Al via i lavori del nuovo molo crociere di La Spezia

L’appalto da 47,9 milioni di euro porterà alla realizzazione di due accosti da 393 e 339 metri di lunghezza. Adsp mantiene il riserbo sulle modalità di produzione dei cassoni

molo crociere spezia

È partita stamattina la fase esecutiva dei lavori del nuovo molo crociere del porto di La Spezia.

Ne ha dato notizia l’Autorità di sistema portuale con una nota: “Il Segretario Generale Federica Montaresi, il Responsabile del progetto, Ing. Fabrizio Simonelli e l’Ing. Davide Adreani, procuratore speciale del raggruppamento di imprese aggiudicatarie dei lavori costituita da Fincosit srl -capogruppo, Agnese costruzioni e Rcm, hanno preso parte questa mattina al sopralluogo nelle aree di Calata Paita e dato il via ai lavori con la sottoscrizione del verbale di consegna. L’ufficio della direzione dei lavori ha accertato lo stato dei luoghi e verificata la procedibilità all’esecuzione dei lavori”.

L’ente ha spiegato che “si comincerà con la bonifica bellica superficiale e profonda degli specchi acquei antistanti Calata Paita, l’avvio del piano di monitoraggio ambientale e relative attività correlate. Seguiranno le attività di consolidamento del fondale marino per poi passare alle fasi realizzative della struttura di banchina che consentirà l’approdo di navi da crociera di seconda generazione su due accosti elettrificati di 393 e 339 metri”.

L’importo del contratto di appalto è di 47.894.834,75 euro oltre a 542.461,80 euro per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso. Il progetto ha un quadro economico di spesa di 57 milioni di euro ed è cofinanziato dal fondo complementare al Pnrr per 30 Milioni di euro. La durata prevista dei lavori è stimata in 710 giorni.

“L’avvio del cantiere del nuovo molo crociere, ha commentato con soddisfazione il Presidente Mario Sommariva, costituisce una tappa fondamentale nel percorso di sviluppo del settore crocieristico per il porto della Spezia e nella trasformazione urbanistica in chiave turistico ricettiva delle aree di Calata Paita che saranno interessate dal nuovo Waterfront cittadino”.

Malgrado la reiterata richiesta di informazioni, anche attraverso procedura di accesso agli atti, resta l’incognita su alcuni dettagli delle modalità di realizzazione, dal momento che da mesi l’Adsp glissa sul punto. In particolare il contenzioso sull’appalto, che aveva condotto all’annullamento della prima aggiudicazione (a una cordata guidata da Fincantieri) e allo slittamento, quindi, dell’avvio dei lavori, aveva fatto emergere come la cordata risultata alla fine aggiudicataria avesse proposto all’ente di realizzare parte dei cassoni destinati all’opera in loco e parte a Genova, nello stesso sito in cui Fincosit avrebbe dovuto realizzare i cassoni per la nuova diga del capoluogo. Il dettaglio non è irrilevante, dal momento che come è noto questo cantiere, previsto inizialmente a Genova Pra’, ha dovuto essere spostato a Vado Ligure, con ovvio impatto in termini di tempi sull’allestimento dell’area e sull’avvio della produzione: non è chiaro quindi se e come tale circostanza possa riverberarsi anche sull’appalto spezzino.

A.M.

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FONTE:SHIPPING ITALY

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Nina Sokolova, la prima donna palombaro russa

Un bellissimo articolo da Ocean4future a cura di  Giorgio Caramanna

Nina Sokolova

Scritto da Giorgio Caramanna

Nel   1941   la   città   di   Leningrado (l’odierna San Pietroburgo) era ormai   circondata   dalle   truppe   della Wermacht. Le linee di comunicazione con Mosca erano interrotte, la cittadinanza isolata e i rifornimenti stentavano ad arrivare. La resistenza all’invasore nazista sembrava sul punto di crollare.

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L’unica via di collegamento rimasta con il resto dell’Unione Sovietica era attraverso le acque del lago Ladoga e del fiume Neva, le cui infrastrutture costiere erano oggetto di intensi attacchi da parte dei nazisti che cercavano in ogni modo di  mantenere l’assedio alla  città. La caduta di Leningrado avrebbe potuto compromettere l’intero fronte orientale e con esso il futuro della guerra in Europa.

