Galizia, onde e silenzi: dormire in un faro sulla Costa della Morte

Ci sono quattro strutture trasformate in “emotional hotel” nella regione della Spagna settentrionale. Noi siamo andati a provare quello di Finisterre e abbiamo inaugurato quello di Lariño. Ecco che cosa sapere

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FABIO POZZO

La Costa della Morte della Galizia, a NordOvest della Spagna, a dispetto del nome, non è poi così terribile. Certo, dipende dalle condizioni meteorologiche e, soprattutto, se in un giorno di tempesta si sta al calduccio a terra oppure si è in mare, a combattere contro le onde. Il nome viene dai tanti naufragi che sono avvenuti davanti alle sue rocce, circa mille quelli documentati: un rischio che dai 25 galeoni dell’Armada colati a picco nel 1596 alla nave scuola inglese Serpent sfracellatasi nel 1890 sulla scogliera di Punta do Boi (172 morti, solo 3 superstiti) alla petroliera Prestige (2002) è cresciuto con l’incremento del traffico marittimo.

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Il faro di Finisterre: oltre l'orizzonte l'America

Noi ci arriviamo in auto da Santiago de Compostela (volo diretto Ryanair da Bergamo Orio al Serio), sbuchiamo sull’Atlantico a Noia, proseguiamo sino a Muros sulla Ac-550 costeggiando l’omonima  ría e quindi entriamo ufficialmente nell’area della Costa della Morte traguardando il faro di Lariño, presso il quale torneremo. Ma la nostra meta, adesso, è Finisterre o Fisterra in gallego. Il promontorio che si erge sull’Oceano dagli isolotti di O Petonciño e di A Centola fino al monte di O Facho (242 m) dove sembra fosse ubicata l'Ara Solis, l'altare per la celebrazione dei riti al sole e che per i romani segnava la fine del mondo conosciuto. In verità, non è il lembo più occidentale della Spagna (Cabo da Nava), né quello della penisola iberica (Cabo da Roca, in Portogallo), ma è sicuramente il più suggestivo e mistico.

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Alla fine del mondo

Finisterre è legato infatti al Cammino di Santiago: qui, per alcuni, dovrebbe finire il pellegrinaggio, prolungandolo di un’altra ottantina di chilometri dalla Cattedrale di Santiago. C’è il cippo, poco prima del faro, che segna il km 0,00; c’è l’usanza - oggi proibita - di bruciare le scarpe o un indumento indossato nel Cammino; c’è il tramonto (intorno alle 22.30 a luglio) con il sole che si tuffa su un orizzonte dietro il quale c’è solo l’Oceano e poi l’America. I pellegrini possono fermarsi qui, e ottenere la Fisterrana, il documento che certifica questa ulteriore tratta, oppure proseguire ancora per altri 30 chilometri circa sino a  Muxia e la sua chiesa della Virxe da Barca - un altro luogo mistico - per ottenere anche la certificazione della Muxiana.

Il nostro viaggio verso Finisterre non è inizialmente allietato dal sole. E’ grigio, pioviggina, c’è vento e fa freddo (maglione di lana, giacca a vento nella prima settimana di luglio). La strada è pressoché sgombra, i villaggi che attraversiamo sono deserti, molti negozi ed esercizi chiusi e tanti edifici abbandonati o lasciati a metà. Ci racconterà l’artista Nacho Porto, che ha il suo laboratorio-atelier di ceramiche a Carnota, che le incompiute sono dovute anche all’effetto della bolla immobiliare gonfiata, anni fa ormai, dai mutui facili, che anche in Galizia è scoppiata, anche se con meno impatto rispetto alle coste spagnole mediterranee

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Nella taverna "A Galeria" con il titolare Roberto Traba Velay a Finisterre

