Athena MK2/U: il Combat Management System per i sottomarini del futuro

L’ATHENA MK2/U è il nuovo Combat Management System di Leonardo con funzionalità underwater che equipaggerà i nuovi sommergibili U212 NFS (Near Future Submarine) della Marina Militare italiana.

sommergibile18

Leonardo è fra i leader mondiali nel settore navale, partner strategico della Marina Militare italiana e punto di riferimento per le forze navali di molti paesi. In particolare, per l’underwaterl’azienda mette in campo tecnologie e prodotti innovativi per rispondere alla necessità di garantire adeguate capacità di sorveglianza e controllo degli spazi subacquei, considerati i complessi scenari operativi che caratterizzeranno il futuro delle operazioni in questo settore. Tra questi, il nuovo Combat Managment System (CMS) per sottomarini, il primo prodotto del genere realizzato dall’azienda. Una sfida molto importante, che amplia un portafoglio dove Leonardo vanta già uno dei CMS per unità di superficie tra i più avanzati presenti sul mercato, l’ATHENA MK2, oggi a bordo dei Pattugliatori Polivalenti d’Altura, della nuova LHD (Landing Helicopter Dock) TRIESTE e della LSS (Logistic Support Ship) VULCANO della Marina Militare. Proprio da questo sistema, e dai 20 anni di esperienza nel Comando e Controllo navale, è partito lo sviluppo dell’ATHENA MK2/U, destinato ai sommergibili U212 NFS, le nuove unità sottomarine attualmente in costruzione per la Marina Militare italiana.

Pattugliatore Polivalente dAltura

Il prodotto è caratterizzato da grande modularità e flessibilità, grazie all’integrazione di nuovi sistemi e funzioni, e da una serie di capacità condivise con l’ATHENA MK2: la gestione della situazione tattica e dei sensori organici (adattata ai sistemi sonar), l’acquisizione della situational awareness, l’interoperabilità, la registrazione e l’analisi dei dati. Tali capacità distintive, già testate con l’ATHENA MK2 sulle unità di superficie, vengono adattate alle peculiarità dell’ambiente underwater con l’integrazione di ulteriori specificità proprie del dominio subacqueo (o Underwater Extended Capabilities), quali la Target Motion Analysis (TMA), il Video Processing, la gestione del siluro pesante e l’esteso utilizzo di algoritmi di intelligenza artificiale per numerose funzioni. La Target Motion Analysis, tipica di un sottomarino, per esempio, determina la posizione degli oggetti in movimento nello scenario operativo e li ricostruisce, appunto, tramite algoritmi di intelligenza artificiale che si affiancano a quelli matematici, per potenziarne le prestazioni. Anche l’attività di Video Processing è gestita da algoritmi di IA: un modo per fornire una situazione tattica migliorata grazie ai video e alle immagini raccolte dai periscopi, e all’utilizzo di realtà aumentata. Insomma, un importante ausilio per perfezionare il rilevamento e la raccolta delle informazioni e la loro visualizzazione da parte degli operatori.

Per quanto riguarda l’hardware del sistema, l’elemento innovativo sono le nove consolle multifunzionali che costituiscono l’interfaccia uomo-macchina e che consentono, anche attraverso l’uso di realtà aumentata, una visualizzazione facilitata della “parte tattica” e delle informazioni raccolte dai vari sensori. Costituite da due monitor verticali multitouch da 27” e 4K (l’ATHENA MK2 ha un solo schermo da 42”), le consolle differiscono da quelle installate sulle unità di superficie: bisogna infatti tener conto dei vincoli installativi propri di un sottomarino (spazi ridotti, requisiti di bassa rumorosità, contenimento dei consumi elettrici). Ed esattamente tali vincoli sono alla base dell’architettura hardware del CMS: le consolle sono infatti raffreddate ad acqua per ridurre il rumore e sono prodotte in una speciale fibra di carbonio per rispettare i requisiti citati in precedenza.

Combat Management System PPA

Delle nove postazioni, quattro sono destinate agli operatori sonar, mentre le altre sono dedicate agli operatori addetti al Comando e Controllo del sottomarino. Tuttavia, ogni consolle, poiché multifunzionale, consente di svolgere una qualsiasi delle funzioni del sistema (in base al tipo di login effettuato dall’operatore) e di utilizzare le interfacce grafiche uomo-macchina delle varie componenti integrate con il CMS (attraverso la loro visualizzazione sulle consolle stesse), che siano il sonar piuttosto che i dispositivi di “guerra elettronica” o, ancora, il sistema d’arma (siluro). Infine, grazie alle sue capacità di scalabilità, il nuovo CMS è installabile su sottomarini di dimensioni ridotte, potendo operare con un numero minore di consolle, e su sottomarini già in servizio nell’ambito di programmi di aggiornamento. Si tratta, dunque, di un prodotto che potrebbe essere molto appetibile su un mercato, quello della subacquea, in grande e repentina crescita.

Immagine di copertina: U212 della Marina Militare italiana ©Fincantieri

FONTE:Logo Leonardo

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Ok al progetto per la portaerei Trieste al molo Varicella 1

Incassata la certezza del finanziamento, si parte da una base di 786mila euro per realizzare una cabina elettrica, il basamento della gru porta cavi e del cunicolo impiantistico per garantire l’alimentazione elettrica della nave in porto. Sarà infine costruita un mensola in calcestruzzo armato che permetta lo sbarco mezzi dal portellone laterale dell’unità.

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Bonatti andreadi Andrea Bonatti

Il progetto esecutivo per l’ammodernamento del molo Varicella 1 è pronto e approvato, ora la Marina Militare cerca il soggetto che dovrà svolgere i lavori. Il genio ha pubblicato la determinazione a contrarre che, entro l’anno, permetterà di dotare il più grande molo della Darsena Duca degli Abruzzi, all’interno della base navale della Spezia, delle caratteristiche necessarie per ospitare Nave Trieste. La nuova portaerei della Marina, in predicato di essere consegnata appunto nel 2023. Incassata la certezza del finanziamento, si parte da una base di 786mila euro per realizzare una cabina elettrica, il basamento della gru porta cavi e del cunicolo impiantistico per garantire l’alimentazione elettrica della nave in porto. Sarà infine costruita un mensola in calcestruzzo armato che permetta lo sbarco mezzi dal portellone laterale dell’unità. Il Trieste è infatti una nave che ha caratteristiche sia di portaeromobili che di nave trasporto per mezzi da sbarco.

nave trieste naviga verso muggiano 170008

Lo scafo è uscito dallo stabilimento Fincantieri di Castellammare di Stabia a maggio del 2019 e da allora sta affrontando la fase di allestimento e prove in mare. Un processo lungo, che ha fatto i conti con il periodo della pandemia e che ha accumulato un discreto ritardo. Ai tempi del varo si parlava di metà 2022 come orizzonte per la consegna alla Marina Militare.

L’unità sarà assegnata alla prima divisione navale e quindi essere di stanza alla Spezia. L’appalto per ammodernare il Varicella 1 sarà aggiudicato secondo il principio del maggior ribasso. I lavori all’interno dell’arsenale militare dovrebbero durare circa sei mesi.

FONTE:Logo Cittadellaspezia

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Elektroboote

Interessante argomento di storia dal sito Ocean4future

U boote type VII C

Normalmente non sento molto il fascino delle armi del crepuscolo tedesche, nella stragrande maggioranza dei casi furono esercizi progettuali mai testati o tentativi di mettere in linea tecnologie ancora immature. Tecnologie che per quanto rivoluzionarie e che aprirono nuove strade nel dopoguerra richiesero anni se non decenni di sviluppo per essere veramente operative. Per essere provocatorio, ritengo storicamente e operativamente molto più rilevanti e utili il piccolo L3 e il Falco CR42 di progetti come l’Horten 229 e l’Heinkel 162 o il Maus, sebbene non arrivarono a nulla o si rivelarono costosi fallimenti.