Un   gruppo di  palombari, appartenenti ai reparti delle “Operazioni  Speciali Subacquee”, in russo Экспедиция подводных работ особого назначения (ЭПРОН – EPRON), riceve l’arduo compito di recuperare i carichi affondati nelle gelide acque del Ladoga e della Neva ed organizzare un sistema subacqueo per rimorchiare carri armati ed artiglieria lungo il fondo così da rafforzare la resistenza all’avanzata  della Wermacht.

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la bandiera del EPRON, in russo Экспедиция подводных работ особого назначения (ЭПРОН)

Il gruppo, formato da esperti palombari, sfidando il freddo, il buio e le correnti, recuperarono anche oltre 4.000 sacchi di grano preziosi per l’affamata popolazione di Leningrado. Il lavoro è stremante, sotto il continuo attacco delle forze tedesche, e le loro razioni giornaliere ridotte al minimo ovvero con circa 300 grammi di pane, qualche cereale e del grasso. Spinti dalla necessità gli uomini della EPRON riescono a trainare lungo il fondo del lago Ladoga anche una serie di cisterne ferroviarie piene di carburante.

Di fatto, nel 1941, EPRON salvò 36 navi e recuperò 74 navi affondate con un dislocamento totale di circa 25.000 tonnellate di stazza lorda. Queste unità di soccorso e salvataggio navale furono nel frattempo trasferite alla Marina sovietica (ancora sotto il nome di EPRON) ma, nel 1942, il reparto fu ribattezzato Servizio di salvataggio di emergenza della Marina (Аварийно-спасательная служба ВМФ), che divenne poi Servizio di ricerca e salvataggio di emergenza della Marina (поисково-спасательная служба ВМФ) nel 1979.

Una donna palombaro eccezionale

Tra quei palombari del 1941 vi era tuttavia un’eccezione, o meglio una donna eccezionale, Nina Sokolova.

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Nina, nata nella cittadina di Cherepovets nel 1912, era la figlia maggiore di una famiglia numerosa di origine contadina ed operaia. All’età di 19  anni si trasferì a Leningrado per frequentare l’Istituto per i Trasporti Acquatici e diventare un ingegnere. Una carriera difficile per chiunque ed una scelta estremamente inusuale all’epoca per una donna.

Terminati con successo gli studi, nel 1936, Sokolova entra a far parte dell’EPRON ottenendo un’autorizzazione speciale dal Comandante responsabile, il  Contrammiraglio   Fotiy   Krylov, per   poter   operare come palombaro, di fatto la prima donna dell’Unione Sovietica. Tra gli incarichi iniziali vi è la supervisione dei palombari impiegati nella realizzazione di infrastrutture subacquee per il porto di Sochi e successivamente per la costruzione di un pontile di sbarco a Polyarny.

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Il progetto sul Lago Ladoga

Nell’autunno del 1941 i palombari del ventisettesimo distaccamento dell’EPRON, del quale Nina è ingegnere capo, ricevono l’ordine di posare sul fondo del lago Ladoga un cavo telefonico per ristabilire le comunicazioni tra Leningrado e Mosca. I subacquei lavorano incessantemente per oltre dieci giorni ma i primi tre cavi si rompono durante le operazioni di posatura. Finalmente in un deposito si recupera un cavo rinforzato che viene adagiato sul fondale con successo; è il 30 ottobre del 1941 ed il cavo continuerà a funzionare per il resto della guerra. Leningrado ha anche un disperato bisogno di carburante e per questo motivo inizialmente i palombari dell’EPRON costruirono una linea ferroviaria sul fondo del lago Ladoga, lungo la quale vennero trainati vagoni cisterna. Le operazioni furono lente e complesse.

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Costruzione dell’oleodotto sul fondo del Lago Ladoga. Primavera 1942

A seguito di questa esperienza, e vista la crescente difficoltà nel garantire l’approvvigionamento di carburante alla città, Nina ha l’idea di posizionare un oleodotto sul fondo del lago. L’idea è assolutamente brillante ed ottiene immediata autorizzazione da parte del comando. Nel 1942 vengono compiute una serie di immersioni preliminari per identificare il percorso migliore. Finalmente nella primavera dello stesso anno iniziano i lavori di costruzione dell’oleodotto che si svilupperà per ben 21 km lungo il fondo del lago con profondità che raggiungono i 35 metri.

