Il mistero del Faro di Eilean Moor-Scozia

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IL MISTERO DEL FARO DI EILEAN MOOR, SCOZIA

di Annamaria "Lilla" Mariotti

Tratto dal volume
"RACCONTI DI FARI E ALTRE STORIE DI MARE"
Ed. Frilli 2006 – ristampa 2008

Ay, though we hunted high and low
And hunted everywhere
Of the three men's fate we found no trace
Of any kind in any place
But a door ajar and an untouched meal
And an overtoppled chair......

Tratto da “ Flannan Isle” di Wilfrid Gibson, 1912


La prima volta che sono venuta a conoscenza per puro caso del fatto che sto per raccontarvi non l'’ho preso per vero. Ho pensato ad una leggenda locale o all'’invenzione di qualche fantasioso scrittore, così ho deciso di documentarmi e, seguendo gli indizi, sono arrivata ai National Archives of Scotland, ed ecco, davanti a me, i documenti originali, i telegrammi, la corrispondenza, i rapporti, tutto quello che concerneva questo giallo, un caso misterioso accaduto centocinque anni fa e mai risolto. Il faro e l’'Oceano Atlantico hanno mantenuto e manterranno per sempre il loro segreto.

treguardiani20001

Tutto è accaduto a Eilean Mor, “Grande Isola” in Gaelico, una delle isole Flannan, una manciata di sette scogli buttati quasi per caso nell’' Atlantico del Nord Ovest, chiamate anche “I sette cacciatori”, situate a 33 Km dalle Isole Ebridi, al largo della Scozia.

Queste isole prendono il loro nome da un vescovo, Flannan o Flann, che nel 1600 aveva fatto erigere una cappella proprio su Eilean Mor. Il motivo che può aver spinto quel pio uomo a costruire una cappella in quell'’angolo di mondo sperduto in quell’'epoca e soprattutto le difficoltà che può avere incontrato per portare a termine il suo compito sono del tutto sconosciute, comunque tutto l'’arcipelago è sempre rimasto disabitato.

 In tempi antichi i pastori delle Ebridi solevano portare le loro pecore a pascolare su alcune di quelle isole, ricche di pascoli durante l'’estate, ma mai vi passavano la notte. Quegli scogli avevano la fama di essere abitati da presenze misteriose, inquietanti e nessuno aveva la volontà di fermarsi a controllare se era vero. Meglio tornare con la rassicurante luce del sole.

 treguardiani20003La “Grande Isola” ha una superficie di circa 150 metri quadrati e il suo punto più alto raggiunge appena gli 80 metri. Anche se durante l'’estate l'’isola ha una lussureggiante fioritura e pullula di uccelli marini, non potrebbe esserci posto più desolato in tutto il mondo e mare più pericoloso intorno, infatti durante gli anni, con l'’aumentare della navigazione in quella zona, aumentò il numero dei naufragi. Per questo nel 1895 venne presa la decisione di illuminare quel tratto di costa tra le Flannan e l’'isola di Lewis e la scelta cadde sull'’isola di Eilean Mor. I lavori durarono a lungo, tra mille difficoltà, con il mare sempre in tempesta, come sempre succede per la costruzione di un faro in mezzo al nulla, ed i due anni preventivati diventarono cinque. il 7 Dicembre 1899 fu inaugurato a Eilean Mor un faro costruito da uno dei famosi architetti di fari della dinastia Stevenson, una piccola costruzione affiancata da una torre alta 22 metri, la cui lanterna lanciava due lampi in rapida successione ogni 30 secondi visibili a 24 miglia di distanza. Al di sotto del faro si trovava ancora la piccola, antica cappella in pietra, costruita duecento anni prima.