TYPE XXIII U BOAT

U- boote type XXIII

Ci furono però delle eccezioni
La tecnologia missilistica tedesca era senza paragoni mondiali e produsse armi efficaci e affidabili. Armi che nel 44/45 si dimostrarono in grado di infliggere notevoli danni ed ebbero immediati e enormi sviluppi nel dopoguerra. Lo stesso si può dire dell’ultima generazione di sottomarini.  Innanzitutto una piccola precisazione semantica che sembra pedante ma è molto rilevante, fino al 1944 tutti i battelli subacquei del mondo erano detti sommergibili, il che vuol dire che erano mezzi navali adatti alla navigazione in superficie e che all’occorrenza potevano immergersi, perdendo però manovrabilità e velocità. Per sua natura il sommergibile dispone di limitate prestazioni in immersione e non è in grado di operare per periodi prolungati al di sotto della superficie dell’acqua. Il sottomarino è invece un mezzo navale progettato per operare principalmente in immersione, questa è la caratteristica che lo distingue dal sommergibile. 

helmuth walter

Helmuth Walter, l’inventore della turbina Walter

Cosa era successo?
Nel 1943 le perdite di sommergibili erano diventate gravissime e tutti gli accorgimenti e le migliorie apportate ai battelli germanici non potevano riportare la bilancia a pendere a favore del sommergibile. Quest’ultimo rimaneva in svantaggio nei confronti dei sistemi di protezione ai convogli adottati dagli anglo-americani. Un esito in realtà prevedibile fin dal 1939, visto che i primi battelli della seconda guerra mondiale non erano che quelli della prima con modifiche minori. Modifiche che avevano incrementato marginalmente le loro prestazioni e sicurezza.

turbina walter

Sistema turbina Walter

La prima reazione tedesca era stato il tentativo di sviluppare la cosiddetta turbina Walter cioè un sistema di propulsione unico basato su un apparato motore in grado di operare in assenza di aria (AIP – air independent propulsion). Una tecnologia avanzatissima che effettivamente era la strada del futuro della propulsione subacquea, ma che divenne operativa per i battelli convenzionali solo negli anni ’90.

U 3008 elektrobbot

U 3008 – Type XVIII – L’U-3008 lasciò Wilhelmshaven
per il pattugliamento il 3 maggio 1945, ma tornò in
porto dopo la resa. Il 21 giugno 1945 fu portata
dagli Alleati da Wilhelmshaven a Loch Ryan, quindi
trasferita negli Stati Uniti, raggiungendo New London,
Connecticut, il 22 agosto.
L’unità servì nella US Navy fino al 1948.

 

Contemporaneamente, il direttore dell’ufficio costruzioni navali della Kriegsmarine, valutando questi progetti, ebbe l’idea di utilizzare lo scafo ottimizzato per la navigazione in immersione del Type XVIII inserendo, al posto del sistema propulsivo Walter, un sistema motoristico convenzionale  aumentando al massimo possibile il numero degli accumulatori elettrici. Lo scafo del Type XVIII in effetti aveva un dislocamento di ben 1485 tonnellate, al di sopra di quello dei IX-C, con una sezione, tipica dei battelli Walter, a otto rovesciato, ed un sistema costruttivo ad ordinate esterne che lasciava la possibilità di poter usufruire di spazi notevolissimi.  Nel complesso si giunse ad avere una dotazione di batterie tripla rispetto ai battelli più grandi sino ad allora operanti (Type IX-C).

Il nuovo sommergibile avrebbe avuto, al posto delle turbine Walter, due motori elettrici veloci da 2500 HP ciascuno ed i motori Diesel utilizzati dai modelli VII-C. Stava prendendo forma l’elektroboote, un battello con linee estremamente idrodinamiche, dotato di un sistema propulsivo convenzionale ma con fortissima capacità di batterie.  L’intuizione era di combinare uno scafo dalle linee ottimizzate per la navigazione in immersione con un sistema di propulsione già collaudato ed efficiente.

U BOAT TYPE VIIC

In altre parole, quello che rendeva il tutto rivoluzionario non erano le tecnologie, tutte rodate e efficienti, ma la loro combinazione in un complesso sinergico.

Per un confronto il sommergibile Type VII poteva navigare in superficie al massimo a 17,7 nodi e aveva un autonomia di 8500 miglia a 10 nodi in superficie. Poteva immergersi in 30 secondi e in immersione poteva navigare utilizzando i motori elettrici per un ora a 8 nodi o percorrere 120 miglia a 2 nodi. Potevano rimanere immersi per 48 ore al massimo e operare fino a 150 metri di profondità. Da questo si capisce che erano mezzi ottimizzati per la navigazione in superficie che si immergevano solo se braccati da vicino e per il tempo strettamente necessario ad evitare i cacciatori. Quando la pressione aeronavale alleata li costrinse a navigare in immersione questo ridusse quasi a zero la loro efficacia perché navigando coi soli motori elettrici erano praticamente immobili.

elektrobbote snorkel u 3008

l’U 3008 durante il servizio post bellico nella USN

Neppure l’uso dello snorkel modificò significativamente la situazione perché, pur permettendo di navigare immersi usando i diesel, non permetteva di navigare a velocita superiori ai 5/7 nodi, una velocità insufficiente per inseguire i convogli alleati che navigavano alla velocita di almeno 8 nodi (massima 10/12). Se fossero stati impiegati, le caratteristiche e la prestazioni dei nuovi battelli forse sarebbero state tali da poter incidere sulla situazione strategica e tattica nei mari, ma sicuramente rappresentarono un passaggio importante dal sommergibile al sottomarino moderno. In superficie potevano navigare a 15,5 nodi ma non emergevano quasi mai. La loro velocità in immersione era quasi tripla rispetto agli altri battelli, 17,2 nodi che potevano mantenere per un ora e mezza (oppure mantenere 16 nodi per quattro ore). In pattuglia potevano restare costantemente immersi navigando a nove nodi per 60 ore. Impiegando lo snorkel per 5 ore potevano ricaricare completamente le batterie e rifornirsi d’aria e subito dopo riprendere la navigazione in immersione a nove nodi senza mai emergere.

Questo riduceva enormemente la loro vulnerabilità perché il tipico radar del 1945 poteva rilevare uno snorkel non oltre gli 800 metri di distanza. Senza usare lo snorkel e riducendo la velocità, potevano rimanere immersi per sei giorni consecutivi. Anche il sistema di combattimento era stato rinnovato: disponevano di 24 siluri filoguidati (numero ridotto a 20 nelle missioni più lunghe) che, grazie a nuovi sistemi di rilevamento e tiro, potevano essere lanciati restando immersi sino a 50 metri e navigando alla velocità di 13 nodi, senza bisogno di arrivare a quota periscopica. Tutte le armi potevano essere lanciate in un unica salva prodiera dato che non avevano bisogno di tubi lancia-siluri poppieri visto che i siluri stessi erano in grado di eseguire virate anche di 180°.

U BOOT TYPE XXI 1024x582

I battelli tipo XXI scendevano in sicurezza fino a 260 metri ed i loro sensori idrofonici riuscivano ad individuare un convoglio ad oltre 100 Km. di distanza (una nave isolata veniva sentita a 25 Km). Inoltre, il sonar poteva fornire tutti i parametri di lancio senza utilizzare il periscopio o rallentare. Erano stati dotati di un sistema idraulico di ricarica dei tubi di lancio che permetteva di ricaricare i 6 tubi di lancio nel tempi in cui un tipo VII ricaricava un solo tubo, cosa che permetteva di attaccare più volte consecutivamente.

