La vita comincia a 40 anni anche per la portaerei Garibaldi, ora di base a Taranto
Tra le ipotesi di futuro impiego della nave quello di piattaforma per il lancio dei satelliti
Tra le ipotesi di impiego ce n’è una davvero avveniristica: il progetto «Simona», acronimo di «SIstema di Messa in Orbita da piattaforma Navale». La portaerei, al termine della sua vita operativa (che non si è ancora esaurita) e in base agli esiti del progetto «Simona» potrebbe essere riconfigurata come piattaforma, appunto, per il lancio di satelliti civili e militari. Il programma, ancora in fase di studio, sarebbe da realizzare con fondi europei e potrebbe essere destinato ad utenti sia italiani, sia europei, sia della Nato e sia in ambito civile che militare. Ma per il momento, al netto di uno studio di fattibilità finanziato dalla Difesa, non c’è nulla di concreto. Quello che si sa, è che nei prossimi anni, il Garibaldi verrà sostituito dall’unità anfibia Trieste nel ruolo di unità comando e piattaforma aerea per operazioni anfibie, in concomitanza con il ritiro degli ultimi aerei a decollo verticale AV-8B Harrier dal servizio e della contemporanea operatività dei nuovi F-35B. Ma, in considerazione del valore dell’unità e della sua vita residua, la portaerei non verrà smantellata. Piuttosto per lei si cercherà un nuovo impiego. Un’altra ipotesi per il futuro del Garibaldi è la sua trasformazione in una unità porta-droni, per le operazioni civili e militari di sperimentazione in ambito marittimo di velivoli senza pilota che necessitano di un ponte di volo relativamente lungo per il decollo e l’appontaggio. Infine, la terza e più affascinante ipotesi, è quella del museo navale. Più volte se n’è parlato. Ma per ora non esiste nessuna proposta concreta e nessun ente o istituzione si è fatto avanti con un progetto di riuso a fini museali della nave. Tanta carne a cuocere, insomma e, per il momento, niente di definitivo. La Gazzetta ha incontrato il comandante del Garibaldi, il capitano di vascello Sebastiano Rossitto, tarantino, per scoprire cosa c’è nel futuro di questa nave che ha segnato la storia dell’Italia e di Taranto. È lui che il 15 novembre scorso, ha condotto con maestria e abilità non comuni la grande portaerei nel canale navigabile di Taranto permettendo l’ingresso della nave in Mar Piccolo.
Comandante, partiamo dall’attualità. Cosa accade in queste settimane alla sua nave?
«L’incrociatore portaeromobili Giuseppe Garibaldi da diversi anni è sede di comando della Task Force Anfibia. E questo grazie agli interventi strutturali che le maestranze dell’Arsenale di Taranto hanno realizzato tra il 2013 e il 2014, ampliando le aree dedicate al lavoro degli staff imbarcati. L’unità, inoltre, grazie alla sua caratteristica di “nave tuttoponte” si è rivelata particolarmente indicata, in questi anni, per l’assolvimento del ruolo di unità di assalto anfibio con l’impiego degli elicotteri che qui possiamo imbarcare a supporto della Brigata Marina San Marco. Oggi la nave si trova nuovamente in sosta per i lavori, nelle sapienti mani degli operai di questo Arsenale e di quelli dell’indotto navalmeccanico che opera a Taranto, per eseguire gli interventi manutentivi sui principali sistemi di bordo volti a ripristinare, nel minor tempo possibile, il pieno stato di efficienza necessario per assolvere i prossimi incarichi operativi in programma».
Il Garibaldi viaggia verso i 40 anni di attività. Una ricorrenza importante per un’unità che ha cambiato la storia della Marina e anche un po’ quella di Taranto, la base militare che dal 1985 la ospita.
«Nave Garibaldi ha davvero scritto pagine indelebili e fondamentali della storia contemporanea della Marina Militare. Ha preso parte alle principali missioni operative che la Marina è stata chiamata ad assolvere, basti citare la missione in Somalia del 25° Gruppo Navale nel 1994, l’operazione «Enduring Freedom» avviata proprio qui da Taranto tra il 2001 e il 2022 dopo l’attacco alle torri gemelle e ancora, l’operazione «Unified Protector» davanti alle coste libiche nel 2011, nonché l’operazione «Sophia» a cavallo tra il 2016 e il 2017. A fronte di un trascorso così importante e significativo, l’unità ha ancora davanti importanti traguardi operativi da conseguire che ne confermeranno, anche nei prossimi anni, la centralità nell’organizzazione della Squadra navale; in particolare, già nella seconda metà del 2023 è in programma un intenso ciclo di addestramento e, per tutto il 2024, il Garibaldi sarà la nave di bandiera della «Nato Response Force», la forza di reazione rapida dell’Alleanza, con la possibilità di prendere parte, come già avvenuto a febbraio di quest’anno, alla esercitazione anfibia «Cold Response», nel mare del Nord e Mar di Norvegia. La pensione è ancora ben lontana, quindi».
La sagoma del Garibaldi, dal 1985 fa un po’ parte dello skyline di Taranto. Da circa 40 anni è nave tarantina. Che rapporto ha con la città? Lo scorso 15 novembre, quando Lei ha condotto l’unità in Mar Piccolo, sul lungomare c’era la folla delle grandi occasioni. Che effetto fa?
«Anche quella manovra è stata una “prima volta” nella storia di nave Garibaldi: siamo passati senza assistenza alcuna da parte dei rimorchiatori. Per me, come marinaio e come comandante è stata una grande emozione e motivo di soddisfazione professionale nonché di orgoglio per il mio equipaggio che ha reso possibile l’impresa. E sono contento di aver regalato alla bellissima città di Taranto, per la quale il transito delle navi della Marina attraverso il canale navigabile non è certo una novità, una piccola emozione».
Lei parla anche da tarantino?
«Taranto è la città che mi ha accolto ed adottato quando, appena bambino, vi sono giunto al seguito di mio padre, ufficiale medico della Marina, che ha poi svolto tutto il suo servizio attivo presso l’Ospedale militare. È quindi la mia città, che ho lasciato solo quando sono partito per l’Accademia Navale di Livorno, dopo aver conseguito la maturità classica presso il Liceo Archita. Mi sono innamorato della Marina da ragazzo osservando, dalla ringhiera del lungomare, le navi alla fonda in Mar Grande: le loro sagome, affusolate mi parlavano di avventure che avrei voluto vivere, un giorno. Proprio in questi giorni è possibile presentare le domande per il concorso in Accademia Navale. Chissà che qualche ragazzo non possa trovare utile le mie riflessioni. Nave Garibaldi, in particolare, se posso richiamare un evento personale, è stata l’ultima nave su cui è stato imbarcato mio padre, ai tempi del 25° Gruppo Navale che aveva il compito di recuperare tutto il contingente italiano a quel tempo schierato il Somalia. Esserne il comandante oggi, ha per me un significato unico: non solo una grande soddisfazione professionale, ed al contempo una entusiasmante sfida a fare sempre meglio, ma anche il simbolico coronamento dei sogni di gioventù».