Difesa: Cantiere navale Vittoria, 4 Landing Craft classe LC23 in consegna per il 2021

Le Landing Craft, imbarcazioni ausiliarie a disposizione della futura unità anfibia multiruolo LHD (Landing Helicopter Dock), rientrano nel piano di rinnovamento della flotta della Marina Militare Italiana.

Mezzo da Sbarco LC23

Adria (Ro), 21 nov – Il Cantiere Navale Vittoria di Adria (Ro) consolida la sua specializzazione in un settore strategico del comparto difesa, quello dei mezzi da sbarco, con la realizzazione di quattro unità Landing Craft per l’equipaggiamento della nuova unità anfibia multiruolo LHD, prevista nell’ambito del piano di rinnovamento della flotta della Marina Militare Italiana.

Le Landing Craft, classe LC23, in costruzione al Cantiere polesano, dovranno svolgere funzioni di supporto nelle operazioni di trasporto e sbarco di personale, veicoli militari e civili e attrezzature logistiche. Il Cantiere di Adria si è aggiudicato, nella primavera di quest’anno, il bando per la fornitura delle unità ausiliarie indetto da Fincantieri, uno dei più importanti complessi cantieristici al mondo e il primo per diversificazione e innovazione. La consegna delle quattro imbarcazioni è prevista per il 2021.

Vittoria vanta anni di esperienza nella ricerca e progettazione di mezzi da sbarco per la difesa militare. Queste unità rappresentano, infatti, sul piano tecnico e strutturale, soprattutto in termini di stabilità e performance, l’evoluzione dei mezzi da sbarco costruiti nel 2007 per la Marina Militare e delle unità fornite, nel 2011, con trasferimento di tecnologia, alla Marina Nazionale Algerina.

Le future Landing Craft, lunghe 23.8 metri, larghe fuori tutto 6.6 metri e alte 2.8 metri ciascuna, potranno raggiungere una velocità massima di 22 nodi, avranno un peso di 140 tonnellate e una capacità di carico massimo pari a 60 tonnellate. Ogni mezzo sarà, infatti, configurato per trasportare fino a 2 veicoli anfibi d’assalto o 2 semoventi d’artiglieria imbarcati sull’unità madre, un carro armato Ariete da 60 tonnellate e fino a 300 militari.

«Proseguiamo con piacere la fruttuosa collaborazione con Fincantieri – dichiara Luigi Duo’, presidente del Cantiere Navale Vittoria- e rafforziamo lo storico rapporto con il Ministero della Difesa. Questa commessa rappresenta un importante riconoscimento della nostra specializzazione nel campo della difesa militare e conferma la validità dei nostri sforzi, in termini di ricerca e innovazione, anche nel mercato dei mezzi da sbarco. Dopo dieci anni dall’ultima fornitura di unità di questa tipologia, siamo orgogliosi di dotare nuovamente la Marina Militare di imbarcazioni estremamente moderne, innovative e dalle ottime performance, in grado di fornire il massimo supporto alle operazioni anfibie della Difesa».

Cantiere Navale Vittoria

L’azienda, fondata ad Adria (Rovigo) nel 1927 dalla famiglia Duò, progetta e realizza imbarcazioni militari, paramilitari da lavoro, commerciali e da trasporto fino a 100 metri di lunghezza, rispettando i più elevati standard qualitativi comprovati dalle certificazioni ISO 9001 (Sistemi di gestione per la Qualità – Requisiti), ISO 14001 (Sistema di gestione Ambientale), OHSAS 18001 (Sistema di gestione della Sicurezza e della Salute dei Lavoratori) e ISO 3834-2 (Saldatura Automatica e Manuale). Dalla sua fondazione il Cantiere Navale Vittoria ha costruito più di 868 unità navali, vedendosi assegnate nel tempo diverse forniture per imbarcazioni della Guardia Costiera italiana, dei Vigili del Fuoco, della Guardia di Finanza e della Marina Militare. L’azienda si è aggiudicata inoltre numerose commesse internazionali da Malta, Cipro, Libia, Croazia, Slovenia, Tunisia, Algeria, Russia e Romania, oltre che diversi progetti da parte di alcuni dei più importanti armatori italiani dell’Oil & Gas dei trasporti e dei lavori marittimi.

FONTE: logo grnet 400

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Proverbi di mare, la filosofia del marinaio.

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Proverbi di mare, la filosofia del marinaio.