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I palombari, inclusa Nina, completeranno l’opera in 43 giorni. Dal giugno del 1942 al marzo del 1943 oltre 40 mila tonnellate di carburante passeranno nell’oleodotto alla completa insaputa degli assedianti. Sempre in quel periodo Nina Sokalova partecipa alle immersioni per posizionare anche un cavo elettrico sul fondo del lago, così da collegare la stazione idroelettrica di Volkhovskaya con Leningrado. Durante queste operazioni Nina rimase seriamente ferita ad un braccio e ad una spalla dal fuoco nemico. Una volta guarita ritornò in azione al fianco dei suoi compagni e, al termine dell’assedio, Nina Sokolova ricevette il grado di Colonnello.

Durante la sua carriera come palombaro Nina spenderà un totale di 644 ore in immersione e, per le azioni compiute con determinazione e coraggio,  venne insignita per due volte dell’Ordine della Stella Rossae decorata con l’Ordine della Guerra Patriottica. In ultimo venne nominata Eroe dell’Unione Sovietica.

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Ordine della Stella Rossa 

Al termine delle ostilità, a 34 anni d’età, Sokolova ottenne la posizione di professore di idraulica ed idrodinamica presso la Scuola Superiore Navale dove rimarrà sempre come insegnante fino al 1958, anno del suo pensionamento.  

Il 17 dicembre del 2001, all’età di 89 anni, Nina partì per la sua ultima immersione. Il suo nome venne inserito nell’Albo d’Oro di Leningrado ed il suo ricordo continua ad ispirare le future generazioni dei palombari russi.  

Giorgio Caramanna

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geologo (PhD) ed oceanografo, ha fondato la società di consulenza GeoAqua nel 2015 anche al fine di condividere la sua esperienza di ricercatore e subacqueo scientifico, sensibilizzando l’opinione pubblica sui principali problemi ambientali. In possesso di una notevole esperienza in idrogeologia e geochimica ed oltre quindici anni di esperienza come subacqueo scientifico in una varietà di ambienti ha condotto diverse attività di ricerca ed è stato delegato del gruppo europeo di immersioni scientifiche. Ha lavorato come ricercatore presso molte istituzioni internazionali operando in ambienti multidisciplinari con diverse università. È autore di più di cinquanta articoli ed è revisore di riviste internazionali. Attualmente lavora negli Stati Uniti collaborando come consulente al Woods Hole Oceanographic Institution. Nel 2018 ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia Internazionale di Scienze e Tecniche subacquee. Non ultimo è main reporter di OCEAN4FUTURE dagli Stati Uniti

 
 

 

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Per Wärtsilä è arrivato il momento di commercializzare il primo motore navale a 4 tempi ad ammoniaca

Raggiunto un accordo con la norvegese Viridis Bulk Carriers, emissioni ridotte del 70% rispetto a una soluzione diesel di pari dimensioni

Viridis

Il gruppo tecnologico Wärtsilä ha introdotto la prima soluzione basata su motore a 4 tempi disponibile in commercio per il carburante ad ammoniaca del settore marino.

Secondo una nota della multinazionale finlandese “la nuova soluzione consente un progresso significativo nelle operazioni di trasporto marittimo sostenibili, in un periodo in cui gli armatori sono alla ricerca di opzioni praticabili tra i carburanti verdi”.

La soluzione di ammoniaca è ora disponibile in commercio come parte della piattaforma del motore Wärtsilä 25, lanciata nel settembre 2022. Viridis Bulk Carriers, la prima compagnia di navigazione a emissioni zero al mondo, sarà il primo armatore a beneficiare della nuova soluzione con ammoniaca. La società è una partnership tra Amon Maritime, Mosvolds Rederi e Navigare Logistics. “All’inizio di questo mese, Wärtsilä e Viridis Bulk Carriers hanno firmato una lettera di intenti per la soluzione del motore ad ammoniaca Wärtsilä 25, con l’obiettivo di firmare un contratto commerciale all’inizio del 2024”.

“L’industria marittima deve ridurre in modo significativo le proprie emissioni se vogliamo riuscire a raggiungere gli obiettivi fissati nell’accordo di Parigi. L’adozione di nuove tecnologie e dell’ammoniaca come combustibile privo di carbonio è fondamentale a questo scopo” ha affermato André Risholm, membro del consiglio di amministrazione di Viridis Navi portarinfuse. “Siamo lieti di collaborare con Wärtsilä su un’altra importante pietra miliare per le nostre navi portarinfuse a corto raggio alimentate ad ammoniaca”.

