genova, Napoli, Ancona) e la costruzione, a La Spezia, di un moderno ed efficiente arsenale.

Nuove unità furono impostate nei cantieri italiani: le fregate corazzate di 2^ classe Principe di Carignano, Messina, Roma, Venezia, Conte Verde, tutte con scafo in legno. Le due fregate corazzate di 1^ classe, il Re d'Italia e il Re di Portogallo, furono commissionate negli Stati Uniti. Dai cantieri francesi furono varate le fregate corazzate Ancona, Castelfidardo, Maria Pia e San Martino; le corvette corazzate Formidabile e Terribile; le cannoniere corazzate Palestro e Varese. In Gran Bretagna venne commissionato l'ariete-corazzato Affondatore, una delle prime navi a torri della storia navale.

02 smallNel 1861 il conte Camillo Benso di Cavour, allora presidente del consiglio e ministro della marina, affermava: "voglio delle navi tali da servire in tutto il Mediterraneo capaci di portare le più potenti artiglierie, di possedere la massima velocità, di contenere una grande quantità di combustibile. [..] Consacrerò tutte le mie forze e ciò che posso aver conquistato d'influenza parlamentare, affinché l'organizzazione della nostra Marina Militare risponda alle esigenze del Paese".​

FONTE:Logo Marinamilitare

17 novembre 1860, un primo importante passo verso la Marina unitaria

Una tappa cruciale di un lucido e lungimirante percorso economico e politico

4unificazione marine

17 novembre 2020 Marina Militare

«Il sottoscritto, preposto all’amministrazione delle cose di mare di uno Stato collocato in mezzo al Mediterraneo, ricco di invidiabile estensione di coste e di una numerosa popolazione marittima, sente il dovere di dare il più ampio sviluppo alle risorse navali del Paese»

Queste furono le parole scritte dal Presidente del Consiglio, Camillo Benso Conte di Cavour, presentando il bilancio della Marina del 1860.

Ma non erano solo le parole del Presidente del Consiglio: il 17 marzo 1860,  il Ministero della Marina era stato separato e reso autonomo rispetto a quello della Guerra, tradizionalmente in mano all'Esercito. Il primo titolare del nuovo Ministero fu proprio Cavour, e non fu un caso. Quel Presidente del consiglio, da attento economista, non voleva certo delegare ad altri quel prezioso strumento navale in vista dei prossimi, ormai intuibili grandi avvenimenti che sarebbero culminati, di lì a poco, nell'unità del Paese a cui in molti ancora non credevano.

Esattamente otto mesi dopo un'altro cruciale passo verso l'unificazione della Marina militare italiana. 17 novembre 1860, furono emanati i Regi Decreti n. 4419, 4420 e 4421 che fusero in un unico corpo gli ufficiali provenienti dalle flotte Sarda, Partenopea, Siciliana, Toscana e (per la parte adriatica soltanto) Pontificia, organizzando altresì amministrativamente la Regia Marina. L'intenzione di costiture una Forza Armata di mare unica al servizio del Regno d'Italia, anticipò dunque di quattro mesi la formale costituzione di quest'ultimo.

Non fu certo la definitiva nascita di una Marina unitaria, ma un'importante tappa di un lucido e lungimirante percorso economico e politicoInfatti il processo di accorpamento di tutte le Marine preunitarie potra essere considerato concluso il 1 gennaio 1861, come sancito con Regio Decreto del successivo 10 gennaio, cui seguirà l’assunzione formale da parte della Marina del Regno d’Italia del titolo di "Regia", conseguente alla proclamazione di poco successiva dell’Unità nazionale: 17 marzo 1861 dal parlamento italiano riunito a Torino che ora includeva anche i deputati delle nuove provincie.