L’Ali Baba delle taverne

Finisterre, il paese, merita una tappa. Gabbiani, barche da pesca, mercato all’ingrosso del pesce (c’è un’asta che vale la pena di seguire), case abbarbicate l’una sull’altra, alcune vie dai nomi suggestivi come quello della Rua dos Naufragos, una strada pedonale interna con negozietti e bar. Ne segnalo due. Anzitutto, la taverna “A Galeria” di Roberto Traba Velay, imperdibile, in Rua Real 31. Lui è un personaggio molto personaggio: cappello, orecchino, folti pizzetto e baffi. E’ uno scrittore, è un testimone di Finisterre, dove da 22 anni gestisce il locale. Passano tanti di qui e tutti lasciano qualcosa: così, appeso al soffitto, sulle bacheche sistemate sulle pareti, c’è tutto e di più: pietre provenienti da ogni parte del mondo, sabbia di ogni spiaggia del globo, libri, bandiere, gagliardetti. Una miscellanea incredibile, colorata, allegra. “Ogni pezzo ha una storia”, dice il titolare.

Il secondo luogo in cui entrare è una sorta di ferramenta che si affaccia su Praza da Costitucion, dove si può trovare una buona offerta di oggettistica varia. Valgono la pena i manufatti di Artesfer (artesfer.com), una azienda di Mont-ras (Gerona) fondata nel 1966 dall’artigiano Esteban Ferrer Rosselló che ha un catalogo infinito di oggetti legati al mare, dai capodogli realizzati a mano in legno alle classiche statuette dei capitani e marinai. Nulla di particolarmente costoso, alcuni pezzi davvero notevoli.

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Il cippo che segna il Km 0.00 del Cammino di Santiago e sullo sfondo il faro di Finisterre

Il tramonto vince la nebbia

Si sale verso la sommità del promontorio, tra il bosco e lo strapiombo sull’orizzonte. La strada è perfetta, molto ben tenuta. Non è un caso se Finisterre è il secondo luogo più visitato della Galicia, dopo Santiago de Compostela. Piove, tira vento quando vi arriviamo, durante il pomeriggio. Ci fermiamo sulla spianata, che è intitolata a Stephen Hawking (c’è una targa con le sue parole, lasciate nel settembre 2008 - I enjoied my trip to the end of the world, such a beautiful place), si alza una lieve nebbia. L’Oceano è grigio, le raffiche sferzano l’auto. C’è un’enorme croce in pietra, erta su un blocco di granito che guarda al mare, c’è un piccolo prefabbricato di legno, con i classici souvenir (non vanno disprezzati, anche una calamita da appendere al frigo può essere un bel ricordo), la strada continua per chi è cliente dell’hotel, mentre si ferma per tutti gli altri.

Posteggiamo, proseguiamo a piedi. Verde, quasi di brughiera, il cippo con la conchiglia simbolo del Cammino e la dicitura “0,00 Km” che qualcosa dice, l’orizzonte che sembra infinito e poi due edifici. Il primo è il Semáforo, il secondo è il Faro con la torre e la lanterna che si stacca dalla casa che fu del guardiano e che rimane leggermente più in basso rispetto al primo. Noi saliamo al Semáforo, che ospita l’hotel, lungo una breve scalinata in pietra. “Dove il silenzio nasconde più delle parole”, la scritta di benvenuto. La statua di un delfino, il palo con i cartelli a freccia che indicano la distanza delle principali località del mondo e quindi il piccolo albergo, inaugurato nel 2000 dopo i lavori di ripristino su progetto dell’architetto Cesar Portela e finanziato da una società privata che fa capo a Jesus Picallo, un imprenditore gallego, di Carnota, che ha investito anche nel faro di Lariño, di cui poi vi dirò.

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L'Hotel Semaforo di Finisterre: due soli tavoli del ristorante nella veranda

Attenzione, perché questo è davvero un consiglio sincero. Non perdetevi, se potete, una notte all’Hotel O Semáforo de Fisterra. Anzitutto, perché è molto bello, si mangia bene e poi perché è davvero qualcosa di magico. Bisogna aspettare che se ne vadano i turisti e pellegrini, con l’avanzare della sera. Attendere che si faccia silenzio e che si senta solo il rumore delle onde e del vento, per comprendere appieno il suo fascino.