Håkan Agnevall, Presidente e Ceo di Wärtsilä, ha dichiarato: “Wärtsilä è leader nel dare forma alla decarbonizzazione delle industrie marine ed energetiche. Questa soluzione leader del settore è un altro momento di punta nell’ampio programma di Wärtsilä per garantire che i futuri combustibili marini siano sostenibili e sicuri. Lavorando in collaborazione con Viridis Bulk Carriers, facciamo il passo successivo nel nostro percorso di decarbonizzazione, consentendo la transizione verso carburanti più ecologici e accelerando verso il trasporto marittimo a zero emissioni nette”.

Oltre al motore, la soluzione completa include un sistema di alimentazione del gas combustibile AmmoniaPac, il sistema di mitigazione del rilascio di ammoniaca Wärtsilä e il riduttore Wärtsilä NOx per un post-trattamento ottimale dei gas di scarico. Sicurezza ed efficienza sono al centro della progettazione della soluzione, massimizzata da un sistema di automazione altamente sofisticato e da un contratto di manutenzione per garantire operazioni di bordo sicure ed efficienti. L’adozione sicura e agevole dell’ammoniaca come nuovo carburante per i membri dell’equipaggio è ulteriormente supportata da una formazione dedicata e da un supporto globale 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

“La soluzione all’ammoniaca si basa sul collaudato sistema Gnl di Wärtsilä, dal quale abbiamo acquisito una preziosa esperienza. Il motore Wärtsilä 25 è stato progettato per una facile adozione di combustibili sostenibili e, ora, oltre alla sua precedente capacità di funzionare con diesel, Gnl, o biocarburanti gassosi o liquidi a zero emissioni di carbonio, siamo orgogliosi di aggiungere l’ammoniaca alle sue specifiche. Ciò rende Wärtsilä 25 una piattaforma di motori assolutamente a prova di futuro, che combina l’efficienza operativa con la sostenibilità ambientale” ha aggiunto Roger Holm, presidente della divisione Marine Power di Wärtsilä.

L’ammoniaca sostenibile è uno dei principali candidati nella ricerca da parte del settore marittimo di carburanti puliti alternativi. “Questa nuova soluzione Wärtsilä 25 Ammonia può ridurre immediatamente le emissioni di gas serra di oltre il 70%, rispetto a una soluzione diesel di dimensioni simili, raggiungendo gli attuali obiettivi dell’Ue fino al 2050 e addirittura superando l’obiettivo Imo per il 2040” conclude la nota.

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FONTE: SHIPPING ITALY

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Carmagnola 2023, Varato il Gruppo Navy Social dell'Associazione I Delfini ODV

Bellissima iniziativa a Carmagnola (TO) da parte della locale sezione ANMI ed del Museo Civico Navale 

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I  tre giovani...: Lidia Bergia, al primo anno al politecnico di Milano, Federico Lusso, 5 anno liceo scientifico scienze applicate di Carmagnola, William Di Giugno 1 anno università Scienze politiche di Torino.... con il Presidente Giuseppe Di Giugno

 

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Varato il Gruppo Navy Social dell'Associazione I Delfini ODV a cui l'Anmi di Carmagnola e il Museo Civico Navale di Carmagnola hanno affidato la creazione e la cura di tutte le pagine Social  I Marinai di Carmagnola, I Delfini, il Comac e il Museo grazie al lavoro e al "cuore" di questi ragazzi navigheranno a vele spiegate nel grande mare di internet...

In queste settimane il Gruppo creato dall'Associazione I Delfini ODV lavorerà alla creazione delle pagine Social (Facebook/Istagramm/Tik Tok ) in primis dei Delfini... scadenza domenica 3 dicembre 2023 in cui saremo in tutti e tre i canali pienamente operativi. Naturalmente come da tradizione dei Delfini (che da più di vent'anni effettuano opera di volontariato per il Museo Navale, per la città di Carmagnola, e per il Comac...) a questa squadra di operativi della rete appunto i nostri Navy Social... Il Museo Navale e Il Gruppo Anmi di Carmagnola hanno deciso di affidare la creazione o la cura di tutti i propri canali Social... Questo permetterà da un lato una nuova gestione fresca e dal taglio decisamente innovativo.... (tutti e tre i ragazzi sono nati dopo il 2000 e quindi nativi digitali) per canale Facebook del Museo e dell'Anmi di Carmagnola... D'altra parte ci consentirà di lanciarci su due nuovi Social TikTok e Istagramm per raggiungere una fascia d'età più giovane e riuscire a raggiungere il maggior numero di persone possibili.... Naturalmente come da tradizione il taglio che daremo a tutta la comunicazione sarà parecchio innovativo... cercando di cavalcare (insieme a questi tre giovani) l'aspetto arrembante che da sempre contraddistingue tutte le iniziative dei Marinai di Carmagnola...