Ma com'era composta la neonata Marina militare unitaria? In essa confluivano su base paritaria le Marine dei precedenti Stati italiani, definiti "Antiche Province": le Marine sabauda - da poco unitasi a quella toscana - siciliana, napoletana e, in parte, pontificia, già impegnate – talvolta anche congiuntamente - nel corso delle guerre per l’indipendenza nazionale. Stabilita la valenza di leggi, regolamenti e pregresse anzianità, e quindi la diretta continuità istituzionale della Marina Militare rispetto a queste ultime, essa può essere fatta risalire almeno al Medioevo. La stessa ebbe infatti come precedenti – oltre alle equivalenti organizzazioni militari delle Repubbliche Marinare (Amalfi, Pisa, Genova, Venezia) – soprattutto anche la Marina militare di Federico II imperatore e re di Sicilia, fondata nel 1231 per effetto di quanto prescritto, in maniera organica e per la prima volta in Occidente, nel Liber Constitutionum di Melfi: norme di rango costituzionale di organizzazione di uno Stato non più di matrice feudale, in qualche modo ancora alla base del Regno delle Due Sicilie preunitario.

Con la nascita della Regia Marina, l’Italia cominciò a perseguire la creazione di un adeguato quanto vitale Potere Marittimo nazionale. Superati i primi, più duri anni e la Terza guerra d’indipendenza, la nuova Forza Armata acquisisce un proprio significativo prestigio, grazie anche all’azione di grandi personalità, quali gli ammiragli Augusto Riboty Simone Pacoret de Saint Bon. Figura di primissimo piano dell’epoca, gloria nazionale e internazionale nel campo dell’ingegneria, il Generale del Genio Navale, e Ministro della Marina, Benedetto Brin: insigne progettista e organizzatore, in primo piano nella creazione di un’industria pesante nazionale, favorisce in ogni modo le misure che riescono ad affrancare la nazione dall’industria straniera, varando un poderoso programma navale, rivoluzionario sia a livello concettuale sia tecnologico, inteso a formare uno strumento potente e bilanciato. In poco più di un ventennio il fervore di rinnovamento e potenziamento della linea navale e delle infrastrutture faranno sì che, nel 1895, l’Italia arrivi ad occupare il rango di terzo posto fra le potenze marittime mondiali.

Un percorso di nascita che puntando fin da subito al Potere Marittimo, collateralmente attivò un volano per lo sviluppo economico del Paese.

FONTE: SITO MARINA MILITARE

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18-19 dicembre 1941: l'Impresa di Alessandria

Sei uomini scrivono le pagine di un successo nella storia della  Marina e in quella navale di tutti i tempi

20201218 18 19 dicembre 1941 l Impresa di Alessandria

18 dicembre 2021 Salvatore Murolo

Nella notte fra il 18 e il 19 dicembre 1941, 6 incursori della Marina Militare portarono a termine l'Impresa di Alessandria, ai danni della flotta britannica nel Mediterraneo (Mediterranean Fleet), scrivendo un finale culminante per l'operazione G.A.3. Questa operazione fu frutto di una meticolosa preparazione di mezzi e di addestramento.

L'attento studio delle difese avversarie era iniziato già dall' estate di quell'anno, utilizzando sia delle decrittazioni dei messaggi radio avversari, sia delle catture di documenti e mappe inglesi ottenuti nelle forme più diverse. Uno dei casi più eclatanti è senz'altro l'avventuroso recupero dal fondo del mare della documentazione segreta custodita a bordo del relitto del cacciatorpediniere britannico Mohawk, silurato e affondato dal caccia italiano Tarigo.

L'operazione prende il via con l'imbarco dei mezzi d'assalto Siluri a Lenta corsa (SLC), poi universalmente noti come "Maiali", sul sommergibile Sciré, che, al comando del tenente di vascello Junio Valerio Borghese, parte dalla Spezia alle 23:00 del 3 dicembre 1941, diretto alla base italiana di Lero, dove arriva la sera del 9 dopo un tragitto non privo di imprevisti. Avvistato da un aereo britannico, sfugge all'identificazione salutando allegramente il velivolo avversario salvo trasmettere prontamente, con il proiettore, il corretto segnale di riconoscimento inglese del giorno, ovviamente ottenuto grazie all'opera del Servizio Informazioni Segrete della Marina, come scopriranno con raccapriccio gli investigatori britannici il mese successivo dopo aver esaminato tutti i rapporti dei ricognitori del novembre-dicembre 1941. 

