Marinai d'Italia-Editoriale del Presidente-Marzo 2018

Come sempre il Presidente Amm. Paolo Pagnottella coglie nel segno con il suo editoriale. Molto intenso e significativo quello del mese di Marzo della rivista Marinai d'Italia

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Pagnottella con firmaMi è capitato di incontrare alcuni compagni di scuola e di classe di mio nipote, 11 anni, quinta elementare, ai quali avevo iniziato a parlare del significato delle due giornate, della memoria (inerente la Shoah) e del ricordo (massacro nelle foibe ed esilio degli italiani giuliano-dalmati). Ero partito dal presupposto che ne avessero già parlato i loro insegnanti a scuola, inquadrando così gli eventi nel corretto contesto storico. Uno di questi ragazzini mi ha guardato con aria davvero meravigliata e mi ha chiesto se la Seconda Guerra Mondiale fosse, per caso, un nuovo video-game e da dove lo avessi scaricato. La mia iniziativa si è arrestata subito, per non ingenerare altra confusione. Poi, mi sono fatto da loro riferire sui programmi di storia ed ho scoperto che da anni alle elementari, il programma di storia arriva (forse) alla caduta dell’impero romano. Cioè, a dodici anni non si ha ancora notizia di Medio Evo, Repubbliche Marinare, Risorgimento, Garibaldi, Prima Guerra Mondiale, temi che gli studenti affronteranno (e non approfondiranno) per la prima volta alle medie. Ho chiesto loro se, in casa, magari qualcuno avesse parlato delle guerre mondiali, ricevendo risposte unanimi ma... negative. Ho riflettuto molto su questa lezione, poi ho considerato che noi, negli anni ’50 e ’60, avevamo nonni e padri viventi che avevano combattuto in quelle guerre, parenti che avevano vissuto la terribile esperienza dei bombardamenti. Ne avevamo ricavato aneddoti e racconti, conoscevamo le armi principali ed i loro effetti. Così a nostra volta, abbiamo affrontato le “nostre” esperienze di guerra (fortunatamente non coinvolti di persona), che si chiamano Corea, Vietnam, Sei giorni, Yom Kippur. Pochi di noi hanno “partecipato” alla spedizione in Libano, alle missioni nel Golfo, tutti eravamo davanti alla televisione quando scattò l’operazione “Desert Storm”, abbiamo visto il bombardamento di Baghdad, la dissoluzione dell’esercito di Saddam Hussein. Dei nostri soldati in Afghanistan poco se ne è parlato, salvo quando rientravano a Ciampino in una bara avvolta nel tricolore, col Presidente della Repubblica che ne toccava i lembi. I genitori di un tredicenne, oggi, hanno, a dir tanto, quaranta anni: non hanno avuto mai alcun sentore di guerra (salvo non fosse mediato da uno schermo TV) perché l’ultima su suolo europeo è stata la guerra in Iugoslavia (anni ’90) e loro erano giovani spensierati e gaudenti. Proviamo a chiedere loro chi era il Presidente del Consiglio nel 1999 quando aerei italiani furono mandati a bombardare postazioni militari in Serbia e dovremo accontentarci di risposte folkloristiche, tipo (il solito) Berlusconi o Gengis Khan (per la cronaca, era Massimo D’Alema). E stiamo parlando di un periodo a noi prossimo, vent’anni fa, dunque non meravigliamoci che un adolescente non conosca la stori di settanta anni fa! Ignorare la storia, almeno per sommi capi, a quell’età, li rende vulnerabili, privi di riferimenti, disponibili a credere a tutto con ampia probabilità di ripetere errori del passato poiché credono di fare cose nuove e geniali. Facciamo pure tutte le giornate della memoria e del ricordo, ben vengano e anzi solennizziamole, ma credo che il miglior contributo all’educazione dei nostri giovani sia dato dall’insegnare loro la storia, ed insegnargliela bene, fin dalla più giovane età. Perché poi, a 18 anni (e c’è chi vorrebbe anticipare a 16) andranno a votare!

Amm. di Squadra (r) Paolo Pagnottella

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