Dove puntiamo??? Entro i prossimi tre anni avere i numeri più alti a Carmagnola  e con questo incentivare l'accesso nella nostra città di tanti turisti e curiosi... poi chi lo sa? L'appetito vien mangiando...

Il prossimo 3 Dicembre (festa di Santa Barbara a Carmacity) presenteremo e festeggeremo insieme alle autorità cittadine e tantissimi marinai questi ragazzi e l'inizio della nuova avventura nel grande mare di internet...

A nome di tutti I Marinai auguro a loro buon lavoro e a tutti voi prometto presto tutti i riferimenti del caso... un abbraccio Giuseppe Di Giugno 

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La tradizione dell’orecchino nelle antiche marinerie

Approfondimento sull'argomento a cura di Paolo Giannetti su Ocean4future

Orecchini corto maltese

Leggendo vari testi e consultando il web, capita di imbattersi nelle più svariate teorie sul perché i marinai, nel passato, indossassero gli orecchini. Secondo le usanze della vecchia marineria, per qualsiasi pirata, l’orecchino, insieme alla benda e alla bandana, costituiva un ‘accessorio’ fondamentale perché si credeva portasse fortuna e lo proteggesse dall’annegamento oltre che … tener lontano lo scorbuto. L’uso dell’orecchino per i naviganti si diffuse in Inghilterra nella seconda metà del ‘500 quando, attraverso le rotte per l’Asia, i marinai europei conobbero pratiche come il ‘body piercing’ e l’agopuntura (con le relative mappe dei punti di pressione).

Attraverso questi contatti multi etnici questi viaggiatori, non sempre di grande cultura, assimilarono conoscenze di altri popoli, spesso senza comprenderne il valore. Fu così però che si diffusero nel vecchio continente nuove usanze ma anche superstizioni orientali ed africane.

L’orecchino (in oro) rappresentava il loro tesoro
Se fossero morti in navigazione e gettati in mare, i marinai avrebbero trovato la pace nell’aldilà solo se il loro corpo fosse poi seppellito a terra. L’orecchino rappresentava quindi la ricompensa per chi, trovato il loro cadavere restituito dal mare, si fosse poi occupato della loro sepoltura. Alcuni vi incidevano addirittura il nome della loro città natale (come si usa nelle piastrine dei militari) per far si che potessero essere sepolti in patria. Altri, per assicurarsi una degna sepoltura, portavano delle monete nella cintura.

Una delle tante superstizioni era non fischiare a bordo (in quanto ispiratrice di tempeste), avere un tatuaggio (chissà perché di buon augurio) o lanciare un paio di scarpe fuori bordo subito dopo il varo di una barca. Al di là della superstizione si pensava che il buco all’orecchio potesse migliorare la vista, fondamentale in mare per individuare scogli pericolosi e vascelli nemici. Una cosa curiosa se pensate che gli agopunturisti di oggi utilizzano i punti di pressione sui lobi delle orecchie proprio per la cura dei problemi di vista. Una conoscenza forse appresa nei lunghi viaggi oltreoceano?

Lupi di mare
Secondo alcune versioni, i marinai portavano un solo orecchino d’oro, mentre secondo altre, ne portavano più di uno in ricordo di navigazioni importanti, come l’attraversamento dell’Equatore o il doppiaggio di Capo Horn. In quest’ultimo caso, se il passaggio era avvenuto da Ovest verso Est, si forava l’orecchio sinistro (quello rivolto verso il Capo), mentre il destro si forava per il passaggio da Est verso Ovest (assai più arduo contro venti e correnti predominanti).

sailing ship scaled

La nave Garthsneid al largo di Capo Horn durante una tempesta, 1919 – Fonte VPL Numero di accesso VPL: 3194 – Autore Frank Leonard Home | Vancouver Public Library (vpl.ca)(125) Pinterest

Il massimo numero di orecchini era quattro, due per lobo, e venivano indossati dopo aver doppiato ciascuno dei seguenti quattro Capi geografici: 

– Capo Horn (Sud America)
– Capo di Buona Speranza (Sud Africa)
– Capo Finisterre (Spagna del nord)
– Capo Leuween (Australia). 