 Il 7 Dicembre 1900, nel primo anniversario della sua inaugurazione, arrivarono sull'’isola i guardiani in carica per il turno quindicinale : James Ducat, Capo Guardiano, Thomas Marshall secondo assistente e Donald Mc Arthur, definito “guardiano occasionale”. in quanto veniva ingaggiato quando c’'era da sostituire qualcuno, in questo caso era arrivato al posto di William Ross, il primo Assistente, che si era ammalato. Tutto procedette bene fino alla notte del 15 Dicembre 1900, quando il comandante della la nave “Archtor”, passando nelle vicinanze notò che la luce del faro era spenta. Dalle informazioni che si hanno sembra che questa notizia sia stata inviata dal comandante alle autorità competenti, ma che per qualche motivo non venne presa in considerazione o rimase in qualche cassetto. Il 21 Dicembre era previsto l’'arrivo all'’isola della nave “Hesperus”, nave appoggio ai fari, che veniva inviata dal Northern Lighthouse Board per una visita di routine al faro, ma anche per l’'avvicendamento degli uomini e per l’'approvvigionamento. Una terribile tempesta che infuriava nella zona ne dilazionò l’'arrivo fino al 26, il giorno dopo Natale. Il tempo si era schiarito, ma comunque gli uomini dovettero effettuare diversi tentativi per poter attraccare ad uno dei due pontili del faro, situati uno a oriente ed uno ad occidente dell'’isola in modo da offrire possibilità di sbarco in condizioni di mare e di vento diversi, perché il mare era ancora agitato e l'approdo difficile.

 Eilean Moor anticoCon grande sorpresa dell’'equipaggio nessuno dei guardiani del faro era in attesa, come di solito avveniva, per aiutare gli uomini che si sarebbero avvicinati su una piccola barca, così il comandante Harvie fece sparare un razzo e suonare la sirena, senza ottenere alcuna risposta, allora due dei componenti dell’'equipaggio, con molta difficoltà, riuscirono a scendere a terra con una barca, la tirarono in secco ed andarono al faro per vedere cosa fosse successo. Il cancello d’'ingresso e la porta del faro erano entrambi chiusi a chiave, e gli uomini dovettero entrare usando quelle di riserva, ma non c'’era nessuna traccia dei tre guardiani. L’orologio nella stanza principale era fermo, il fuoco nel camino era spento, i letti erano in ordine, sul tavolo della cucina un piatto di stufato era stato lasciato a metà e c’'era una sedia rovesciata sul pavimento, come se qualcuno fosse uscito molto in fretta. Nell’'armadio trovarono una sola cerata ed un solo paio di stivali, segno che due degli uomini dovevano essere usciti durante il maltempo vestiti in modo appropriato, ma il terzo ? Era plausibile che fosse uscito in maniche di camicia mentre infuriava una tempesta ? Il libro di servizio del faro era in ordine fino al 13 Dicembre, e le istruzioni per i giorni 14 e 15 erano state scritte su una lavagna da Ducat, il Capo Guardiano. Un appunto era stato cancellato. Risultava che la lanterna era stata accesa il 14 notte, poi era stata ripulita e messa in ordine per essere riaccesa il 15 sera, era persino stato aggiunto l'olio di balena nella lanterna, ma perché era rimasta spenta ? Tutto faceva pensare che gli uomini fossero scomparsi in qualche momento dopo l’'ora di pranzo e prima che calasse la sera del giorno 15 e che il faro fosse abbandonato da diversi giorni.

Eilean Moor 03 Furono fatte ricerche accurate per tutta l’'isola, in tutti gli anfratti, in tutti gli angoli possibili, ma non portarono ad alcun risultato, nessuna traccia dei guardiani. Una prima impressione faceva pensare che potesse essere scoppiata una lite, forse dovuta al prolungato isolamento, tutti sanno che può anche portare alla pazzia, ma se pure si fossero picchiati a sangue, come era possibile che fossero spariti tutti e tre?