In caso di navigazione in superficie erano dotati di radar (per la scoperta di aerei in avvicinamento fino a 30 Km) e di rilevatori radar (scoprivano un radar volante a bassa quota a 50 Km di distanza rilevando la direzione di provenienza del segnale). Oltre ai motori diesel e a quelli elettrici ad alta velocità, imbarcavano motori elettrici da agguato estremamente silenziosi che alla velocità di 3,5 nodi li rendevano difficilmente rilevabili da idrofoni. Anche in caso di navigazione veloce in fase di disimpegno la rumorosità era estremamente ridotta; a 15 nodi producevano la stessa rumorosità di un sommergibile americano classe Gato che navigava a 8 nodi.

submarine USN class Gato

Sommergibile americano classe Gato – costruita
per la USN e varata nel 1941–1943, fu la prima
classe di sottomarini prodotti in serie durante
la seconda guerra mondiale

La loro autonomia consentiva missioni prolungate fino ai Caraibi senza particolari problemi. Anche la costruzione era stata semplificata e se un tipo VII veniva costruito in 22 mesi, un tipo XXI poteva essere costruito in solo 9 mesi. La loro costruzione iniziò il 13 agosto del 1943 per cui il loro impatto bellico fu limitato. Ad esempio nell’aprile 1945, solo otto erano operativi, trenta alle prove di consegna, ventisette in allestimento finale, trentasei in costruzione, mentre diciassette erano stati distrutti dai bombardamenti.

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Tre elektroboot, battelli Type XXI in porto
a Bergen, Norvegia, nel 1945. Al centro l’U-2511,
l’unico della classe che riuscì
a condurre un pattugliamento di guerra

Di queste unità una sola salpò per una vera e propria missione di guerra. L’U-2511 lasciò Bergen il 30 aprile 1945 ma fu costretto ad interrompere la propria missione a causa della capitolazione della Germania (8 maggio). Comunque, nonostante fosse stata annullata senza che si fosse conseguito alcun risultato concreto (in termini di affondamenti) questa missione dimostrò le potenzialità dei nuovi sommergibili.

Incontrato un numeroso gruppo di navi da guerra inglesi, l’U-2511 superò agevolmente lo schermo protettivo delle unità di scorta, eseguì un attacco simulato contro l’incrociatore pesante HMS Norfolk e si allontanò senza essere scoperto. Non vennero lanciati siluri in quanto gli ordini proibivano tassativamente di impegnarsi in azioni di attacco durante i viaggi di trasferimento in zona di operazioni.

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Capitano di Corvetta Adalbert Schnee in torretta sul U-201

Poco prima, si era lasciato alle spalle alcuni cacciatorpediniere semplicemente virando di 30°, sfuggendo così alla loro caccia. Il suo comandante, Capitano di Corvetta Schnee, un veterano che era stato comandante del sommergibile type VII-C U-201, definì la sua unità “qualcosa di completamente nuovo rispetto ai sommergibili precedenti“.

Il Primo Ministro inglese W. Churchill, poco prima della fine della guerra aveva scritto: “I sommergibili muniti di snorkel sono un primo passo verso un nuovo ruolo dell’arma sottomarina concepita da Doenitz. Egli ha molta fiducia nell’entrata in servizio dei nuovi modelli e i primi di essi stanno già facendo le prove in mare. Il successo della Germania dipenderà in gran parte dal ritmo di produzione di questi mezzi. La loro alta velocità in immersione ci preoccupa e pone nuovi problemi.

La guerra sottomarina si stava rivoluzionando, come l’ammiraglio Doenitz aveva previsto, una nuova era iniziata e la guerra sottomarina e antisommergibile doveva ripartire su nuove basi. 

Gianluca Bertozzi

FONTI
La battaglia dell’Atlantico di Peillard Léonce
Sommergibili della seconda guerra mondiale di Erminio Bagnasco

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Laureato in Giurisprudenza, è un attento e meticoloso studioso di storia navale e aeronautica militare

FONTE:Logo Ocean4future

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Lo snorkel

Una curiosità per chi non lo conosce 

 
snorkel
 
Lo snorkel (o schnorchel) si applica in particolare ai sottomarini a propulsione convenzionale (diesel-elettrica) per consentire di mantenere il più possibile l'occultamento anche in fase di ricarica delle batterie. Lo snorkel è infatti un tubo in grado di elevarsi sopra la superficie del mare mentre il battello si trova in immersione a profondità ridotta (generalmente 10–12 m) per garantire l'afflusso d'aria necessario al funzionamento dei motori Diesel per il tempo necessario alla ricarica delle batterie ed all'aerazione dei locali. Questo consente di ridurre la possibilità che il battello possa essere individuato durante questa fase di particolare vulnerabilità. Dell'impianto fa anche parte una condotta di scarico, generalmente separata da quella di aspirazione e terminante nella parte poppiera superiore della vela con possibilità di essere smistata su uno scarico ancora più basso per navigazioni in superficie.
L'idea venne sperimentata, e con buoni risultati, nel 1925 dal sommergibile H 3 su idea del capitano del Genio Navale della Marina Militare Italiana Pericle Ferretti e successivamente dalla marina olandese. Montato per la prima volta in serie sui sommergibili olandesi della classe "O" (i battelli italiani classe "Sirena" erano solo predisposti, ma non lo montarono), l'idea venne successivamente ripresa sugli U-Boot tedeschi durante la seconda guerra mondiale, per contrastare la sorveglianza aerea anti-sommergibile degli Alleati.
 

Caratteristiche costruttive

 
L'impianto è suddiviso in due parti: induzione e scarico. Nei moderni sottomarini la parte induzione dello snorkel è uno dei mast, le antenne alloggiate all'interno della vela (o torretta) del sottomarino, che possono essere alzate o ammainate; in genere di sezione ovale, dotata di una punta tagliamare e rivestita di materiale RAM (Radar Absorbing Material) per ridurne la segnatura. A riposo, il mast è contenuto all'interno di una canna guida fissa, che viene allagata a quote di immersione superiori a 50 m per evitare il rischio di collasso da pressione. In fase operativa l'impianto emerge per una trentina di centimetri sulla superficie del mare; particolarità unica dei sottomarini italiani classe Sauro è la "testa fluttuante", dove alcuni sensori controllano le oscillazioni della parte terminale del mast per garantirne il moto rispetto al profilo ondoso. La tenuta stagna del battello è garantita da tre sicurezze: la "valvola di testa", in corrispondenza della presa d'aria (che funziona solo a quota periscopica), e le "valvole di prima e seconda induzione", poste a cavallo (un'all'esterno ed un'all'interno) dello scafo resistente. Al piede della canna è posta la cassa plenum nella quale l'aria è separata da eventuale acqua e smistata verso l'apparato motore, i locali batterie e il sistema di aerazione. I gas di scarico dei motori sono invece liberati direttamente a mare attraverso un impianto "diffusore". I gas di scarico, dopo essere stati silenziati e raffreddati in apposite "marmitte", vengono convogliati all'esterno del battello e scaricati da un diffusore in cima alla vela o da un diffusore a livello passerella del sottomarino. L'impianto è protetto, come per la parte induzione, da 2 valvole resistenti a cavallo dello scafo resistente.
 