In altre parole, più orecchini venivano sfoggiati più si dimostrava di essere un “Lupo di Mare”, così da incutere timore ed ottenere rispetto dai subalterni … oltre che per darsi un’aria furbesca.

The Guardian frigate commanded by Lieutenant Riou Carington Bowles 1790 Walpole

The Guardian frigate, comandata dal Lieutenant Riou, Carington Bowles, 1790, Walpole

Si legge, inoltre, che “i marinai omosessuali dichiaravano la loro disponibilità a rapporti al resto dell’equipaggio con l’orecchino indossato sul lobo destro“. Ma su questo ci sono molti dubbi.

Sulla presunta omosessualità dei marinai si è spesso ricamato. In un articolo pubblicato su British Tars, l’autore Kyle Dalton sostiene che, almeno in ambito anglosassone, si tratti dell’ennesima fake news, ovvero le notizie riportate sui testi dell’epoca non accalorano la tesi di una vasta omosessualità tra i marinai. A tal riguardo, Rodger sostenne nel suo libro The Wooden World: An Anatomy of the Georgian Navy che gli atti di omosessualità non erano così comuni nella metà del XVIII secolo come molti presumono, sottolineando che “Sembra che ci siano stati solo undici tribunali marziale per la sodomia durante la guerra [Sette anni’], di cui quattro hanno portato ad assoluzioni, e sette condanne con minore accusa di indecenza o ‘impurità”. Questa non sembra una cifra straordinariamente grande per una popolazione marittima che contava all’epoca dai settanta agli ottantamila marinai. Va specificato che il termine “omosessuale” andrebbe riferito alle inclinazioni e agli atti, piuttosto che definire i marinai stessi. Secondo dicerie nate intorno alla Royal Navy la mancanza di accesso alle donne diede origine all’omosessualità, in quanto nel XVIII secolo la vita a bordo, esclusivamente maschile, poteva far pensare di volersi accontentare in tal senso. In realtà anche il minimo sospetto era punito severamente, anche con la morte.  Gli articoli del codice di guerra della Royal Navy del 1749 erano molto chiari in materia e non davano spazio al clemenza: “Pena per chi commette Sodomia. XXIX. Se una persona della Flotta commette l’innaturale e detestabile Peccato di Sodomia (Buggery) con l’Uomo o la Bestia, sarà punito con la Morte con la sentenza di una Corte marziale. “.   

codice in mare punizioni royal navy

In un famoso romanzo erotico del XVIII secolo, Fanny Hill di John ClelandMemorie di una donna di piacereviene descritta un scena esplicita tra l’allegra prostituta Fanny ed un marinaio. Fanny accetta l’offerta del marinaio di unirsi in una taverna, e lì fanno l’atto “con un impetuosismo e desiderio, allevati molto probabilmente da un lungo digiuno in mare“. Cleland (non dimentichiamo che si trattava di un libretto erotico) descrive i vari convenevoli, sottolineandoli con colorite metafore navali. Ad un certo punto, Fanny racconta: “È caduto direttamente a bordo di me” e quando “non stava andando alla porta giusta, e bussando disperatamente a quella sbagliata, gli ho detto di esso: “Pooh!“, e lui rispose ‘mia cara, qualsiasi porto in una tempesta‘”. Il racconto è satirico ed attinge all’impressione popolare che i marinai, nei lunghi viaggi fossero dediti all’omosessualità. In realtà non ci sono prove che essa fosse praticata a bordo più che a terra. E l’orecchino del marinaio indossato con orgoglio dai marinai, era soltanto un vanto per aver solcato tanti mari. Nota della redazione

Qualunque sia la verità, gli orecchini dei marinai erano sempre a forma di anello per testimoniare, infine, il loro sposalizio con il mare!

Cieli sereni

Paolo Giannetti

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Entrato in Accademia nel 1977, ha prestato servizio e comandato numerose unità navali, specializzandosi nel tempo in Idrografia (Idrographic Surveyor di categoria “A” ) e Oceanografia con un Master presso la Naval Postgraduate School di Monterey, California. Appassionato divulgatore ha creato Capitan Bitta, detto il “Gianbibbiena, un personaggio immaginario che racconta con brevi scritti curiosità di nautica, meteorologia e astronomia

 

FONTE: OCEAN4FUTURE

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