Alle 07:00 del 14, imbarcati gli operatori, il battello lascia gli ormeggi e inizia la navigazione occulta verso Alessandria, emergendo solo di notte per ricaricare le batterie e verificare la rotta. La sera del 17 dicembre 1941 arriva la conferma della presenza in porto di due navi da battaglia da parte del comando centrale della Marina e, caricate al massimo aria ed energia elettrica, lo Scirè inizia la sua incredibile corsa sottomarina attraverso gli sbarramenti minati, sempre al di sotto dei 60 m di profondità e su fondali rapidamente decrescenti, per emergere, infine, in posizione perfetta a 1.3 miglia nautiche per 356° dal fanale di Alessandria.

I sei uomini del gruppo d'assalto, in coppie su ogni maiale, iniziarono così il loro transito occulto verso i bersagli. Sul maiale 221 il tenente di vascello Luigi Durand De la Penne con il Capo Palombaro Emilio Bianchi, sul maiale 222 capitano delle Armi Navali Vincenzo Martellotta con il Capo Palombaro Mario Marino e sul maiale 223 ilcapitano del Genio Navale Antonio Marceglia con il Sottocapo Palombaro Spartaco Schergat.

De La Penne: "Come va Bianchi?"

Bianchi: "Bene comandante"

De La Penne: "Hai paura?"

Bianchi: "Si comandante"

De La Penne: "Anch'io, Bene, andiamo!"

Durand de la Penne e Bianchi puntarono alla nave da battaglia Valiant. Nell'ultimo tratto della corsa subacquea de la Penne fu costretto a trascinare sul fondo il proprio mezzo avendo perso il supporto di Bianchi colpito da un malore a causa di malfunzionamento al respiratore. Riuscì a posizionarne la carica esplosiva sotto la nave ma fu catturato. Poco dopo fu catturato anche Bianchi e i due furono chiusi nel pozzo catene della nave. I due non rivelarono la posizione dell'ordigno ma a mezz'ora dallo scoppio, de la Penne si fece condurre dal comandante della nave per informarlo del rischio corso dall'equipaggio; ciò nonostante questi fece riportare l'ufficiale italiano dov'era. L'esplosione fu puntuale e squarciò la carena della corazzata ma i due italiani riuscirono ad uscire dal locale e ad andare in coperta da dove vennero evacuati insieme al resto dell'equipaggio.

Martellotta e Mario Marino, furono costretti a navigare in superficie a causa di un malore del capo equipaggio e riuscirono a posizionare la carica per la petroliera Sagona senza riuscire a sfuggire alla cattura degli egiziani. Intorno alle sei del mattino successivo ebbero luogo le esplosioni. Quattro navi furono gravemente danneggiate nell'impresa: oltre alle tre citate anche il cacciatorpediniere HMS Jervis, ormeggiato a fianco della Sagona, fu infatti vittima delle cariche posate dagli assaltatori italiani.

Marceglia e Schergat riuscirono infine a portare a termine senza imprevisti l'attacco alla Queen Elizabeth. Dopo aver piazzato la carica esplosiva raggiunsero terra e riuscirono ad allontanarsi da Alessandria ma vennero riconosciuti e catturati anche loro il giorno successivo.

Il bilancio finale dei danni fu il seguente: affondamento di due navi da battaglia britanniche HMS Queen Elizabeth (33.550 tonnellate) e HMS Valiant da (27.500 tonnellate) e danneggiamento della petroliera Sagona (7750 tonnellate) e del cacciatorpediniere Jervis (1690 t). Un'impresa epica e una straordinaria vittoria nei confronti di quella che era, all'epoca, la maggiore Marina del mondo. Non un atto singolo, ma un'azione inquadrata in una strategia che, insieme alle efficaci azioni offensive dei mesi successivi contro i convogli britannici diretti a Malta, consentì all'Italia di esercitare il Potere Marittimo nel Mediterraneo.

«...sei italiani equipaggiati con materiali di costo irrisorio hanno fatto vacillare l'equilibrio militare in Mediterraneo a vantaggio dell'Asse.» (Winston Churchill)

Il 1st Battle Squadron della Mediterranean Fleet, tradizionale fiore all'occhiello della Royal Navy, non esiste più dal dicembre 1941.