 

News Marina Militare,, Lo snorkel

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Il tragico evento del Laconia

Ancora un bellissimo articolo di Storia della Seconda Guerra Mondiale dal sito Ocean4future

U 156 Laconia 1942 25 sett

Alle 22:00, il 12 settembre 1942, l’U-156 era di pattuglia al largo della costa dell’Africa occidentale, a metà strada tra la Liberia e l’isola dell’Ascensione. L’ufficiale in comando del sommergibile, Korvettenkapitän Werner Hartenstein, individuò una grande nave isolata e la attaccò. Il Laconia rientrava nella categoria delle navi armate, come i mercantili e i trasporto truppe, che costituivano obiettivi legittimi per un attacco senza preavviso. L’attacco ebbe successo e la nave fu silurata e colpita a morte. Sebbene ci fossero scialuppe di salvataggio sufficienti per l’intero equipaggio della nave, compresi i prigionieri italiani, il pesante sbandamento impedì la messa a mare delle stesse ed i prigionieri furono abbandonati nelle stive chiuse mentre la nave affondava. Per fortuna la maggior parte riuscì a scappare abbattendo i portelli o arrampicandosi sui pozzi di ventilazione. Diversi furono però uccisi dai soldati di guardia polacchi che, non avendo munizioni, per impedirgli di salire sulle scialuppe li uccisero brutalmente con le baionette.

RMS Laconia 1024x641

Dislocamento lordo di 19,860 tonnellate di stazza
Lunghezza – 183 metri (600 piedi)
Larghezza – 22,5 metri (74 piedi)
Numero di alberi – 2
Propulsione – due eliche
Motori – turbine a vapore, Wallsend Slipway Co Ltd
velocità – 16 nodi
Armamento: 8 cannoni da sei pollici e due da 3 pollici antiaerei
Costruttore – Swan, Hunter & Wigham Richardson Ltd, Wallsend on Tyne
Data del varo – 9 aprile 1921
affondata da sommergibile tedesco il 12 settembre 1942 a
130 miglia nautiche dall’Isola dell’Ascensione

la rotta del Laconia 1

L’affondamento
Quando furono messe a mare le ultime scialuppe di salvataggio, buona parte dei sopravvissuti era già in mare. Sebbene vi fosse spazio per tutti a bordo delle scialuppe, nell’inchiesta fu riportato che i naufraghi italiani in acqua vennero feriti dagli Inglesi e dai Polacchi a colpi di ascia per impedirgli di salire a bordo. Il sangue attirò inevitabilmente gli squali. Hughes Russell nel libro “The Laconia Incident: How Friendly Fire Changed POW Treatment for the Rest of the War” riportò una dichiarazione di un sopravvissuto italiano, il caporale Dino Monte: “… gli squali saettarono tra di noi. Afferrando un braccio, mordendo una gamba. Altri più grandi inghiottirono interi corpi“.

Il sommergibile tedesco U 156 emerse per catturare gli alti ufficiali sopravvissuti della nave e vide più di 2.000 persone che lottavano contro la morte fra i flutti. Il comandante del sommergibile U-156Kapitänleutnant Werner Hartenstein, si rese subito conto che erano principalmente prigionieri di guerra e civili ed avviò subito le operazioni di soccorso, ponendo sullo scafo i panni bianchi della Croce Rossa.

hartstein U 156

Kapitänleutnant Werner Hartenstein, comandante del U-156

Poco più di un’ora dopo l’attacco (23:23), il Laconia, ferito a morte, affondò. Secondo Duffy [1], poco dopo l’una di notte del 13 settembre, il comandante tedesco inviò un messaggio radio in codice al Befehlshaber der U-Boote (comando sommergibili), comunicando l’affondamento del Laconia, presumibilmente con circa 1500 prigionieri italiani a bordo, di cui solo 90 erano al momento stati ripescati. L’ammiraglio Karl Dönitz, ordinò immediatamente a sette sottomarini del gruppo Eisbär di dirigersi sulla posizione dell’affondamento per soccorrere i sopravvissuti. Nello stesso tempo avvisò Berlino della situazione e delle azioni che aveva intrapreso. Questo fece imbestialire Hitler che ordinò all’ammiraglio Erich Raeder di ordinare a Dönitz di disimpegnarsi e tornare al piano di dislocamento originario. Raeder ordinò quindi all’U-506, comandato dal Kapitänleutnant Erich Würdemann, all’U-507, al comando del Korvettenkapitän Harro Schacht, ed al sommergibile italiano Comandante Cappellini di intercettare l’U-156, recuperare i sopravvissuti e dirigersi poi sul luogo dell’affondamento per recuperare altri naufraghi. Inoltre, richiese alle unità militari francesi (fedeli alla Francia di Vichy) dislocate in Dakar e in Costa d’Avorio, di dirigersi in zona per contribuire alle operazioni di salvataggio. I Francesi inviarono da Dakar l’incrociatore Gloire da 7.600 tonnellate e due sloop, l’Annamite da 660 tonnellate da Conakry, Guinea francese, e il Dumont-d’Urville da 2.000 tonnellate da Cotonou, Dahomey.

Come da ordini, Dönitz disimpegnò i sommergibili ma sostituì l’U-159 del Kapitänleutnant Helmut Witte con lU-156. Inoltre, ordinò che, prudenzialmente, tutti i battelli recuperassero un numero di naufraghi non maggiore di quello da impedire l’operabilità del sommergibile.

L’U-156 raccolse quasi 200 sopravvissuti, tra cui cinque donne, e ne ebbe altri 200 al seguito a bordo di quattro scialuppe di salvataggio. Alle sei del mattino del 13 settembre, Hartenstein invio un messaggio in inglese a tutte le navi nell’area, fornendo la sua posizione, richiedendo assistenza per i soccorsi e promettendo di non attaccare. La base inglese di Freetown intercettò il messaggio ma non lo considerò veritiero, pensando fosse un trucco dei Tedeschi. Solo due giorni dopo, il 15 settembre, gli Inglesi informarono parzialmente gli americani, riportando che la Laconia era stata silurata e la nave mercantile britannica Empire Haven era in rotta per raccogliere i sopravvissuti, senza fare menzione dell’azione di salvataggio dei naufraghi da parte dei Tedeschi e dei Francesi.

U 156 con i naufraghi a bordo

I naufraghi del Laconia accolti sul ponte dell’U 156

LU-156 rimase in superficie per i successivi due giorni e mezzo. Alle 11:30 del 15 settembre fu raggiunto dall’U-506 e poche ore dopo sia dall’U-507 che dal regio sommergibile Cappellini. I quattro sottomarini, con scialuppe di salvataggio al seguito e centinaia di sopravvissuti in piedi sui loro ponti, si diressero verso la costa africana e un appuntamento con le navi da guerra di superficie francesi di Vichy che erano partite dal Senegal e dal Dahomey.

Durante la notte i sottomarini si sono separati. Il 16 settembre alle 11:25, l’U-156 fu avvistato da un bombardiere americano B-24 Liberator. A bordo c’erano il tenente pilota James D. Harden, il tenente Edgar W. Keller, l’ufficiale di rotta Jerome Perimar che osservarono i sommergibili che mostravano visibili in coperta, come da convenzione internazionale, i teli bianchi con la croce rossa, indicanti la presenza di prigionieri a bordo. Il sommergibile tedesco comunicò anche una richiesta di assistenza sia in Morse sia in voce tramite un ufficiale britannico che era tra i sopravvissuti.

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Nonostante il pilota americano avesse chiaramente informato la sua base della situazione, il comando americano ordinò di attaccare il sommergibile. Una delle bombe scoppiò fra le scialuppe dei sopravvissuti. uccidendone decine. Hartenstein fu così costretto a tagliare le barbette delle scialuppe e immergersi. Lo fece lentamente, conscio che molti di loro erano ancora sul ponte. Secondo il rapporto del capo pilota, effettuò quattro tentativi contro il sottomarino e solo nel quarto sganciò due bombe. Le due scialuppe di salvataggio rimaste a galla decisero di dirigersi verso l’Africa: una arrivò dopo 27 giorni con solo 16 su 68 sopravvissuti, l’altra fu soccorsa da un peschereccio britannico dopo 40 giorni in mare ma solo quattro dei suoi 52 occupanti sopravvissero.