 Alcuni uomini dell'’”Hesperus”, tra i quali un certo J. Moore, si fermarono provvisoriamente sull'isola per riattivare il faro che era stato spento dal 15 al 26 Dicembre, e, prima di poter pensare ad investigare a fondo, la Commissione Scozzese per i fari prese rapide misure per rimetterlo in funzione. Il 27 Dicembre inviò un telegramma al guardiano del faro di Tiumpan Head sull’isola di Lewis : "“Incidente alle Isola Flannan. Recatevi là a prendere servizio per circa due settimane. Incontrerete la nave postale “Stornway” domani notte. Jack, Assistente guardiano, arriverà con la nave. Recatevi insieme a Breascleit a raggiungere l’”'Hesperus”. Ferrie, di Stornway arriverà stanotte per prendere servizio a Tiumpan Head. Risposta per telegramma”". Questa la parte burocratica e la prima, urgente soluzione al problema di poter tenere acceso un faro così importante, ma benché in seguito venissero fatte altre accurate indagini, nessuno riuscì e venire a capo del mistero.

Dove erano finiti i tre uomini ? A tutti sembrava impossibile che tre esperti guardiani di un faro in una zona disagiata come quella fossero usciti insieme all’'aperto durante una tempesta, come risulta dal lungo rapporto scritto dal Sovrintendente Robert Muirhead l’8 Gennaio 1901. Quest'’uomo era andato sull'’isola il 29 Dicembre per investigare, e il suo dettagliato rapporto è conservato negli Archivi Nazionali di Scozia. Da questo risulta che ogni possibile ricerca era stata fatta sia all'’interno del faro che per tutta l’isola e che niente mancava. Tutta via qualche stranezza venne notata : vicino all’imbarcadero occidentale mancava un salvagente che si trovava alloggiato in quel posto per i casi di emergenza ed una gru che sovrastava le rocce era mezzo divelta, con le funi tutte aggrovigliate. La conclusione fu che, anche se il 15 Dicembre era stata una giornata di mare abbastanza calmo, un'’ondata anomala di particolare violenza e dimensioni doveva avere investito all'’improvviso quella zona, strappando il salvagente dalla sua posizione e danneggiando la gru e che gli uomini, forse accorsi per riparare i danni, dovevano essere stati travolti da quell’'ondata improvvisa e miseramente annegati o forse uno era caduto in mare e gli altri, nel tentativo di salvarlo, avevano subito la stessa sorte. Però le imbragature di sicurezza erano al loro posto, come era pensabile che tre uomini con la loro esperienza non avessero usato quegli attrezzi così utili per la salvezza ? Restava comunque il mistero della cerata non indossata.

eilean moor interno

treguardiani2004Al Sovrintendente toccò anche il triste compito di avvisare personalmente le tre vedove. Nel frattempo era giunta voce che il faro era rimasto non visibile dalla terraferma, se non spento, per alcune notti, tra il 7 ed il 26 Dicembre, notte in cui fu riacceso dai marinai dell’”Hesperus” e questo creò un altro mistero. Il Sovrintendente aveva avuto una conversazione con il Capo Guardiano Ducat proprio il 7 Dicembre quando lo aveva accompagnato sull’isola e, in quell’occasione, era stato presa in considerazione l’'opportunità che i guardiani esponessero un segnale anche di giorno per comunicare che tutto andava bene. Tutto questo era comunque di poca utilità, perché le condizioni atmosferiche della zona non consentivano mai una buona visibilità del faro da terra. La relazione si conclude con parole di rincrescimento per la perdita di tre uomini così validi, selezionati personalmente dal Sovrintendente stesso per lavorare in un faro dell'’importanza di quello delle Isole Flannan e con la consapevolezza che con la sua visita a Eilean Mor, il 7 Dicembre, lui era stato l’ultima persona a stringere la mano a quegli uomini.

Queste le conclusioni ufficiali, anche se il caso non venne mai ufficialmente chiuso, seguite da anni di ulteriori indagini, che però non hanno mai portato a niente. Nel 1947 un giornalista, Valentine Dyal, si era recato sull'’isola per scrivere un ulteriore resoconto degli avvenimenti, e pensò di avere messo la parola fine ad anni di speculazioni. Si riferiva all’esperienza vissuta da uno scrittore scozzese, Ian Campbell, che aveva visitato Eilean Mor un po'’ di tempo prima e che aveva raccontato che mentre si trovava all'’imbarcadero occidentale in una giornata di mare assolutamente calmo e senza vento un’ondata improvvisa di oltre 20 metri si era improvvisamente alzata dal nulla, si era rovesciata sul molo, dopodichè tutto era tornato calmo e tranquillo Campbell si informò dai pescatori delle isole vicine e sentì raccontare storie di onde anomale che avevano inghiottito interi pescherecci, e che spesso di riversavano su quell’isola maledetta, ma di più non riuscì a sapere.