Il valore dei nostri eroi fu apprezzato anche da chi subì la loro azione. Tre anni dopo, i sei protagonisti dell'impresa vennero decorati a Taranto con la medaglia d'oro al valor militare in modo del tutto singolare: ad appuntare la medaglia sul loro petto fu il commodoro Sir Charles Morgan, già comandante della HMS Valiant al tempo dell'operazione.

 

 

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19 dicembre 1941: l'Impresa di Alessandria

Sei uomini scrivono le pagine di un successo nella storia della  Marina e in quella navale di tutti i tempi

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19 dicembre 2022 Ufficio Storico

Nella notte fra il 18 e il 19 dicembre 1941, 6 incursori della Marina Militare portarono a termine l'Impresa di Alessandria, ai danni della flotta britannica nel Mediterraneo (Mediterranean Fleet), scrivendo un finale culminante per l'operazione G.A.3. Questa operazione fu frutto di una meticolosa preparazione di mezzi e di addestramento.

L'attento studio delle difese avversarie era iniziato già dall' estate di quell'anno, utilizzando sia delle decrittazioni dei messaggi radio avversari, sia delle catture di documenti e mappe inglesi ottenuti nelle forme più diverse. Uno dei casi più eclatanti è senz'altro l'avventuroso recupero dal fondo del mare della documentazione segreta custodita a bordo del relitto del cacciatorpediniere britannico Mohawk, silurato e affondato dal caccia italiano Tarigo.

L'operazione prende il via con l'imbarco dei mezzi d'assalto Siluri a Lenta corsa (SLC), poi universalmente noti come "Maiali", sul sommergibile Sciré, che, al comando del tenente di vascello Junio Valerio Borghese, parte dalla Spezia alle 23:00 del 3 dicembre 1941, diretto alla base italiana di Lero, dove arriva la sera del 9 dopo un tragitto non privo di imprevisti. Avvistato da un aereo britannico, sfugge all'identificazione salutando allegramente il velivolo avversario salvo trasmettere prontamente, con il proiettore, il corretto segnale di riconoscimento inglese del giorno, ovviamente ottenuto grazie all'opera del Servizio Informazioni Segrete della Marina, come scopriranno con raccapriccio gli investigatori britannici il mese successivo dopo aver esaminato tutti i rapporti dei ricognitori del novembre-dicembre 1941. 

Alle 07:00 del 14, imbarcati gli operatori, il battello lascia gli ormeggi e inizia la navigazione occulta verso Alessandria, emergendo solo di notte per ricaricare le batterie e verificare la rotta. La sera del 17 dicembre 1941 arriva la conferma della presenza in porto di due navi da battaglia da parte del comando centrale della Marina e, caricate al massimo aria ed energia elettrica, lo Scirè inizia la sua incredibile corsa sottomarina attraverso gli sbarramenti minati, sempre al di sotto dei 60 m di profondità e su fondali rapidamente decrescenti, per emergere, infine, in posizione perfetta a 1.3 miglia nautiche per 356° dal fanale di Alessandria.

I sei uomini del gruppo d'assalto, in coppie su ogni maiale, iniziarono così il loro transito occulto verso i bersagli. Sul maiale 221 il tenente di vascello Luigi Durand De la Penne con il Capo Palombaro Emilio Bianchi, sul maiale 222 capitano delle Armi Navali Vincenzo Martellotta con il Capo Palombaro Mario Marino e sul maiale 223 il capitano del Genio Navale Antonio Marceglia con il Sottocapo Palombaro Spartaco Schergat.

De la Penne: "Come va Bianchi?"

Bianchi: "Bene comandante"

de la Penne: "Hai paura?"

Bianchi: "Si comandante"

de la Penne: "Anch'io, Bene, andiamo!"

Durand de la Penne e Bianchi puntarono alla nave da battaglia Valiant. Nell'ultimo tratto della corsa subacquea de la Penne fu costretto a trascinare sul fondo il proprio mezzo avendo perso il supporto di Bianchi colpito da un malore a causa di malfunzionamento al respiratore. Riuscì a posizionarne la carica esplosiva sotto la nave ma fu catturato. Poco dopo fu catturato anche Bianchi e i due furono chiusi nel pozzo catene della nave. I due non rivelarono la posizione dell'ordigno ma a mezz'ora dallo scoppio, de la Penne si fece condurre dal comandante della nave per informarlo del rischio corso dall'equipaggio; ciò nonostante questi fece riportare l'ufficiale italiano dov'era. L'esplosione fu puntuale e squarciò la carena della corazzata ma i due italiani riuscirono ad uscire dal locale e ad andare in coperta da dove vennero evacuati insieme al resto dell'equipaggio.

