Marò, l’India non molla ancora: oltre un milione per chiudere il caso
Intesa vicina: questi soldi andranno ai parenti dei pescatori deceduti (Valentine Jalastin 44enne e Ajesh Pink 20enne) e al proprietario del peschereccio
Di Marisa Ingrosso
24 Gennaio 2021
«Dall’Italia altri cento milioni di rupie per i due Marò e stanno arrivando altre richieste di risarcimento». Stando alla stampa indiana, ci sarebbe una ragguardevole «coda» finanziaria alla tragica vicenda che ha per protagonisti due Fucilieri di Marina, i pugliesi Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.
Come si ricorderà, tutto ebbe inizio nel 2012 con i Marò che, ufficialmente in servizio per la Forza navale nazionale, ma a bordo della petroliera italiana «Enrica Lexie» con compiti anti-pirateria, finiranno in un tritacarne giudiziario e diplomatico dopo essere stati arrestati per l’uccisione dei due pescatori Valentine Jalastin (44enne) e Ajesh Pink (appena 20enne).
Le vittime erano entrambe impiegate nel Kerala, Jalastin era nato lì. E proprio uno dei quotidiani più letti dai quasi 35 milioni di abitanti del Kerala, il «Mathrubhumi», annuncia ora che l’accordo Roma - Nuova Delhi è vicinissimo. Anzi, per essere precisi, stando alla versione pubblicata in inglese (https://english.mathrubhumi.com) è stata l’Italia a proporre la cifra di 100.000.000 di rupie. La storica Testata di informazione dello Stato dell’India meridionale che, per altro, sin dalla sua nascita s’è distinta per una certa “verve” nazionalista (il giornale fu fondato nel 1923 da Kizhakke Potta Kesava Menon, tra i leader del movimento anticolonialista, ndr), ora titola: «Caso dei marines italiani: per risolvere la questione offerto il pagamento di un risarcimento di 10 crore di Rs». Dove per «crore» si intende la parola di origine sanscrita che indica dieci milioni in indiano. Per cui 10 crore equivalgono a 100.000.000 di rupie. Una cifra che, per intenderci, col tasso di cambio euro/rupia di ieri, ammonta a oltre un milione di euro (1.125.733,13 euro).
L’articolo non è firmato ma è stato scritto da Kochi, una città che gli italiani hanno imparato a conoscere bene nei lunghi anni dell’«odissea giudiziaria» dei due pugliesi. Lì, quel maledetto 15 febbraio, attraccherà la petroliera italiana «Enrica Lexie», accogliendo in quel modo le richieste della Guardia costiera indiana, che era stata allertata della sparatoria che aveva coinvolto il peschereccio «St. Antony».
«Il Governo italiano – riporta “Mathrubhumi” – ha fatto la sua mossa col governo centrale (di Delhi; ndr) e statale (del Kerala; ndr) per chiudere il caso dei marines italiani, che hanno sparato e ucciso due pescatori al largo della costa del Kerala nel 2012». Secondo i documenti di cui si dicono in possesso, «i tre Governi hanno preso provvedimenti per chiudere il caso a fronte di un risarcimento di cento milioni di rupie per i parenti delle vittime». Stando alla ricostruzione, la somma sarebbe così ripartita: «40 milioni di rupie ciascuno ai familiari dei due pescatori deceduti, vale a dire Valentine Jalastin, nativo di Kollam, e Ajesh Pink, che era originario di Kanyakumari. Gli altri 20 milioni di rupie saranno dati al proprietario della barca, Freddy, per i danni». Val la pena di ricordare che il signor Freddy John Bosco, è anche il comandante del peschereccio «St. Anthony». Lo stesso uomo che, a un mese dalla tragedia, raccontava in una intervista esclusiva a «Oggi» che non sapeva neppure da dove fossero arrivati i proiettili assassini. «Noi - dichiarò - non abbiamo letto il nome della nave (Enrica Lexie, ndr). Abbiamo solo visto che era una nave rossa e nera. È stata la polizia, a terra, a dirci quel nome». «Era tutto tranquillo - disse - Intorno c’era solo silenzio e una petroliera che si muoveva lenta». Poi «ho visto tutto quel sangue», sottolineò.
«Sparavano dalla petroliera, in due». Freddy è lo stesso che due anni dopo la tragedia, avendo avviato una causa anch’egli, si oppose a che Massimiliano Latorre tornasse in Italia a curarsi, presentando alla Corte Suprema di Delhi un’istanza in cui chiedeva un esame medico indiano prima che i giudici autorizzassero il pugliese a rientrare in patria.
Il quotidiano «Mathrubhumi», spiega che «le abboccamenti per la risoluzione della vicenda erano stati avviati in precedenza, a livello di governo. Come indicato da Nuova Delhi, trattative si sono svolte anche tra il governo del Kerala e l’Ambasciata italiana». Pare però che proprio tra Kerala e Ambasciata (dal dicembre 2019, ambasciatore italiano in India è il molisano Vincenzo De Luca; ndr), non ci fosse un punto d’incontro sul «quantum». Il Kerala, scrivono gli indiani, puntava a un risarcimento molto maggiore, di «150 milioni di rupie». Ma l’Italia si è detta indisponibile per quella cifra e «ha dichiarato che pagherà 100 milioni di rupie».
Correttamente, la Testata scrive che questa trattativa è stata «avviata in seguito all’ordine del Tribunale Arbitrale internazionale». Poi aggiunge che «nel verdetto emesso a maggio, il Tribunale aveva dichiarato che tutti coloro i quali si trovavano su quella imbarcazione avrebbero potuto avere diritto a un risarcimento. E aveva anche affermato che i marines italiani non avrebbero dovuto essere processati in India». Ed ecco che si scopre che «nel frattempo, altri a bordo del peschereccio avevano sporto denuncia sia al governo di Nuova Delhi sia a quello del Kerala» per ottenere anch’essi un indennizzo.
«C’erano undici persone a bordo (del St. Antony; ndr) quando avvenne la sparatoria – spiegano i giornalisti indiani – Tra i membri dell’equipaggio era incluso anche un ragazzo di 14 anni (di cui qui omettiamo il nome; ndr). Ed è stata presentata una denuncia al governo per chieder un risarcimento pure per lui».
Come andranno, con quale eventuale esborso, si chiuderanno queste 11 cause, non è ancora chiaro. Ciò che i media indiani sottolineano è che: «La moglie e i due figli del pescatore deceduto Jalasin riceveranno 40 milioni di rupie dall’Italia, invece le due sorelle dell’altro pescatore, Ajesh Pink, riceveranno 40 milioni. Mentre, in precedenza, alla famiglia era stato dato un altro risarcimento di 20 milioni di rupie».
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