 Ma ci sono state altre ipotesi, mai suffragate da fatti. Voci cominciarono a correre, si diceva che la cucina era in realtà tutta in disordine, che il dramma doveva essersi svolto all’'interno del faro e non all’'esterno e che i tre uomini dovevano essersi uccisi a vicenda, finendo poi in mare in qualche modo. Poi si accesa anche la fantasia, qualcuno raccontò che un enorme serpente marino, chiamato “krake” avesse la sua dimora al di sotto di Eilean Mor e che fosse uscito dal mare per divorare i tre guardiani e che avesse distrutto la gru con un colpo di coda mentre tornava nella sua tana. Un’'altra storia raccontava che tre bellissime sirene si erano affacciate all’imbarcadero mentre gli uomini erano intenti al loro lavoro e che li avevano portati in fondo al mare con le loro lusinghe. Non è mancato anche chi ha vagliato la possibilità che fossero stati rapiti dagli alieni. Nel 1912 Wilfrid Gibson scrisse anche una poesia dedicata al fatto.

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 Nel 1971 il faro è stato automatizzato e ora è stato anche elettrificato per mezzo di cellule solari poste sul lato sud della torre, la modernità è arrivata anche in quello sperduto angolo di mare, così non c’è più nessun guardiano a prendersi cura della lanterna, ad accenderla ogni sera. Ed il mistero ? Non è mai stato risolto e qualunque sia stata la sorte di quei tre uomini ormai sono entrati nella storia e nella leggenda e nessuno li scorderà mai.

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Il faro del fantasma burlone

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IL FARO DEL FANTASMA BURLONE
Tratto dal volume
"RACCONTI DI FARI E ALTRE STORIE DI MARE"
Ed. F.lli Frilli 2006- ristampa 2008
Di Annamaria “Lilla” Mariotti

fantasmaburlone 001Le storie di fantasmi sono come i pettegolezzi, qualcuno le ha sentite da qualcuno, che le ha sentite da qualcun altro, che le ha lette non sa più dove, forse su qualche vecchio libro, tanto che le sue origini si perdono nel tempo, ma sono comunque storie che vengono da sempre raccontate e da sempre ascoltate con curiosità mista a paura.   Una volta si usava raccontarle nelle lunghe serate d’inverso, seduti vicino al fuoco, dove le fiamme lanciavano bagliori danzanti sulle pareti che facevano stringere le persone l’una all’altra, come a farsi coraggio.

I fari non fanno eccezione, come i vecchi castelli anche loro hanno le loro brave storie di spettri, vecchi guardiani che non se ne vogliono andare, persone annegate nelle vicinanze che trovano nel faro un rifugio per la loro povera anima vagante e via così.  Se poi un faro si trova in una zona con un’atmosfera  suggestiva e se il faro stesso è decadente o abbandonato, non c’è posto al mondo che più si presti a simili racconti.

Questa che stiamo per raccontare è una storia di questo tipo, arrivata per caso tramite il racconto di una persona che l’ha ascoltata da una persona che ne conosceva un’altra che l’aveva sentita raccontare di qualcuno, ecc …..

fantasmaburlone 002Il faro di cui si parla è quello di Waugoshance, un faro ora in rovina  sul Lago Michigan, dove segnala l’entrata occidentale dello Stretto di Mackinac,  un punto molto pericoloso per la navigazione a causa dei banchi di sabbia,  ma che fino al 1912, anno in cui venne chiuso svolse il suo compito di illuminare la rotta alle navi, e che era stato caldamente voluto da chi percorreva quella acque.