Martellotta e Mario Marino, furono costretti a navigare in superficie a causa di un malore del capo equipaggio e riuscirono a posizionare la carica per la petroliera Sagona senza riuscire a sfuggire alla cattura degli egiziani. Intorno alle sei del mattino successivo ebbero luogo le esplosioni. Quattro navi furono gravemente danneggiate nell'impresa: oltre alle tre citate anche il cacciatorpediniere HMS Jervis, ormeggiato a fianco della Sagona, fu infatti vittima delle cariche posate dagli assaltatori italiani.

Marceglia e Schergat riuscirono infine a portare a termine senza imprevisti l'attacco alla Queen Elizabeth. Dopo aver piazzato la carica esplosiva raggiunsero terra e riuscirono ad allontanarsi da Alessandria ma vennero riconosciuti e catturati anche loro il giorno successivo.

Il bilancio finale dei danni fu il seguente: affondamento di due navi da battaglia britanniche HMS Queen Elizabeth (33.550 tonnellate) e HMS Valiant da (27.500 tonnellate) e danneggiamento della petroliera Sagona (7750 tonnellate) e del cacciatorpediniere Jervis (1690 t). Un'impresa epica e una straordinaria vittoria nei confronti di quella che era, all'epoca, la maggiore Marina del mondo. Non un atto singolo, ma un'azione inquadrata in una strategia che, insieme alle efficaci azioni offensive dei mesi successivi contro i convogli britannici diretti a Malta, consentì all'Italia di esercitare il Potere Marittimo nel Mediterraneo.

«...sei italiani equipaggiati con materiali di costo irrisorio hanno fatto vacillare l'equilibrio militare in Mediterraneo a vantaggio dell'Asse.» (Winston Churchill)

Il 1st Battle Squadron della Mediterranean Fleet,tradizionale fiore all'occhiello della Royal Navy, non esiste più dal dicembre 1941.

Il valore dei nostri eroi fu apprezzato anche da chi subì la loro azione. Tre anni dopo, i sei protagonisti dell'impresa vennero decorati a Taranto con la medaglia d'oro al valor militare in modo del tutto singolare: ad appuntare la medaglia sul loro petto fu il commodoro Sir Charles Morgan, già comandante della HMS Valiant al tempo dell'operazione.

 

 

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22 maggio 1941: la lunga notte della Torpediniera Lupo

Nel Mar Egeo, una memorabile azione notturna contro una formazione inglese, dimostrando audacia e prontezza straordinarie

2.jpgLupo

22 maggio 2022 Natalia Marra

Ottantuno anni fa, nel Mar Egeo, la Regia Torpediniera Lupo, con al comando il capitano di fregata Francesco Mimbelli, si rese protagonista di una memorabile azione notturna nel corso della battaglia di Creta. Con mirabile audacia ed eccezionale prontezza, affrontò una formazione inglese, composta dagli incrociatori Ajax, Orion, Dido e dai cacciatorpediniere Hereward, Hasty, Janus e Kimberley,riuscendo a tenere testa al nemico e proteggendo il convoglio.  

Alle 22.33 del 21 maggio, in prossimità di Capo Spada, il Lupo, avvistato improvvisamente ad una distanza di circa 1.000 metri un cacciatorpediniere inglese, iniziò a distendere una cortina fumogena a protezione delle piccole unità scortate. Subito dopo, fu avvistato ad una distanza di 700 metri un incrociatore britannico che aprì il fuoco contro la torpediniera italiana. Il Lupo rispose con tutte le armi e lanciando un siluro. Durante lo scambio di cannonate, comparve improvvisamente a brevissima distanza un secondo incrociatore su cui la torpediniera concentrò il fuoco delle sue artiglierie lanciando un secondo siluro, mentre apparivano via via nella foschia, causata dalla cortina fumogena, altre sagome di navi nemiche.

