Esce la ristampa dell’autobiografia dell’ammiraglio Gino Birindelli
Sarà interamente devoluto all'Istituto Andrea Doria, il ricavato della ristampa del libro autobiografico “Vita di marinaio" dell'ammiraglio Gino Birindelli
11 ottobre 2021 Eloisa Covelli
Sarà interamente devoluto all'Istituto Andrea Doria, il ricavato della ristampa del libro autobiografico “Vita di marinaio" dell'ammiraglio Gino Birindelli (Pescia, 19 gennaio 1911 – Roma, 2 agosto 2008). È stato l'ammiraglio stesso a voler donare, nel maggio del 1990, le entrate della prima edizione all'istituto che si occupa di assistere le famiglie dei marinai in difficoltà. Volere che è stato rispettato dall'Associazione Amici di Bocca del Serchio (a cui bisogna rivolgersi per comprarne una copia), di cui Irene Birindelli, figlia dell'ammiraglio, è socia.
Il libro è stato presentato il 6 ottobre al Circolo ufficiali di Roma dal Capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, e sarà presentato nuovamente a Pescia, città natale dell'ammiraglio Birindelli, il 30 ottobre.
Chi era Birindelli? “Birindelli era una leggenda in Marina" dice Alberto Gradin, presidente dell'Associazione Amici di Bocca del Serchio. “È una figura di un fascino non comune – dice l'ammiraglio Cavo Dragone – veramente carismatica, non ricordo una figura analoga, capace di incarnare così tanti principi".
Impersonificava lo “spirito del Serchio", la base dove si erano formati gli incursori della Seconda guerra mondiale. Base dove lasciò letteralmente la salute. L'ossigeno dei respiratori dell'epoca (a calce sodata) gli danneggiò gravemente un polmone nel corso degli allenamenti, ma volle restare in servizio. Prese parte alla prima spedizione dei mezzi d'assalto contro la base inglese di Alessandria, per la quale venne decorato con la Medaglia d'Argento al Valor Militare. In quell'occasione si tuffò per cinque volte per portare in salvo un marinaio di leva dell'equipaggio del sommergibile intrappolato nel battello in fase di affondamento. Prese parte alla prima e alla seconda spedizione dei mezzi d'assalto contro la base inglese di Gibilterra; nel corso della seconda spedizione fu costretto ad affondare il proprio mezzo in avaria e fu successivamente catturato e fatto prigioniero dagli inglesi, episodio che racconta lui stesso nel documentario “Lo Spirito del Serchio". Per questa azione venne decorato come Medaglia d'Oro al Valor Militare.
Ma ricordarlo come un eroe della Seconda guerra mondiale sarebbe riduttivo. È stato in servizio nella Marina Militare fino ai primi anni 70 e a lui si deve la riorganizzazione dei comandi alleati (fu il primo comandante navale Nato-Sud Europa nella sede di Napoli) e una serie di leggi a favore del personale delle forze armate.
Nel corso della presentazione del libro Alberto Gradin racconta un episodio, che fece di lui un personaggio molto amato tra i marinai dell'epoca. Nel 1970 accolse i parlamentari della Commissione Difesa come Comandante in Capo della Squadra Navale nel porto di Cagliari. E dopo averli ricevuti con i dovuti onori li suddivise per le varie navi impartendo l'ordine ai Comandanti di tenerli prevalentemente nei locali macchine e caldaie. Dopo quattro ore di navigazione con mare 2/3 li fece riaccompagnare su nave Garibaldi per la conferenza stampa. E lì gli disse: “Queste sono le condizioni in cui voi parlamentari fate vivere i marinai". Da quel momento venne gradualmente riconosciuta la particolarità del lavoro in Marina.
A questo libro l'ammiraglio ci teneva moltissimo. “Nostro padre ha sempre considerato lo spirito del Serchio come la bandiera e il libro come il cofano" dice il figlio Paolo, intervenuto alla presentazione del libro. “È importante tramandare la sua memoria alle nuove generazioni" dice la figlia Irene, che sintetizza così tutto il pensiero del padre: “Bisogna dare prima di ricevere".
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