Il faro fu costruito tra il 1850 ed il 1851 con grandi difficoltà su questo piccolo isolotto di sabbia, ma alla fine  su una bassa costruzione svettava una torre di mattoni alta 23 metri, sovrastata da una lanterna chiamata “a gabbia d’uccello” per la tipica lavorazione che ricordava una voliera. La sua luce, emessa dalle lenti di Fresnel, poteva essere vista fino a 16 miglia.   In America i laghi sono molto grandi e i fari non si trovano solo in mare, ma la furia dei Grandi Laghi alla volte può essere superiore a quella dell’oceano, così la torre cominciò presto a deteriorarsi e nel corso degli anni fu più volte ristrutturata.

Ma con la storia delle vicissitudini del faro va di pari passo la storia di uno dei suoi guardiani. La storia che si racconta è semplice : dal 1885 al 1900 era guardiano del faro Waugoshance un certo John Herman che amava due cose nella vita, fare scherzi e bere del buon wiskey.  Nonostante questi suoi “vizietti” rimase a lungo nel faro, dove si avvicendarono anche degli assistenti guardiani, finché una sera dell’autunno del  1900, forse più allegro del solito,  John chiuse a chiave il suo assistente nella stanza della lanterna, scese la scala e si allontanò ridendo a crepapelle per il suo scherzo.  L’uomo lo chiamò a lungo dal terrazzino in cima alla torre, ma il buon John Herman, che sicuramente si era fatto una bella bevuta, si diresse lungo il molo che costeggiava il faro, non ne vide la fine e cadde in mare dove annegò.  

Non si sa quali altri scherzi John abbia fatto durante la sua vita, ma questo gli fu fatale.  E qui la storia sarebbe finita, se non fosse per il  fatto è che proprio da quel periodo in poi cominciarono a verificarsi strani fatti : porte che si aprivano e si chiudevano, passi per le scale, insomma tutto il repertorio solito delle manifestazioni di spettri, tanto è vero che quando, nel 1912, un nuovo faro fu messo in funzione nelle vicinanze e il vecchio fu abbandonato perché obsoleto, si disse in giro che il vero motivo era che nessuno voleva più lavorare lì per via del fantasma del vecchio guardiano che aveva preso possesso del posto. In effetti dai registri del faro risulta che il guardiano John Herman morì il 14 Ottobre del 1900, durante il suo servizio, cosa che rende plausibile il racconto e allora  ci si domanda, dove la realtà e dove la leggenda ?   Comunque il vecchio farò cadde inesorabilmente in rovina, anche a causa di atti di vandalismo, oggi infatti il suo aspetto è desolante, il molo di attracco non esiste più, la base ancora resiste, ma la scala a chiocciola è stata portata via, così come la cupola fatta a gabbia di uccello e la vecchia torre si sta sgretolando.  In più un incendio scoppiato non si sa come, ha distrutto tutto quello che di combustibile si trovava all’interno. completando l’opera.   Vedendolo si capisce come questo particolare faro abbia scatenato la fantasia della gente che ha continuato a parlare  per anni della sua storia. 

fantasmaburlone 004Ai giorni nostri, in un villaggio sul lago, proprio di fronte all'’isola del faro, abitavano due amici, due buontemponi. Uno, Mark, aveva un negozio di ferramenta ed era un tipo atletico, sui 35 anni, con due spalle da giocatore di rugby, la mascella quadrata ed una bella capigliatura bionda.  L’altro, Tom, un agente assicurativo, era un tipo alto, asciutto, più o meno della stessa età dell’amico, con occhi e capelli neri ed un naso leggermente aquilino che faceva pensare ad una lontana discendenza da qualche tribù di pellerossa.  Una sera d’estate i due si trovavano a cena con altri amici e per un po’ parlarono del più e del meno, poi il discorso cadde sul fatto che dei privati cercavano di ristrutturare il faro ed era iniziata una raccolta di fondi per questo scopo.  Da lì a parlare del fantasma il passo fu breve e alla fine Mark  propose a Tom  di andare insieme in barca all’isola e passare una notte al faro perché non sarebbe stata una cattiva idea dare un’occhiata di persona.    Una parola tira l’altra, un bicchiere tira l’altro e alla fine della cena i due amici si erano impegnati a buttarsi in quell’avventura per dare la caccia al fantasma ma, peggio ancora, si erano resi conto che non potevano più tirarsi indietro perché gli altri componenti della compagnia erano stati testimoni di quella decisione e l’avevano appoggiata con entusiasmo.