Dove il silenzio parla più delle parole

L’edificio, costruito nel 1879 al fine di emettere segnali per la Marina militare, si aggiunge al faro di prima classe, realizzato nel 1853 e alto 17 metri (la lanterna è 138 metri sul livello del mare, ha un raggio di luce che raggiunge le 31 miglia ed emette un flash ogni 5 secondi) e alla Vaca de Fisterra, una Sirena realizzata nel 1899 dall’architetto Ángel García del Hoyo per avvisare gli equipaggi delle navi in transito con suoni anti-nebbia dalla portata di 25 miglia (oggi non in funzione)

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Hotel Semaforo di Finisterre: la sala lettura sul blu.

L’Hotel O Semáforo ha sei camere, non enormi, arredate con stile marinaro-minimal, molto pulite e dai servizi moderni di un hotel-boutique. Sono ubicate ai piani superiori, rispetto alla reception e alla piccola sala ristorante, quest’ultima con una “galeria”, una veranda impagabile, e ciò le separa e le isola ulteriormente dal resto della struttura. La sala colazione è una sorta di passerella circolare ricavata sopra il bar del piano sottostante, ci si siede davanti alle finestre - due sedie per ciascuna - che guardano al blu. Ad anticipare questa sorta di “mirador” c’è una piccola saletta da lettura, con due poltroncine e un’altra veduta mozzafiato.

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Una camera dell'Hotel Semaforo di Finisterre

E poi, appunto, lo spettacolo del tramonto. Siamo stati fortunati, perché all’ora di cena (abbiamo scelto dalla carta le immancabili croquetas di cocho/seppia e di gambas/gamberi e un ottimo arroz caldoso, la versione gallega della paella, più brodoso; una cinquantina di euro incluso il dolce in due; menu e prezzi sono sul sito hotelsemaforodefisterra.com) il meteo ha detto bello: il cielo si è rasserenato, il vento si è chetato, la linea dell’orizzonte è diventata più blu e noi, che abbiamo cenato nella veranda (ci sono solo due tavoli, eravamo soli), ci siamo goduti il sole fino a che non si è inabissato di fronte a noi. L’indomani, la visita al faro, le foto ricordo sulla scogliera e l’ultimo sguardo idealmente verso l’America.

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Il tramonto visto dall'Hotel Semaforo di Finisterre

Altri due fari “e mezzo”

Ci sono altri due fari e potremmo dire “mezzo” dove si può dormire in Galizia. Uno si erge sulla sommità dell’isoletta (collegata alla terraferma da un ponticello) di Pancha, a Ribadeo, dunque al di fuori della Costa della Morte, vicino alla Praia das Catedrais, la spettacolare spiaggia con le imponenti formazioni rocciose plasmate dal vento che si possono visitare solo con la bassa mare e a numero chiuso. E’ in provincia di Lugo e s’affaccia sul mare Cantabrico dalla costa settentrionale della Galizia (ne riparleremo): qui ci sono due appartamentini per 4 persone ciascuno e il prezzo è di 400 euro l’uno, in alta stagione.

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Il faro con alloggi dell'isola della Plancha

Il secondo albergo. L’Hotel Semáforo de Bares, è ricavato in un antico edificio per le segnalazioni militari diurne, con bandiere. Dunque, niente luce di notte e niente segnalazioni con la nebbia. Qui siamo a Santa Maria de Bares, nel comune di Mañón, sopra il porticciolo di Bares e al cospetto del Faro (questo, vero) di Cabo Estaca de Bares, punta quest’ultima che si contende con il non lontano Cabo Ortegal (altro faro da vedere) la palma di spartiacque tra l’Atlantico e il Mar Cantabrico. Due camere, di cui una suite (250 euro a luglio) sono nell’edificio principale, altre tre nella Galeria adiacente. La vista è spettacolare, l’albergo è sospeso nell’azzurro del cielo, al termine di una strada che sale tra i boschi, l’orizzonte è sempre lì a segnare lo sguardo, il silenzio concilia il riposo (manca solo il rumore del mare, perché la struttura è a 210 metri dal livello del blu), il giardino-mirador è curatissimo.