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R. Smg. Comandante Cappellini il giorno del varo

Nel frattempo, ignari dell’attacco, l’U-507, l’U-506 e il Cappellini continuarono a raccogliere i sopravvissuti. La mattina seguente il comandante del sommergibile Comandante Cappellini, tenente di vascello Marco Revedin, dopo aver scoperto con un certo sconcerto che stava soccorrendo i sopravvissuti che erano stati salvati dall’U-156, ricevette l’ordine da Betasom di tenersi pronto ad immergersi a causa di attacchi da parte del nemico.  Inoltre gli fu ordinato di mettere i naufraghi sulle zattere in dotazione eccetto donne, bambini e militari italiani, e quindi dirigersi verso le navi francesi. Analogo messaggio fu ricevuto dai sommergibili tedeschi U-507 e l’U-506 ma anche i rispettivi comandanti scelsero di non lasciare alla deriva nessun sopravvissuto. Il 17 settembre, un B-25 avvistò le scialuppe di salvataggio della RMS Laconia e informò la Empire Haven della loro posizione. 

donne e bambini Laconia trasbordati sul Gloire

6 naufraghi accolti a bordo del Gloire

L’incrociatore francese Gloire raccolse 52 sopravvissuti, tutti britannici, mentre si trovava ancora a 100 km dal punto di incontro; quindi, intercettarono lo sloop Annamite incontrando sia l’U-507 che l’U-506 al punto di incontro il 17 settembre. Ad eccezione di due ufficiali britannici tenuti a bordo dell’U-507, i sopravvissuti furono tutti trasferiti sulle navi di soccorso. In quattro ore la nave francese salvò altre 11 scialuppe di salvataggio e procedette all’appuntamento con l’Annamite. Il Gloire e l’Annamite salvarono 373 italiani, 70 polacchi e 597 britannici, che includevano 48 donne e bambini.

Il sommergibile Cappellini non arrivò al rendez vous con le navi da guerra francesi e, il 20 settembre si incontrò con l’aviso Dumont-d’Urville trasferendo tutti i naufraghi tranne otto ufficiali (due inglesi e sei italiani).

laconia in aaffondamento

L’RMS Laconia inclinato su un fianco, foto scattata dal sommergibile tedesco

Conclusione
Dell’equipaggio originale della Laconia, stimato in 2.741 persone, solo 1.083 sopravvissero. Dei 1.658 morti (alcune stime indicano il bilancio delle perdite di 1757), 1.420 erano prigionieri di guerra italiani. Molti si sarebbero potuti salvare se fosse stato applicato dagli Alleati il diritto internazionale di guerra.

Dopo l’evento del Laconia, l’ammiraglio Karl Dönitz emise un ordine chiamato Triton Null, noto anche come Laconia Order, che proibiva agli equipaggi degli U-Boot di soccorrere i naufraghi (cosa sempre applicata precedentemente come aveva fatto il comandante Salvatore Todaro con il Cappellini nell’evento del piroscafo Kabalo). L’ammiraglio Karl Dönitz, per questo ordine, fu in seguito incriminato per crimini di guerra al processo di Norimberga del 1946. Un’accusa che si rivoltò però contro gli Alleati in quanto emersero numerosi casi in cui i sommergibilisti tedeschi avevano agito con umanità mentre ciò non era sempre avvenuto da parte degli Alleati. Fatto comprovato dall’ammiraglio USN Chester Nimitz, comandante in capo della flotta statunitense del Pacifico, che testimoniò in favore di Dönitz affermando che la Marina degli Stati Uniti aveva di fatto condotto una guerra sottomarina senza restrizioni nel Pacifico fin dal primo giorno in cui gli Stati Uniti erano entrati nel Pacifico.

Alla luce di quanto e in particolare di un ordine dell’Ammiragliato britannico dell’8 maggio 1940, secondo il quale tutte le navi dovevano essere affondate a vista nello Skagerrak, Dönitz fu assolto dall’accusa. Interessante fu l’interpretazione posteriore del Naval War College che, nella serie Studi di diritto internazionale nei conflitti armati, analizzò l’evento dell’incidente della Laconia nel contesto dell’applicazione del diritto internazionale alla guerra sottomarina della Seconda guerra mondiale. Secondo lo studio, che invito a leggere per chi vuole approfondire la questione, chi emise l’ordine di attacco e il comandante dell’aereo che lo eseguì furono entrambi colpevoli di un crimine di guerra. In particolare, il comportamento del pilota in comando fu del tutto inammissibile poiché nei suoi passaggi sul bersaglio doveva essersi per forza reso conto della situazione. I rapporti di guerra riportano che, al di là degli ordini ricevuti, gli U-Boot tedeschi fornirono ancora occasionalmente aiuto ai naufraghi.

Quella del Laconia è una pagina tragica della storia navale che fa comprendere che anche in guerra possono esistere eroismi non scritti che non danno medaglie ma fanno grandi gli uomini che li hanno vissuti.

ANDREA MUCEDOLA OCEAN4FUTURE MADRE modAndrea Mucedola

Ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare.

 

Fonti
Léonce Peillard, La Battaglia dell’Atlantico, Mondadori, 1998 
Clay Blair jr., Hitler’s U-Boot War, 1996
Russell Hughes, The Laconia Incident: How Friendly Fire Changed POW Treatment for the Rest of the War, 2017 
James P. Duffy,  The Sinking of the Laconia and the U-Boat War:  Disaster in the Mid-Atlantic, Lincoln, University of Nebraska Press. ISBN, 2013 [1]
Naval War College, volume 65, Targeting Enemy Merchant Shipping, I capitolo
Antonio Trizzino, Sopra di noi l’oceano, Longanesi, 1963
Gian Paolo Bertelli, Da El Alamein al Laconia 

Alcune delle foto presenti in questo blog possono essere state prese dal web, citandone ove possibile gli autori e/o le fonti. Se qualcuno desiderasse specificarne l’autore o rimuoverle, può scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. e provvederemo immediatamente alla correzione dell’articolo

FONTE: Logo Ocean4future

 

News Marina Militare,, Il tragico evento del Laconia

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I “16 di PREMUDA” quelli che il 10 giugno 1918 scrissero la Storia

Estratto dalla rivista "Marinai d'Italia" di Dicembre 2022 un articolo per ricordare gli artefici dell'impresa di Premuda, a cura di Giuseppina Rizzo di Grado e di Premuda - Socia del Gruppo di Spoleto

16premuda

«...Sulla prima alba di ieri nostre piccolissime siluranti assalivano un gruppo di grandi corazzate nemiche naviganti nel medio Adriatico esternamente all’arcipelago Dalmata. Dei quattro siluri lanciati contro di esse, tre raggiungevano felicemente gli obiettivi»

16premuda1Così  l'Ammiraglio Paolo Thaon di Revel, Comandante in Capo del Dipartimento Militare Marittimo e della Piazza marittima di Venezia comunicava, con un dispaccio telegrafico, al Presidente del Consiglio dei Ministri, Orlando, la notizia dell’attacco dei “M.A.S. 15” e “M.A.S. 21” (Motoscafo Armato S.V.A.N # #) alla formazione austroungarica, che causò l’affondamento della corazzata "Szent  Istvan" (Santo Stefano -20.000 tonnellate di dislocamento) e il danneggiamento della nave da battaglia  "Tegetthoff".