Il sabato seguente, giorno deciso per la  spedizione  gli amici si trovarono nel pomeriggio su una  spiaggia del lago, davanti al piccolo cottage che Tom usava come base per andare a pescare.    Si trattava più che altro di una piccola capanna di tronchi, con una cucina, una stanza ed una veranda sul davanti, dove, dopo una partita di pesca, gli amici si riunivano per cucinare le loro prede.  Il prato degradava dolcemente verso il lago, dove si allungava un pontile di legno a cui era ormeggiata la barca a motore di Tom.

La loro era una spedizione temeraria, era l'’avventura della loro vita, avrebbero potuto testimoniare se la leggenda era vera o falsa. Avevano deciso di non portare nessun tipo di luce, né pile, né candele, né, tanto meno, macchine fotografiche per non  spaventare il fantasma, se si fosse presentato, con il flash. Il loro equipaggiamento consisteva di un telo impermeabile da usare in caso di pioggia  e dei sacchi a pelo, non perché avessero intenzione di dormire, ma solo per ripararsi dal freddo, oltre ad una provvista di pane e merluzzo affumicato per la cena, di una qualità speciale che si vendeva in un solo posto in città.   Dovevano  però trovare qualcosa che potesse convincere John Herman a farsi vivo (si fa per dire) così, conoscendo la sua predilezione,  decisero di portare una bottiglia di buon wiskey scozzese e tre bicchieri, insieme a dei cubetti di ghiaccio nel caso il fantasma lo preferisse insieme al suo wiskey.  Misero il tutto in un  capace contenitore termico, caricarono la barca  e Mark e Tom partirono per la loro avventura.

I due amici ormeggiarono la barca sotto la scogliera e si arrampicarono per raggiungere la base del faro. La situazione era peggiore di quanto pensassero : la casa del guardiano era bruciata e piena di detriti e la scala a chiocciola che portava alla stanza della lanterna non esisteva più.  Ebbero la tentazione di arrampicarsi fino in cima alla torre usando una corda, ma date le circostanze pensarono che era meglio non rischiare.  Così si organizzarono per la notte e in mezzo ai rottami  trovarono dei pezzi di legno dai quali ricavarono un rozzo tavolino, si sedettero e mangiarono il loro merluzzo affumicato insieme al pane.  L’avventura mette fame.  Intanto si faceva scuro e fino a quel momento Mark e Tom non avevano visto né sentito niente che anche lontanamente somigliasse ad un fantasma così  prepararono da bere, misero i tre bicchieri sull’improvvisato tavolino versando ghiaccio e wiskey in tutti e tre, poi  alzarono i loro  dicendo : “allo spettro di John Herman” e li vuotarono.   Quello di John non era stato toccato e come ulteriore misura precauzionale chiusero bene la bottiglia e controllarono il livello del liquore rimasto.

fantasmaburlone 003

Oramai era buio pesto, così i due coraggiosi cacciatori di spettri misero i loro sacchi a pelo contro una parete rimasta in piedi, e si sedettero, posizionandosi in modo da poter vedere qualsiasi movimento potesse venire da quelle che una volta erano state la porta e le finestre, e si prepararono ad una paziente attesa.    L’atmosfera non era delle migliori, la luna che appariva e spariva tra le nuvole creava strane ombre in movimento,  persino un uccello notturno di passaggio fece danzare le ombre sulla parete semidistrutta e i due amici cominciarono a sentire uno strano non so che, erano in due, ma erano davvero soli ?   Sul tavolino si trovavano sempre i due bicchieri vuoti e quello pieno, sembrava che il loro tentativo di attirare John Herman fosse fallito.  Intanto si sentì un tuono in lontananza che faceva presagire un temporale,  così i due uomini sistemarono il telo impermeabile in modo da proteggersi dalla pioggia se fosse arrivata e tanto per farsi coraggio, cominciarono a chiacchierare di come fossero terribili le tempeste che si scatenavano  sul quel lago e quanti naufragi avessero causato.  Puntualmente arrivò la pioggia e arrivò a scrosci, insieme ad un vento gelido che fischiava tra le rovine, così Mark e Tom si infilarono nei sacchi a pelo, sotto la protezione del telo e alla fine, nonostante tutto, si addormentarono.  