Nel mezzo della mischia, ritenendo che uno dei siluri fosse andato a bersaglio e mentre le unità nemiche nell'evidente confusione creata dalla scarsa visibilità, invece di concentrare il fuoco sull'unità italiana, si scambiavano cannonate fra di loro, il Lupo riuscì a sfuggire abilmente all'impari lotta. Durante il combattimento, il Lupo, ripetutamente colpito dalla reazione avversaria, ebbe due caduti e numerosi feriti gravi tra l'equipaggio. Allontanatasi la formazione britannica, il Lupo ritornò sulla scena d'azione per recuperare i naufraghi.  

Per questa azione straordinaria, la bandiera di guerra del Lupo venne decorata con la Medaglia d'Argento al Valor Militare e al comandante Mimbelli venne decretata  la Medaglia d'Oro al Valor Militare. 

Il rapporto di missione della Regia Torpediniera Lupo, redatto dal comandante Mimbelli in uno stile asciutto ed elegante, è custodito dall'Ufficio Storico della Marina Militare a Roma, per le attuali e future generazioni.

 

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22 maggio 1968, scompare il sottomarino nucleare USS Scorpion

Articolo di storia militare da Ares Osservatorio difesa, a cura di Giacomo Cavanna

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Il sottomarino a propulsione nucleare USS Scorpion (SSN-589) è il secondo battello a propulsione nucleare dell’U.S. Navy ad affondare con tutto l’equipaggio dopo il misterioso incidente dell’USS Thresher del 1963.

 Nondimeno anche l’affondamento dello Scorpion è avvolta da un alone di mistero che ancora oggi non è stato totalmente eliminato.

L’USS Scorpion era un battello della classe Skipjack varato nel 1959, lungo 76,7 metri e propulso da un reattore nucleare S5W della Westinghouse in grado di spingerlo ad una velocità massima in immersione di 33 nodi (66 km/h) quando immerso.

L’ultimo contatto radio con lo Scorpion avvenne tra il 20 ed 21 maggio del 1968 quando il Comandante Francis Slattery riferì a COMSUBLANT di essere vicino ad un sottomarino ed alcune navi da ricerca sovietiche e stava iniziando “l’attività di sorveglianza.”

Il sottomarino statunitense era atteso a Norfolk il 27 maggio alle ore 13:00 ma l’USS Scorpion non ritornò in patria ed il 5 giugno venne dichiarato “presumibilmente perso”.

Ad ottobre dello stesso anno la nave oceanografica USNS Mizar localizzò lo Scorpion a circa 740 km sud-ovest delle Azzorre ad oltre 3.000 metri di profondità anche grazie all’analisi dei suoni registrati dal sistema SOSUS.

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In rosso la zona dove è stato ritrovato l’USS Scorpion (Fonte: Commons)

La commissione istituita dall’USN sebbene “non in grado di individuare le cause certe della perdita dello Scorpion a causa della mancanza di prove” indicò come probabile la detonazione di un siluro mentre l’equipaggio del battello cercava di disarmarlo.

Nel novembre 2012 l’associazione U.S. Submarine Veterans chiese all’USN di riaprire l’inchiesta ma la Marina rifiutò la richiesta.

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Una teoria che ha molto preso piede nel corso del tempo è quella di una esplosione a causa dell’idrogeno sprigionato durante la fase di carica delle batterie.

A bordo del sottomarino sono ancora presenti due siluri Mark 45 (ASTOR) dotati di testa di guerra nucleare W34 da 11 kilotoni e l’USN è tenuta ad effettuare ogni anno l’analisi dell’acqua per accertarsi che non vi sia il rilascio di materiale radioattivo nell’Oceano.

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Il Comandante dell’USS Scorpion, Francis Slattery

In sintesi, l’USS Scorpion è affondato in seguito ad una catastrofica esplosione avvenuta a bordo portando con se 99 marinai ma nessuno esperto o ente ne ha stabilito l’origine.

Giacomo Cavanna Giacomo Cavanna

FONTE:Logo osservatoriodifesa

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