(# # il 15 ed il 21, (in versione silurante), facevano parte, dopo il n. 1 e 2, della serie 3-22 delle Motobarche Armate S.V.A.N. (Società Veneziana Automobili Nautiche), di Attilio Bisio, che li aveva progettati e costruiti per la Regia Marina. L’acronimo M.A.S., così intendeva sottolineare il legame con il costruttore. Si trattava di unità multiruolo che si potevano configurare in funzione della missione con differenti armamenti. In seguito troviamo la definizione per M.A.S. di Motobarca Anti Sommergibile ed in ultimo “Motoscafo Armato Silurante”)

L’azione dei “M.A.S.” determinò, a livello strategico, l’immediato annullamento del piano di attacco, pianificato dall’Ammiraglio Horty e previsto per l’11 giugno, allo scopo di forzare il blocco del Canale di Otranto. Tale evento, di fatto, coincise con la fine di ogni azione da parte della flotta nemica in Adriatico.

Per ricordare alle future generazioni una delle più significative e ardite azioni compiute sul mare durante la 1ª Guerra Mondiale, la data del 10 giugno è stata scelta per celebrare la “Giornata della Marina Militare”.

Oltre al Capo Squadriglia, il comandante Luigi Rizzo, imbarcato sul “M.A.S. 15”, al comando del Capo timoniere di 2^ Classe Armando Gori, e al comandante del “M.A.S. 21”, il Guardiamarina Giuseppe Aonzo, in pochissime occasioni, sono stati ricordati anche gli altri marinai dei due equipaggi: “uomini di cuore saldo, innamorati del proprio dovere, preparati a qualsiasi avventura, orgogliosi di poter imporre la propria forza e la propria superiorità, non con la massa bruta dei mezzi schiaccianti, ma con l’agile strumento che, meglio di ogni altro, interpreta e simboleggia lo spirito di iniziativa e audacia degli Italiani”, come descriveva Luigi Rizzo gli uomini che prestavano servizio sui “M.A.S”. L’unico modo per far rivivere la loro memoria era ritrovare i discendenti dei “16 di Premuda” e raccogliere le loro testimonianze sulla vita dei loro cari.

La ricerca dei discendenti è stata avviata dal Gruppo di Mestre “Adolfo Benin”, nelle persone del suo Presidente Roberto Martinelli e del Socio Massimo Betto, che nel settembre 2021 hanno realizzato l’evento “60-160-1600”, che ha riscosso molto successo.16premuda2

Prendendo spunto dall’anniversario dei 160 anni della Marina Militare, il citato Gruppo si è impegnato a ricercare e a riunire, oltre ai discendenti dell’ammiraglio Thaon di Revel, di Nazario Sauro e di F. Moratto (nipote di un ufficiale del tiro della Santo Stefano, la maggior parte dei discendenti dei 16 (Aonzo, Santarelli, Gori, Manfredi, Annaloro, Bertucci, Donato e Rizzo).

La ricerca è continuata, poi, grazie a Katia La Porta (ora iscritta al Gruppo di Palermo), nipote di Salvatore Annaloro, ad Alessandra e Armanda Bertini (del Gruppo ANMI di Firenze), nipoti di Armando Gori, a Giuseppe Grillo (Gruppo ANMI di Savona), nipote di Giuseppe Aonzo, al già citato Massimo Betto e alla sottoscritta, nipote di Luigi Rizzo: insieme abbiamo ritrovato i parenti di altri cinque marinai degli equipaggi dei “M.A.S.” (De Fano, Bagnato, Tomat, Feo e in ultimo Calipari; l’ultimo con il contributo del Presidente del Gruppo ANMI di Reggio Calabria, Sabrina Martorano), oltre agli estratti dei Fogli Matricolari di Q. Capuano, L. Rossi e G. Varchetta.

Tutto il materiale raccolto ha permesso di dare vita alla mostra “Luigi Rizzo e gli eroi ritrovati - Documenti e testimonianze sull’ardimentosa squadriglia dei M.A.S. durante la Grande Guerra nell’Alto Adriatico“ tenutasi a Milazzo, nel Palazzo D’Amico, dal 10 al 19 giugno 2022 con il patrocinio del Comune di Milazzo, della Marina Militare, dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia, dell’Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al V.M., della Guardia Costiera e della Società Milazzese di Storia Patri.

16premuda3 16premuda4Madrina della mostra è stata Maria Annaloro, figlia di Salvatore Annaloro, in rappresentanza delle altre figlie ancora viventi, che non hanno potuto essere presenti all’inaugurazione, ma che qui vogliamo ricordare: Rosa Anna Aonzo, Francesca Annaloro (venuta a mancare il 12 agosto), Elena Calipari, Pia Tomat e Maria Guglielmina Rizzo, che ha visitato la mostra, appena allestita, il giorno precedente.

 

Per la prima volta sono state presentate, insieme, le storie di tutti i 16 componenti degli equipaggi a prescindere su quale “M.A.S.” fossero imbarcati e con quale grado, grazie ai documenti e, soprattutto, alle fotografie conservate gelosamente dai discendenti nei loro archivi e album personali, nella maggior parte dei casi inedite, che hanno dato vita a interessanti e toccanti pannelli espositivi.

Nella mostra sono state ricordate anche le figure dell’Ammiraglio Paolo Thaon di Revel, del martire Nazario Sauro e Romano Manzutto, irridentista amico di Sauro e, come lui, ricercato dagli Austriaci come disertore.

16premuda5

È stata proposta anche la storia della “Corazzata di Sua Maestà Szent  Istvan”, dal giorno del varo al 10 giugno 1918, in base alle testimonianze di coloro che riuscirono a salvarsi, come l’ufficiale del tiro Fortunato Moratto di Parenzo e il marinaio Giuseppe Kucick di Fiume, giunte a noi tramite il ricordo dei nipoti Fortunato Moratto e Franco Cucci.

Le motivazioni, che ci hanno spinto a realizzare la mostra, e le caratteristiche della stessa sono state recepite e condivise dai Gruppi dell’ANMI e da altre Associazioni, che hanno chiesto di farla diventare itinerante.

Per  dare risalto a ogni componente degli equipaggi, se sarà organizzata in città o regioni che hanno dato i natali a uno di loro, il titolo della mostra onorerà il suo nome, dando così lo spunto per nuove ricerche e più puntuali contributi sui singoli Membri, che permetteranno di ampliare ulteriormente quanto ora presentato.

I 16 di Premuda

"A premessa occorre ricordare che tutti coloro che parteciparono all’impresa furono decorati con la Medaglia d’Argento al Valor Militare (M.A.V.M.), eccetto Luigi Rizzo e Giuseppe Aonzo, che vennero insigniti di Medaglia d’Oro (M.O.V.M.) Tutti ottennero la promozione concessa dal Re, con motu proprio insieme alle medaglie al V.M."

1 - Emilio Manfredi Lerici (SP), 30.10.1881 Lerici, 16.11.1942 Dopo la laurea in giurisprudenza, iniziò la carriera diplomatica che lo portò, tra l’altro, a Buenos Aires, Adrianopoli, Ragusa e Briga. Il 1° febbraio 1918 fu ammesso nella Regia Marina con il grado di Volontario motonauta di 2ª classe. Era sulla banchina del porto di Ancona, il 9 giugno 1918, quando Luigi Rizzo, che si stava preparando alla partenza, dopo averlo visto gironzolare attorno al “15”, gli chiese ironicamente se volesse seguirlo. Manfredi accolse l’invito e salì sul “M.A.S.”, prendendo parte così all’impresa. Fu promosso a Volontario motonauta di 1ª classe. Dal 28 novembre 1918 venne destinato a Smirne in qualità di Commissario di armistizio e dal 1919 riprese la sua brillante carriera diplomatica.