Quando si svegliarono il mattino seguente splendeva il sole.   Guardarono subito verso la tavola, due bicchieri erano vuoti, il terzo era sempre pieno, la bottiglia era tappata ed il livello del liquore non era cambiato. Dopotutto John Herman non si era fatto vivo.  I due amici raccolsero le loro cose, recuperarono la barca e tornarono sulla terraferma, non sapendo se sentirsi sollevati o dispiaciuti.   

Una settimana più tardi Mark ricevette una telefonata da Tom che gli chiedeva di raggiungerlo al più presto al cottage sulla spiaggia.  Appena arrivò Mark fu accolto da un tanfo di pesce andato a male.  Al loro ritorno dal faro i due cacciatori di fantasmi avevano lasciato il contenitore termico, senza aprirlo,  nella veranda antistante la  casa e la bottiglia mezza vuota del wishey scozzese sulla tavola della cucina, poi ognuno era tornato a casa sua.  Ora Tom gli fece vedere che dentro alla borsa termica si trovava un  merluzzo,  orami decomposto dopo una settimana di esposizione al sole, e che la bottiglia sul tavolo era esattamente come l’avevano lasciata, ma conteneva acqua e non wiskey !   

Qualche loro amico aveva voluto giocare un tiro mancino?  Non era possibile, il cottage e la veranda erano chiusi a chiave.  Quando avevano lasciato il faro non  si erano preoccupati di aprire la borsa termica, né di annusare il wiskey, non c’era motivo di farlo, era possibile che lo spettro di John Herman si fosse presentato mentre dormivano, in quella terribile notte tempestosa, avesse vuotato la bottiglia di wiskey, riempiendola con l’acqua del lago, e, per prenderli in  giro, avessi infilato un merluzzo nella borsa termica ?  Non è possibile che Mark e Tom siano stati le ultime vittime di quel guardiano burlone ?   I due amici non avranno mai una riposta ad una simile domanda, ma è molto probabile che si guarderanno bene, in futuro, dal passare una notte in un faro abbandonato.

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Malesia, le uova deposte dalle tartarughe marine ( il fascino della vita ...)

Vi riporto un bellissimo ed accattivante articolo scritto da un amico nel suo blog...

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 Eccellente non meno che intenerente esperienza di una notte malese assistendo alla deposizione delle uova della Leather Turtle …
gpb x mondointasca.org del 22/4/13

mondo malesia kuala trengganu leather turtle 1 1Note, queste, scritte antan (quando? non ricordo, come disse Rick in ‘Casablanca’, “è passato tanto tempo”). Ricordi di una gita compiuta per ammirare le tartarughe marine depositanti le uova nei caldi mari d’oriente. Raggiungo le coste malesi da Singapore, la Singha-Pur, città del leone, fondata a inizio Ottocento da Sir Stamford Raffles, che con tanta geniale decisione diede ad Albione le chiavi di un impero ancor più – se possibile – potente. Doverosamente, lo statista è ricordato con una bella statua nel centro della città e porta il suo nome l’elegante hotel famoso per la storiella della tigre sotto il biliardo e per gli scritti di Somerset Maugham e di Rudyard Kipling, nonché per custodire quel British style che contrassegnò uno dei maggiori imperi della storia (se non il maggiore).
Meno di un’ora di volo e atterro a Kuala Lumpur, testimonianza visiva del crescente sviluppo della Malesia. Arricchita inizialmente dalla gomma, grazie ai semi di quel prezioso albero che i brasileros si fecero stoltamente contrabbandare dagli inglesi sul delta del Rio delle Amazzoni, la Malesia deve il suo ricco potenziale economico soprattutto allo stagno della cui estrazione possiede in pratica il monopolio mondiale. E ultimamente si è aggiunto il petrolio.

