In Antartide per studiare e capire tra i ghiacci come cambia e perché il clima terrestre. I progetti della missione italiana
Tre i progetti di ricerca. Il primo per studiare "il processo di formazione delle acque dense che rappresenta uno dei motori della circolazione oceanica globale", il secondo "per analizzare sedimenti del fondale marino per misurare la variazione dell’estensione del ghiaccio marino e la temperatura del mare negli ultimi duemila anni", il terzo consiste nella cartografia del fondale marino per individuare alture e depressioni morfologiche
Essere a bordo della rompighiaccio Laura Bassi che proprio in questi giorni sta solcando le acque lungo la costa dell’Antartide per scoprire in che modo il mare più a sud del mondo può offrire risposte sul cambiamento del clima terrestre. L’innalzamento delle temperature, anche dovute alle attività umane, ha un impatto sulle dinamiche dei ghiacci antartici che a loro volta rispondono mettendo in modo effetti a catena che potrebbero mutare l’equilibrio climatico a livello globale. Anche quest’anno i ricercatori si sono messi sulla rotta del Polo Sud per studiare i possibili cambiamenti. Si tratta della 38a campagna oceanografica nell’ambito del Programma nazionale di ricerche in Antartide (Pnra), gestito da Enea e Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). Dopo una settimana di navigazione dalla Nuova Zelanda, da dove è salpata il 6 gennaio, la nave è entrata nel Mare di Ross che bagna la porzione di continente ghiacciato in cui c’è anche la stazione italiana Mario Zucchelli Station (MZS). Navigando su e giù a largo della base, la nave sta conducendo il team di 34 scienziati e tecnici che si trovano a bordo in diversi tratti lungo costa dove vengono realizzati diversi progetti, finanziati dal ministero della Ricerca, per carpire i segreti che si celano nelle fredde acque dell’Antartide.
“La nave è alla sua quarta missione antartica da quando è stata acquisita dalla comunità scientifica italiana e può navigare attraverso ghiacci fino a un metro di spessore a una velocità di 4-4.5 nodi”, spiega Franco Coren, direttore dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) di Trieste, titolare formale della nave. Questa è stata usata per 20 anni dal suo precedente proprietario, ossia l’ente polare britannico British Antarctic Survey, per rifornire le proprie basi. “La nave è nata con una finalità prettamente logistica, ma abbiamo già fatto diversi sforzi per implementare la strumentazione scientifica a bordo – commenta Coren – a fine 2023 concluderemo un processo durato tre anni per installare ulteriori attrezzature per migliorare la sua idoneità per le attività di ricerca oceanografica”.
Tra le attività realizzate durante la navigazione in corso, spicca il progetto MORSea, coordinato dall’Università Parthenope di Napoli. “Il progetto, che si ripete ogni anno, mira a studiare il processo di formazione delle acque dense che rappresenta uno dei motori della circolazione oceanica globale – spiega Pasquale Castagno, ricercatore all’Universita di Messina, responsabile del progetto MORSea a bordo e coordinatore scientifico della campagna oceanografica del PNRA, “le masse d’acqua del Mare di Ross, poiche fredde e ricche di sale, sono molto pesanti e quindi sprofondano, spostandosi verso nord, mentre quelle calde dall’Equatore si dirigono verso i poli “. Lo scorrimento in direzioni opposte delle due diverse masse d’acqua con temperature diverse permette di bilanciare la distribuzione di calore sull’intero globo terrestre, mantenendo l’equilibrio climatico necessario al protrarsi delle diverse forme di vita.
In assenza di tale meccanismo, le zone con maggior irradiazione di luce solare, compreso il nostro emisfero e le aree tropicali, sarebbero sempre più calde mentre quelle nelle fasce polari sarebbero sempre più fredde. Questo ciclo si protrae da tempi incommensurabili e per comprendere come la variazione delle temperature potrebbe alterarlo in futuro è importante studiare come funzionava in passato. Per questo, al progetto MORSea si affianca l’altro progetto intitolato Greta. “Ci proponiamo di prelevare e analizzare sedimenti del fondale marino per misurare la variazione dell’estensione del ghiaccio marino e la temperatura del mare negli ultimi duemila anni”, spiega Tommaso Tesi, paleoclimatologo dell’Istituto di Scienze Polari del Cnr. L’ampiezza della copertura di ghiaccio marino, tanto maggiore quanto è più bassa la temperatura, è un aspetto chiave dell’intero processo della circolazione oceanica che mantiene l’equilibrio climatico attuale. Più è esteso il ghiaccio più elevato è il rilascio di sale in mare che accresce appunto la densità salina delle masse d’acqua che diventano così più pesanti e, discendendo in profondità, intercettano le correnti che le trasportano verso nord.
La rompighiaccio italiana Laura Bassi è arrivata in un punto mai raggiunto in Antartide
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