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L'Hotel Semaforo de Bares

Noi abbiamo visto entrambi, dall’esterno. Abbiamo anche provato a prenotare una camera all’Hotel  Semáforo de Bares, ma non c’era posto. Una dritta: doveste scrivere al gestore, sappiate che non ama la lingua inglese, meglio lo spagnolo, il gallego o l’italiano. Una lingua latina, insomma.

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Il faro di  Lariño a Carnota

Ancora sulla Costa della Morte

Siamo riusciti invece a trovare posto all’Hotel Faro Lariño, un altro hotel-boutique ricavato da un faro ottenuto in concessione dal signor Picallo. E’ a Carnota, da dove comincia la Costa della Morte a Sud, lungo la strada che porta alla vicina Muros. Abbiamo avuto la camera numero 6 e siamo stati i primi clienti, perché siamo arrivati nel giorno dell’inaugurazione. Qui il mare è proprio a due passi, si sente di continuo e accompagna la notte. Il faro si staglia sull’Oceano dalla punta di Lariño ed è anche conosciuto come Faro de Punta Insua. E’ un ampio edificio di pietra intonacata di bianco, realizzato tra il 1913 e il 1921, sul quale si leva la torre della lanterna, alta 14 metri che emette un lampo di luce bianca visibile sino a 20 miglia.

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Una camera dell'Hotel faro di  Lariño

L’hotel - anzi l’emotional hotel come lo chiama l’imprenditore che lo ha avuto in concessione e ristrutturato con l’architetto Ramon Garcia - ha 9 camere, tutte molto minimal e d’effetto ricavate dove sino agli Anni Ottanta abitavano i due guardiani con le famiglie. C’è una piccola sala colazioni, c’è all’esterno, sul piazzale, un locale-veranda dove è stato ricavata la Taberna el Ariete che fa da ristorante e ha alcuni tavoli di legno all’aperto (fossi stato io, non l’avrei fatta, perché s’inserisce nel quadro dominato dal faro, ma ovviamente la mia è una visione molto purista e poco commerciale), c’è la vicina spiaggia di de Ancoradoiro, dalla sabbia bianca caraibica e quasi deserta anche a luglio (l’acqua è fredda, è l’Atlantico). Tutto molto bello, curato, pulito, fascinoso: le tariffe in alta stagione vanno da 250 a 300 euro per la camera doppia (hotelfarolariño.com).

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La spiaggia di Ancoradoiro, a fianco del faro di  Lariño

Jesus Picallo dice che sta pensando a un terzo faro da trasformare in hotel, così da completare l’offerta ai turisti e/o pellegrini che percorrono il Cammino dei fari, un percorso di 200 km circa che unisce Malpica - da dove comincia la Costa della Morte a Nord - con capo Finisterre e che ora si può allungare sino appunto a Lariño.

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Il faro di  Lariño

Il visionario delle ceramiche

Ci sono due posti, se si sceglie di soggiornare a Lariño, da visitare. Uno è il laboratorio-atelier di Nacho Porto (nachoporto.com), ricavato al pianoterra di una villa che guarda l’Oceano dal piccolo abitato di Cornido. Nacho è un artista autodidatta che lavora da 40 anni la ceramica con forni, torni e altri strumenti da lui ideati, che ha esposto anche a New York e che ha collaborato col designer francese Philippe Starck: vale la pena andare a trovarlo, fermarsi a parlare con lui, ammirare le sue opere - alla portata di tutte le tasche. Opere che fanno riflettere, sorridere, stupire - come il porta cellulare realizzato con uno studio matematico sul calco di un’antico corno che diventa un amplificatore e diffusore naturale.

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Nacho Porto, il visionario della ceramica a Carnota

Il secondo posto è Muros, un piccolo paese a un tiro di schioppo dal faro con un delizioso minuto centro storico. Volendo fermarsi a cenare, segnalo La Real, tapas y vinos a due piani che ora per le restrizioni anti-Covid ha solo alcuni tavolini all’esterno. Le zamburiñas, che sono molluschi tipo capesanta, cucinati con molto aglio e prezzemolo, sono fenomenali. Così anche i calamares fritti e i pimientos, i peperoni verdi fritti. Un gotto di Albarino, il vino bianco della zona e si è pronti per una notte al faro, addormentandosi - basta lasciare la finestra socchiusa - con la voce del mare.