2 - UgoTomat Matricola: 41457 Venzone (UD), 29.10.1896 Gemona Fr. (UD), 26.9.1975 Dopo il corso a Venezia sull’incrociatore corazzato Carlo Alberto e gli imbarchi a Portoferraio, sull’Isola d’Elba, sede armata dei “MM.AA.SS.”, divenne Fuochista Artefice il 1° maggio 1917; dal 1° gennaio 1918 è sul “M.A.S. 21”. Per l’impresa di Premuda fu promosso a “Fuochista scelto A”. Dall’osservazione delle foto scattate subito dopo l’impresa, si può notare sul braccio il distintivo dei fuochisti e la sigla “M” distintivo della specialità dei Motoristi Navali. Dopo la fine del conflitto, con la famiglia che a causa della guerra dal 1917 era sfollata a Piacenza, Ugo tornò a Venzone, si sposò e aprì un’officina per la riparazione di bilance. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale fu trasferito nel Regio Esercito presso il Distretto Militare di Sacile, in base all’Art. 9 T.U. sulla leva marittima, approvato con R.D. 23-7-1932, n° 1365 il 15.7.37.

3 - Giovanni Calipari Matricola: 32726 Bianco (RC), 15.4.1895 R. Calabria, 18.6.1981 Iscritto nel compartimento di Reggio Calabria, il 17 novembre 1915 venne classificato marinaio. A Venezia frequentò i corsi tecnici per meccanici ottenendo, il 5 gennaio 1916, la nomina di “Allievo Fuochista Artefice” e destinato alla Flottiglia “M.A.S.” dell’Alto Adriatico; il 10 giugno 1918 era imbarcato sul “M.A.S. 21” come “Fuochista A.M.”. Ebbe la promozione a “Fuochista scelto A”. Nella foto storica scattata dopo alcuni mesi dall’impresa, lui e Capuano indossano, a differenza degli altri, la divisa grigio verde: segno evidente che avevano fatto parte dei marinai impiegati, per la cooperazione con l’Esercito, sul fronte terrestre. Dopo la guerra lavorò in un’industria frigorifera di Reggio e subì dei gravi incidenti sul lavoro tanto da essere dichiarato Grande Invalido.

4 - Lorenzo Feo Matricola: 57614 (Palermo // - //) Di Lorenzo non conoscevamo nemmeno le sembianze, perché non era presente in nessuna delle foto scattate, dopo l’impresa, agli equipaggi dei due “M.A.S.” In attesa di nuove informazioni sul suo stato di servizio, sappiamo solo che era nato a Palermo; il padre Giovanni, con i fratelli, gestiva una tintoria in cui si effettuava anche la mercerizzazione del cotone. Grazie al pronipote Marco, ora abbiamo una sua foto in divisa scattata dopo Premuda, in quanto ha i gradi di Sottocapo, con lo stemma della categoria “Siluristi”, ricevuti in seguito alla promozione.

5 - Quirino Capuano Matricola: 96568 Forio d’Ischia (NA), 5.7.1893 - // Purtroppo ancora non siamo riusciti a ritrovare i suoi discendenti e dobbiamo affidarci solo alle notizie riportate nell’estratto del suo Foglio Matricolare. Arruolato il 15 ottobre 1913, fu classificato Marò. Dal giugno del 1916 al febbraio del 1918 fu imbarcato sul “M.A.S.13” (non fece parte, però, dell’equipaggio comandato da A. Ferrarini che partecipò all’azione dell’affondamento della nave da battaglia Wien). Passò alla squadriglia “M.A.S.” di Ancona da febbraio 1918 a luglio 1919. Il 10 giugno 1918 era imbarcato sul “M.A.S. 21” come Cannoniere scelto e per l’impresa di Premuda fu promosso a Sottocapo cannoniere. Come Giovanni Calipari, nella foto storica scattata dopo alcuni mesi dall’impresa, si può notare che indossa la divisa grigio verde.

6 - Salvatore Annaloro Matricola: 3825 Palermo, 1.5.1898 Palermo, 9.6.1978 Frequentò a Venezia i corsi tecnici dedicati ai motoristi e partecipò alla difesa di Grado e all’azione di Cortellazzo, del 16 novembre 1917; fu autorizzato, per due volte, a fregiarsi del distintivo di “Ardito”. Imbarcato sul“M.A.S.15” come “Fuochista abilitato Motorista”, insieme all’altro Motorista G. De Fano, ricordò in un’intervista che poco prima dell’incontro con il nemico riparò un’avaria alla pompa di alimentazione della benzina. Ebbe la promozione a Sottocapo Meccanico Motorista. Dopo Premuda aprì un’officina navale nella sua Palermo.

 7 - Bruno Santarelli Matricola: 22622 Falconara M.-AN, 19.7.1895 Falconara M., 1976 Non abbiamo notizie precedenti all’impresa di Premuda a cui partecipò, sul “M.A.S. 21”, come Torpediniere; dalla foto scattata subito dopo, si può notare che anche lui, sulla divisa, porta il distintivo di “Ardito”. Ottenne la promozione a “Sottocapo torpediniere M”. Finito il periodo di leva, lavorò nelle Ferrovie dello Stato. Nella vita privata era un uomo che amava la famiglia e il lavoro di ferroviere e coltivava, inoltre, la passione per il gioco delle bocce.

8 - Francesco Bagnato Matricola: 24564 Parghelia (CZ) 13.1.1895 Genova, gennaio 1973 Con la famiglia dovette lasciare il suo paese, distrutto dal terremoto del 1908, trasferendosi a Genova. Iscritto nel compartimento marittimo di Pizzo Calabro venne inquadrato come marinaio navigante. Anche lui “Ardito”, come Annaloro e Donato, partecipò all’azione di Cortellazzo. Da gennaio 1918 venne classificato marinaio scelto e come tale è sul “M.A.S. 15” nell’impresa di Premuda, ricevendo la promozione a “Sotto nocchiere”. Dal suo racconto, poi confermato da un altro membro di quell’equipaggio, il fuochista Giuseppe De Fano, fu lui a scorgere per primo il fumo che all’orizzonte si levava dalla Squadra Navale nemica e a dare l’allarme. Dopo la guerra continuò a navigare nella Marina Mercantile e fece parte dell’equipaggio del “Rex” nel suo viaggio inaugurale. Allo scoppio del Secondo Conflitto Mondiale venne imbarcato sui sommergibili atlantici.

9 - Giuseppe De Fano Matricola: 38556 Bari, 11.11.1896 Putignano (BA), 11.1.1976 Arruolato come marinaio nell’ottobre1916,dopo aver partecipato a Venezia ai corsi tecnici dedicati ai motoristi, nel 1917 ottenne il certificato di idoneità per la condotta dei motori a scoppio e a combustione interna e fu trasferito prima alla Flottiglia “M.A.S.” di Venezia; dal 15 aprile 1918 è in Ancona, sul “M.A.S. 15”. Fu promosso a “Fuochista scelto A”. Rimase sul “M.A.S. 15” fino al 2 giugno del 1919, quando rientrò nella flottiglia “M.A.S.” di Venezia e poi inviato a quella di stanza a Pola. Nel 1919 è con Gabriele d’Annunzio alla marcia di Ronchi e sul “M.A.S. 22” che, con altri 7, faceva parte della Flottiglia dislocata a Fiume. Tornato, nel dicembre 1919, a Venezia,fu congedato a fine gennaio 1920 e ritornò a Bari, dove fu assunto alla locale Manifattura Tabacchi. L’amore per il mare, passione che mai lo abbandonò, lo spinse a diventare proprietario di una villa in località San Cataldo di Bari, in posizione prospiciente il mare, dove ha potuto trasferire l’amore e la passione per questo elemento alle due figlie e ai nipoti.

