Pubblicato in News dalla Marina Militare .

La scomparsa dell’esperto militare dimenticata da 15 anni in archivio

Davide Cervia, abilissimo conoscitore dei sistemi d’arma impiegati dalla Marina

Davide CerviaEra un uomo dalle mani d’oro, Davide Cervia. Gli piaceva creare: un piano di guerra elettronica come un piatto di ravioli. Era anche un militare attraente innamorato della sua vita: di sua moglie Marisa Gentile e dei suoi figli Erika e Daniele. Era stato proprio per loro che aveva rinunciato alla sua brillante carriera interrompendola per ritirarsi in una graziosa villetta di via Colle dei Marmi a Velletri, a coltivare l’orto, a seguire i suoi bambini. Nuova vita, nuovo lavoro, anche, in una ditta che produceva componenti elettronici. L’aveva voluta quella vita agreste, sebbene avesse un temperamento geniale e fosse conosciuto come uno dei massimi esperti in guerre elettroniche. Nato a San Remo nel 1959, dopo il diploma di perito elettrotecnico si era arruolato volontario come sottufficiale degli addetti agli armamenti tecnologici della Fregata missilistica Maestrale. Nel 1980, inoltre, aveva frequentato il corso di specializzazione che lo aveva qualificato esperto in guerra elettronica con la sigla ETE/GE. Era un abilissimo conoscitore dei sistemi d’arma impiegati dalla Marina militare, tra cui l’Otomat, venduto in 1.000 esemplari anche a Iraq e Libia. La famiglia ignorava le competenze specifiche di Cervia, evidentemente coperte da un segreto militare che lui rispettava. Nel 1984 si era infine congedato perché la vita militare lo allontanava dalla famiglia e le sue priorità, rispetto alle ambizioni giovanili, erano cambiate. In quella villetta orlata dai vigneti, nel silenzio della campagna romana, sognava di crescere i propri figli. Senza immaginare (o forse si che lo immaginava) di essere soggetto troppo prezioso per paesi come l’Iraq, la Libia, l’Iran e l’Arabia Saudita, quando era appena iniziata la guerra del Golfo ed un esperto di guerre elettroniche poteva far comodo. Di più: era indispensabile.

ATTESO A CASA NON TORNA PIÙ

È il 12 settembre ’90, un pomeriggio soleggiato che guarda al tramonto con garbo. Davide Cervia è atteso dalla famiglia alle 17,30, come ogni giorno. Lui finiva il lavoro, tornava a casa, si dilettava in lavori manuali o nelle ricette liguri che amava preparare. Da un mese sembrava teso, aveva acquistato un fucile dicendo che gli serviva per banalità. Pochi giorni prima un corto circuito aveva rischiato di incendiare la sua auto, una Golf. La moglie, in quell’occasione, l’aveva visto piangere. Per la prima volta. E sempre in quel periodo, aveva scoperto un buco nella recinzione di casa. Qualunque preoccupazione avesse, non l’aveva condivisa con i familiari. Quel pomeriggio lo aspettava la figlia Erika, voleva fargli vedere come era riuscita ad andare in bici, ma Davide non fece ritorno a casa. La moglie, insieme al padre, va cercarlo. Batte la strada che arriva ad Albano, quella che percorre di solito il marito. Niente. Di lui non vi è traccia. Il giorno dopo viene denunciata la sua scomparsa: la foto di Davide viene perduta, non viene presa la targa dell’auto. Inciampi, si dirà. Il tempo corre inesorabilmente e 4 mesi dopo il suo nome compare nella lista passeggeri del volo Parigi-Il Cairo, biglietto prenotato dal Ministero degli esteri francesi. Si tratta di un’omonimia, verrà detto ai familiari. Ufficialmente si parla di un allontanamento volontario, magari Cervia aveva un’altra donna, di cui però non v’è traccia. La sua vita coniugale è senza ombra. Gli eventi si accavallano come nella peggiore delle spy story. Tre testimoni riferiscono di un rapimento dell’uomo avvenuto davanti alla sua abitazione. Una macchina verde lo ha prelevato mentre lui gridava aiuto, uno dei rapitori (un biondino) si è messo alla guida della Golf. Le due automobili sono sfrecciate a gran velocità allontanandosi da via Colle dei Marmi. A fornire queste rivelazioni è un vicino di casa, oggi purtroppo deceduto. Un autista dell’Acotral aggiungerà di aver visto le due auto e in una di queste, due uomini sul sedile posteriore cercare di nascondere il corpo di un terzo. Il tre gennaio 1991, alla moglie di Cervia arriva un misterioso biglietto d’auguri di Natale, che contiene la spiegazione di quanto successo: suo marito, un «Ge» (tecnico di armi elettroniche) è stato rapito. Ma le missive senza mittente si susseguono: chi dice che sia morto in un bombardamento a Bagdad, chi assicura alla famiglia dello scomparso che egli sia prigioniero in Arabia Saudita. E un anno dopo, in via Somalia a Roma, viene ritrovata la Golf del militare. Qualcuno dirà di aver visto un biondino parcheggiarla in quella strada. Tutto è in ordine nell’automobile: sul sedile del passeggero c’è ancora, rinsecchito, il mazzo di fiori che ha comprato alla moglie per il loro anniversario. Aveva fatto di più Davide: aveva consegnato una foto del loro matrimonio a un fotografo per farne un quadro. Non sono questi i gesti di un uomo che voglia scappare dalla famiglia come un sedicente amico va a dire in televisione, per poi svelare che quel che ha detto è un cumulo di menzogne. No, la sparizione volontaria non appare plausibile.

LE PISTE SEGUITE

La Procura generale presso la Corte d’appello di Roma, pur confermando il rapimento, il 5 aprile 2000 archivia il fascicolo, rassegnandosi all’impossibilità di individuare i colpevoli. Una delle piste seguite portava alla Russia, e sembrava legarsi al furto di tecnologie militari e alla vendita di tali segreti al KGB. Nel 2012 la famiglia, dopo essere stata inondata di messaggi intimidatori tra cui un attentato nell’ambito del quale è stata fatta esplodere la finestra di una dependance della villa di Velletri, darà vita a una causa civile contro il ministero della Difesa italiana. «Non vogliamo risarcimenti perché nessuno ci ridarà Davide, ma almeno ottenere giustizia». I figli sono cresciuti, la moglie del militare ha dovuto patire l’assenza del marito, il dolore suo e dei figli e la paura. E, ancora di più, ha dovuto affrontare l’incertezza, che permea di ombre qualunque scomparsa, specie questa che a distanza di venticinque anni, non ha prodotto nulla, fuorché ulteriori dubbi. Un mistero che difficilmente sarà svelato.

Angela Di Pietro

FONTE: Logo Tempo

News Marina Militare,, Davide Cervia

Su questo sito usiamo i cookies. Navigandolo accetti.