mondo malesia kuala trengganu leather turtle uova 1Per raggiungere le coste orientali della penisola malese volo da Kuala Lumpur col fidato F 27 per Kuala Trengganu, sorvolando colline e montagne scenario della salgariana caccia alla tigre di ufficiali e baronetti della Regina Victoria.
A bordo di questo volo interno viaggia solitamente solo la gente del posto (ma che sguardo serioso quasi torvo, questi malesi) e qualche tecnico petrolifero delle piattaforme marine di ricerca. Ma tra giugno e settembre si aggiungono, io con loro, curiosi turisti che volano in questo ignorato posto della Malesia per assistere alla deposizione delle uova da parte delle tartarughe giganti. Un avvenimento (sia definito maligno chi lo definisce spettacolo, perché la nascita di una vita può partorire solo tenerezza) eccezionale, indimenticabile; un affascinante mistero della natura.
La vicenda è semplice e breve. Nel citato periodo dell’anno la tartaruga, Leatherback Turtle, un colosso dalle origini preistoriche, depone tra 50 e 150 uova lungo un breve tratto della costa orientale del Mar Cinese meridionale, all’estremità sudorientale del Pacifico. La scienza si domanda da tempo, invano, perché questo gigante del mare percorra migliaia di kilometri per venire a rinnovare soltanto in questi luoghi il suo messaggio di vita. Rilasciate dopo l’apposizione di un marchio di riconoscimento alcune di queste tartarughe furono ritrovate alle Hawaii, altre nelle lontanissime Galapagos, distanze assolutamente preoccupanti, soprattutto per un animale non certamente agile e veloce. Dal confortevole Tanjong Jara, tranquillo albergo composto da grandi bungalows costruiti in stile malese, si parte ogni sera verso la vicina spiaggia per bivaccarvi, anche fino al levar del sole, in trepida attesa. Finalmente compaiono le tartarughe, stanche, escono dall’acqua e superata a fatica la pendenza, a metà della spiaggia, depongono le uova. Ma qui comincia una vicenda che purtroppo non è così romantica e suggestiva come l’amore per la natura vorrebbe. Interviene l’uomo e la sua esecranda fame dell’oro: ritenute afrodisiache, e comunque commestibili (gli asiatici ne sono ghiottissimi, per entrambe le peculiarità) le uova – simili a una palla da bigliardo e con un molle guscio infrangibile – sono raccolte per essere vendute, con gravissimo pericolo per la continuazione della specie.

mondo singapore Stamford Raffles 1Una “nursery” sicura per i tartarughini. Fortunatamente, e si spera, il WWF e il Governo malese hanno concordato un piano di protezione della Leatherback Turtle, basato sulla concessione notturna del tratto di costa a un affittuario. Costui garantisce il normale svolgimento della deposizione delle uova, ne preleva due terzi che vende sul posto e porta il restante terzo nella più vicina nursery. In questo settore recintato le uova vengono sotterrate a circa 50 centimetri di profondità in buche dalle quali, poco meno di due mesi dopo usciranno i tartarughini. Le buche ben ordinate e contrassegnate fanno assomigliare la nursery a un cimitero, che però, almeno una volta è simbolo e contenitore di vita. Ma pensiamo anche alla puerpera. Liberatasi del pesante fardello, affranta per il travaglio dello sgravamento e ansimante per la fatica nel percorrere il tratto sabbioso con la precaria spinta delle pinne, la tartaruga riguadagna il mare tra il vociare e l’eccitazione degli spettatori, atto liberatorio di tensione e stanchezza accumulate in tante ore nell’umidità della notte. Tra un anno la tartaruga gigante tornerà, da mari forse lontanissimi, a riproporre il suo mistero e a rinnovare l’affascinante messaggio di vita.

FONTE: Logo Gianpaolo Bonomi Blog Rid

 

Sapevate che, Leather Turtle, Tartarughe marine-Malesia

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