Galizia, ancora qualche dritta

Facciamo un passo indietro. Sbarcati a Santiago de Compostela, non si può non fermarsi nella meta principale del Cammino. Il centro storico si gira a piedi, è piuttosto affollata, ma nonostante il caos di turisti e pellegrini resta una sacralità di fondo che arriva al cuore.

Un paio di dritte: un albergo strategico è il NH Collection, che è fuori dal mainstream, è situato in un parco, ha dalla sua il silenzio, c’è un parcheggio gratuito ed è a 5 minuti a piedi dalla Cattedrale. Per cenare, un buon ristorante in Rua Franco – quella dove si sfamavano i pellegrini, piena di locali e decisamente molto frequentata – è A Noiesa (anoiesa.com): bisogna prenotare, è al chiuso con l’aria condizionata, veloci e gentili. Gli abitanti di Santiago frequentano zone un po’ meno centrali, per chiamarsi fuori dalla ressa: un ristorante trendy è Abastos 2.0, che è ristorante e anche bistrot vicino al mercato (abastosdouspuntocero.com), non si sbaglia nemmeno se si sceglie O Curro da Parra (ocurrodaparra.com). Per un caffè e un dolce, il Casino, il caffè storico e un po’ agé dove si riunivano i notabili della città. Per un breakfast, brunch o ancora per un semplice caffé in un’isola verde e di pace, scegliendo il giardino del Cafe-Jardin Costa Vella (costavella.com) non si sbaglia.

Se volete visitare la città a piedi e capire qualcosa di più in poco tempo si può andare sul sito di Airbnb e prenotare una visita guidata di Sandra Romero Canedo, una giornalista locale assai simpatica e appassionata della sua città (in spagnolo e inglese, 18 euro per 2 ore a persona). La Cattedrale è ovviamente imprendibile, così come la meraviglia del Portico de la Gloria: le entrate sono contingentate, sul sito della Cattedrale (catedraldesantiago.es) si può prenotare un ingresso gratuito anziché la visita guidata a pagamenti, ma bisogna muoversi per tempo.

Un’altra città da non perdere è Lugo, all’interno, tra Santiago e la costa settentrionale, con il centro storico circondato da mura romane percorribili a piedi. Facendo rotta verso Nord, vicino a Ribadeo, c’è la spiaggia delle Cattedrali del mare (Playa de las Catedrales), un complesso di rocce, archi e faraglioni plasmati da vento e mare che va vista. Anche qui numero chiuso, la visita è gratuita, inclusa la guida: va prenotato tutto sul sito della Giunta della Galizia (ascatedrais.xunta.ga). Posso scendere sulla sabbia solo 2 mila/2500 persone al giorno, oltretutto concentrate nella bassa marea – due ore prima e due ore dopo la “minima”. Stesso discorso, ma qui invece siamo a Sud, sulla strada per Vigo, per le isole Cíes, dove c’è la spiaggia che secondo il Guardian è la più bella del mondo (autorizacionillasatlanticas.xunta.ga), la Plyaia de Rodas.

Vale poi la pena di percorre tutta la Costa della Morte, da Noia a Malpica o viceversa con i punti magici di Cabo Finisterre e di Muxia, dove è da non perdere la chiesa da Virxe da Barca e la sua scogliera. Proseguendo verso nord, la tappa è obbligata al faro di Cabo Vilán, forse il più spettacolare della Costa della Morte e con il non lontano Cimiterio de los Ingles (le vittime del naufragio del Serpent). Merita una tappa anche A Coruña, la piazza intitolata a Maria Pita è bellissima. Volendo, l’hotel Melia Maria Pita, sul lungomare al cospetto della spiaggia di Riazon – i surfisti qui posteggiano e attraversano la strada con la tavola sotto il braccio – è molto confortevole (chiedete di Carla alla reception, davvero gentile e professionale);  c’è da vedere anche il faro, la Torre di Herlcules e i lampioni della lunghissima promenade, in ferro, davvero speciali.

FONTE: Logo Lastampa solo

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