10 - Eraldo Bertucci Matricola: 59792 Collagna (RE), 20.6.1897 Pitelli (SP), 28.9.1934 Uscì dalla Scuola “Specialisti Torpedinieri E.S. e Cannonieri A.” della Regia Marina a La Spezia, con il grado di “Torpediniere Silurista”. Nell’equipaggio del “M.A.S. 15” come “Torpediniere scelto”, per l’impresa di Premuda, ebbe la promozione a “Sottocapo torpediniere S”. Dopo Premuda sposò Bice Calzolari, sorella di Oniglio Calzolari, che partecipò alla “Beffa di Buccari” sul “M.A.S.95”,al comando del  tenente di vascello Profeta Odoardo de Santis. Bertucci rimase in servizio nella Regia Marina nel Compartimento Marittimo di La Spezia fino al 4 gennaio 1929. Purtroppo, a causa di una malattia, Eraldo morì nel 1934, a soli 37 anni.

11 - Luigi Rossi Matricola: 52373 Viareggio (LU), 23.5.1889 - // Purtroppo ancora non siamo riusciti a ritrovare i suoi discendenti. Arruolato nel 1909 come marinaio, venne imbarcato sulle Regie Navi Italia e Re Umberto. Partecipò, sull’incrociatore Varese, alla guerra Italo-Turca ottenendo una Medaglia di Bronzo al V.M. Allo scoppio della guerra fu inviato prima a Venezia e poi a Grado, fregiandosi del distintivo degli “Arditi”. Dal luglio del 1916 fu imbarcato sul “M.A.S. 17” e nel settembre del 1917 ottenne la promozione a “Sottonocchiere”. Sul“M.A.S.21”,per l’azione di Premuda venne promosso “2° Nocchiere”. Richiamato in servizio nel maggio del 1940, partecipò alla Seconda Guerra Mondiale, congedandosi il 23 maggio 1945.

12 - Giuseppe Aonzo Matricola ufficiali: 590/C Savona, 24.6.1887 Savona, 1.1.1954 Sin dall’infanzia, grazie all’esempio del padre e ai racconti della madre, si formò in lui il desiderio di effettuare lunghi  viaggi per mare verso terre lontane. Dopo lo scoppio della guerra,nel 1916 gli fu assegnato il comando dei “MM.AA.SS.” quale Guardiamarina di Complemento. Comandante del “21”, per l’impresa di Premuda fu insignito della Medaglia d’Oro al V.M. Dopo la fine della guerra riprese a navigare con la Marina Mercantile. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, quale Capitano di Fregata, ricoprì diversi comandi e nel 1941 prese congedo definitivo dalla Marina Militare, ritornando alla Mercantile. Approfondimenti sono in corso per verificare se e che ruolo abbia avuto Aonzo durante il lungo comando della Motocisterna “Fulgor”, che durante il secondo conflitto fu internata nel porto di Algeciras accanto all’”Olterra”; entrambe furono usate quali base di appoggio per le incursioni dei nostri maiali alla flotta inglese ormeggiata a Gibilterra.

16premuda6

Affondamento della Corazzata Szent  Istvan

13 - Luigi Rizzo Matricola Ufficiali: 4484/16 Milazzo (ME), 8.10.1887 Roma, 27.6.1951 Allo scoppio della guerra fu destinato, fino al gennaio del 1917, alla Difesa Marittima di Grado, agli ordini del capitano di corvetta Filippo Camperio e poi del capitano di fregata Alfredo Dentice di Frasso. Passò, quindi, alla squadriglia “M.A.S.” dell’Alto Adriatico dal febbraio del 1917 all’ottobre del 1918 e alla Difesa Marittima di Trieste fino al 20 febbraio del 1919. Per le azioni svolte durante la Grande Guerra fu decorato con 2 Croci al merito di guerra al V.M., 4 Medaglie d’Argento al V.M. e Medaglia d’Oro al V.M. per l’affondamento del Wien nella rada di Trieste. Per l’impresa di Premuda venne insignito della Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia; in virtù del R.D. 25 maggio 1915 n. 753, che vietava di conferire alla stessa persona più di tre medaglie al valore cumulativamente d’argento e d’oro, non fu fregiato della seconda M.O.V.M. Tale limitazione fu abrogata con il R.D. 15 giugno1922 n.975 e quindi,con R.D. 27 maggio1923, gli fu revocata la nomina a cavaliere dell’Ordine militare di Savoia e concessa la 2ª M.O.V.M.

14 - Armando Gori Matricola: 26465 Vicchio del M. (FI), 25.7.1888 Genova, 24.2.1953 Nel 1906 si arruola nel Corpo Regi Equipaggi Marittimi a La Spezia. Divenuto “Sottocapo Timoniere” compie una serie di imbarchi che lo portano in Africa e in Estremo Oriente. Con la R.N. Calabria partecipò alla guerra Italo-Turca. All’entrata in guerra, come “Capo Timoniere di 2ª classe”, prende parte sulla R.N. Quarto a circa 25 missioni, per le quali, nel 1916, ottiene la Croce al Merito di Guerra. Nel giugno del 1917 chiese di far parte della Flottiglia “M.A.S.”. Come Comandante del “M.A.S. 15” prese parte all’impresa di Premuda e ottenne la promozione a “Capo Timoniere di 1ª classe”.  Nel 1920-21 partecipò, con la Corazzata Roma, alla Campagna Oceanica in Sud America. Dal 1932 passò al Comando Marina di Tripoli come comandante della R. Cannoniera Alula e poi al comando della R. Motocisterna Sebeto, con base a Massaua. Nel 1941, allo scoppiò della Seconda Guerra  Mondiale, rimasto bloccato a Massaua venne preso prigioniero dagli Inglesi e portato in un campo di prigionia in India, a Bairagarh, dove rimase per quattro anni. Tornato in Italia si trasferì con la famiglia a Genova. Nel 1948 passò alla Mercantile, svolgendo attività come Capitano di Gran Cabotaggio.

15 - Giorgio Varchetta Matricola: 32613 Pianura (NA), 21.6.1890 - Purtroppo ancora non siamo riusciti a ritrovare i suoi discendenti, ma sappiamo che fu arruolato come volontario nel C.R.E.M. nel 1907 e divenne “Sottocapo Cannoniere” nel 1911. Imbarcato sulle R.N. Amalfi e Roma, partecipò alla guerra Italo-Turca. Allo scoppio della guerra, fu inviato a Venezia e poi sul pontone armato “Valente” fino al 30.04.1917; data in cui passò alla Flottiglia “M.A.S.”. Per l’impresa di Premuda ebbe la promozione a“2°Capo Cannoniere”.

16 - Letterio Donato Matricola: 24502 Messina Vill. Pace, 15.3.1895 Messina, 7.11.1978 Prima della guerra aveva navigato nella Mercantile. Allo scoppio delle ostilità partecipò a diverse azioni per cui poté fregiarsi del distintivo degli “Arditi”. Come Annaloro e Bagnato partecipò alla battaglia di Cortellazzo del 16 novembre 1917. Liù, come affettuosamente lo chiamava Luigi Rizzo, durante l’azione di Premuda, lanciò le due bombe di profondità, che fecero desistere la torpediniera nemica “76” dall’inseguimento: evento confermato da Rizzo in un suo scritto, sull’impresa di Premuda, del 1927. Fu promosso a “Sottonocchiere”. Terminato il conflitto riprese la professione di marittimo e fu per 40 anni nostromo sulle navi dell’attuale “Siremar”. Cavaliere di Vittorio Veneto, gli fu intitolata una scuola elementare nel Villaggio Pace.

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FONTE: logo marinaiditalia138

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