Ammiraglio Enrico Credendino: «Nel Mediterraneo seguiamo 18 navi russe e due sottomarini»
Il capo di Stato maggiore della Marina militare spiega: «Sono una presenza, ma questo mare è casa nostra e dobbiamo esserci». E ancora: «Siamo pronti a partire in missione sulle coste ucraine per scorte e sminamenti: basta che ce lo chiedano»
di Rinaldo Frignani
La presenza c’è e si sente. E non potrebbe essere altrimenti: nel Mediterraneo fanno rotta 18 navi da guerra russe, più due sottomarini. Mai stati così numerosi. «Un aumento progressivo, e quando ci sono sommergibili armati con missili ai confini delle acque territoriali, il nostro Paese deve scoprirli e seguirli ovunque. Lo facciamo con due delle quattro Fremm (fregata europea multi missione) di cui disponiamo». Per ora i russi «non sono una minaccia. Solcano il Mediterraneo dalla base di Tartus, in Siria, come facciamo noi nel Canale di Sicilia». L’ammiraglio di squadra Enrico Credendino, da novembre 2021 capo di Stato maggiore della Marina militare, scatta la fotografia della situazione attuale in quello che era il Mare Nostrum, ma nel quale ora - «come nemmeno durante la Guerra fredda», aggiunge - si trovano flotte di diversi Paesi.
Ammiraglio, che succede?
«Il Mediterraneo non è più solo il mare fra Europa e Africa, ma quello dei traffici da Ovest a Est e viceversa, del passaggio delle navi mercantili dagli stretti. Un collegamento più veloce, con il Canale di Sicilia che fa da cerniera. Non ci sono solo i russi, anche i turchi stanno potenziando la loro flotta. Lo stesso fanno i francesi, mentre gli americani hanno in parte lasciato il Mediterraneo per concentrarsi sul teatro indo-pacifico. Tocca a noi riempire il vuoto, questo mare è casa nostra».
«Con i pattugliatori polivalenti d’altura Thaon di Revel e la Trieste, la prima nave d’assalto anfibio con gli F35, si tratta di una rivoluzione. Una vera forza di proiezione ovunque, anche se rimane la vocazione ad aiutare chi è in difficoltà, come accadde per Haiti».
Saranno mesi di grandi cambiamenti.
«Gli effetti della guerra potrebbero causare emergenze senza precedenti: la mancanza di cibo per il blocco del grano ucraino innescherà l’aumento dei flussi migratori verso l’Europa. E poi c’è la crisi energetica».
Andremo in Ucraina a scortare i cargo?
«Siamo in attesa. Ma siamo anche pronti a intervenire, che siano scorte oppure operazioni di sminamento delle coste ucraine».
Il Mediterraneo è sempre uno scenario-chiave?
«Per noi certo: il ministro della Difesa Lorenzo Guerini lo ha definito un’area di vitale interesse nazionale per un Paese di media potenza regionale a forte connotazione marittima. Il mare ha un ruolo centrale, con 8mila chilometri di coste e 20 milioni di italiani che vivono entro 300 metri dall’acqua. Me compreso, a Livorno. Tutto quello che avviene lì, ha ripercussioni su ciò che accade a terra».
E sott’acqua.
«È la nuova dimensione, sconosciuta. Deve essere esplorata e vigilata. Non a caso la Marina è capo fila del nuovo Polo nazionale subacqueo a La Spezia».
Oggi è la vostra festa, per l’Eurispes siete i più apprezzati dagli italiani.
«Da sette su 10, ma con le altre forze armate c’è grande armonia: un valore aggiunto per il sistema di sicurezza nazionale. Quest’anno festeggiamo a Gaeta, ricordando l’azione di Premuda del 10 giugno 1918, quando i nostri Mas 15 e 21 attaccarono da soli la flotta austriaca e affondarono la corazzata Santo Stefano. Un successo di squadra, la Marina opera ancora così: si lavora in team, non si lascia indietro nessuno e si parla la stessa lingua con le controparti, in tutto il mondo. Quella del mare».
Con l’Italia protagonista un po’ ovunque.
«Abbiamo oggi 3mila donne e uomini in missione: dalle esercitazioni Nato nel Baltico, ai pattugliamenti anti-pirateria nel Golfo di Guinea e nell’Oceano Indiano, fino al Circolo polare artico. E presto forse in Libano con l’Unifil. Con la zona economica esclusiva poi aumenteremo la nostra presenza nel Mediterraneo, dove già vigiliamo sulle piattaforme Eni e i nostri pescherecci davanti alla Libia».
Due sono stati colpiti di recente.
«Da un’unità di Bengasi. Siamo intervenuti in un’area instabile per proteggere i cittadini e gli interessi nazionali. E continueremo a farlo».