Alberi Veliero

Per la peculiarità del suo mestiere, per l’ambiente in cui vive e per i rapporti con la gente della terraferma, il marinaio nel corso dei secoli ha sviluppato una filosofia spicciola della vita.

baci marinaio

Oggi la professione è molto cambiata; l’uomo al timone di un’enorme petroliera è troppo diverso dal “lupo di mare” del passato e c’è chi dice che sia finito. In realtà ciò non è vero perché, se fosse finito quel tipo di uomo di mare, resterebbe il fatto che l’ambiente dove la sua vita si svolge è sempre lo stesso. A bordo c’è abbastanza tempo per pensare, favoriti da una cosa divenuta assai rara: la solitudine. Data l’anzianità di questo mestiere, si è venuta a creare nel tempo una ricchissima fioritura di proverbi, sentenze, frasi fatte e definizioni, frutto di osservazione prolungata e costante di gente semplice ma intelligente, coraggiosa, con grande senso del dovere, dello humor e del sapersi arrangiare. La vita sul mare è anche una grande scuola di educazione: a bordo lo spazio è limitato ma senza educazione una navigazione anche breve diventa un inferno, come certamente sanno molti diportisti a cui sono bastati pochi giorni di convivenza per rompere amicizie pluriennnali.

marinai vecchia

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Minitransat 2017, l'impresa di Andrea Pendibene, atleta dello sport velico della Marina Militare

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Stanco ma felice, il timoniere della Marina conclude la transoceanica in solitaria a bordo di Pegaso ITA 883

Emanuele Scigliuzzo -

Andrea Pendibene, atleta della Marina militare, ha concluso lo scorso sabato 18 novembre alle ore 22,15 locali, la Minitransat 2017 posizionandosi al 20° posto della classifica generale della categoria "serie" con un tempo complessivo di 27 giorni, 22 ore, 40 minuti e 44 secondi.

La seconda tappa da Las Palmas a Le Marin isola di Martinica, di circa 2.940 miglia, è stata difficile, come previsto alla vigilia della partenza. Nonostante le condizioni metereologiche degli ultimi giorni siano state accettabili, la seconda parte è stata comunque impegnativa e ha messo a dura prova tutti gli skipper.

Per Andrea non sono mancanti gli imprevisti anche durante questa regata, come la rottura dello spinnaker, che ha condizionato indubbiamente il risultato finale. Nonostante il problema tecnico Andrea è riuscito comunque a risalire qualche posizione in classifica.

Dopo i primi tentativi caratterizzati da due ritiri, per Pendibene finalmente arriva la soddisfazione di tagliare la linea di arrivo alla Minitransat, "Sono stanco ma felice – cosi il timoniere della Marina subito dopo il suo arrivo a Le Marin – attraversare l'Oceano non è stato semplice ma sono contento di aver portato a termine un progetto così importante".

Dopo aver concluso la prima tappa da La Rochelle a Las Palmas al 23° posto con una regata condotta con la massima cautela, nella seconda tappa ha regatato verso l'arrivo con la giusta concentrazione e con la voglia di arrivare per raggiungere un traguardo storico per lui e per la Forza armata.

Attraversare l'oceano in solitario, con una barca poco più lunga di 6 metri, senza assistenza tecnica esterna è decisamente un'impresa epica, sottolineata anche dal Capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Valter Girardelli, che ha voluto rivolgere i propri complimenti ad Andrea Pendibene e allo sport velico della Forza armata.

Dopo gli ammiragli Straulino e Faggioni, che hanno scritto pagine importanti dello sport della Marina militare, si aggiunge quindi quello di Andrea Pendibeneche ha centrato questo grande obiettivo.

Un risultato eccellente che si è potuto realizzare anche grazie al lavoro di squadra che ha visto coinvolta Giovanna Valsecchinei panni di co-skipper. Un apporto fondamentale il suo che ha contribuito fin dall'inizio alla messa a punto della barca e che ci confida di essere "molto contenta di come sia andata, Andrea è stato molto bravo a non mollare mai e ha affrontato questa regata, diventata ormai una sfida per lui, con molta determinazione".

Vista l'esperienza maturata in questi anni, magari potrà esserci un passaggio di testimone tra i due atleti della Marina, con la partecipazione di Giovanna alla prossima edizione della Minitransat, nel 2019.

L'edizione 2017 della regata transoceanica ha visto la vittoria di Erwan Le Draoulec, che ha scalato tre posizioni della classifica generale dopo l'arrivo della prima tappa di Las Palmas.

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Restauro del "Da Vinci", via al bando da 80mila euro

Davinci

Il sommergibile diventerà museo, ma intanto bisogna salvare lo scafo. Entro fine mese l'aggiudicazione dei lavori: prima la lotta contro la ruggine e dopo il ripristino degli interni.

La Spezia - Ancora una settimana e poi i lavori per il recupero del sommergibile "Leonardo Da Vinci" avranno un aggiudicatario. Il bando emesso dalla Marina Militare per recuperare lo scafo dell'unità scade infatti il 30 novembre e la base d'asta è di 79.250 euro. La scelta sarà effettuata seguendo il principio del maggior ribasso ma anche contando la promessa di una riduzione dei tempi di esecuzione; avvantaggiate nel punteggio anche le aziende che posseggono il marchio di qualità ecologica dell'Ue e il certificato Emas. E' il primo passo per il recupero del manufatto che in futuro diventerà una delle attrattive del nuovo waterfront della città su Calata Paita. Prima però ci vorranno lunghi mesi di lavori.
Due i lotti in cui saranno suddivise le opere. Il primo lotto consisterà nella messa in sicurezza dello scafo del "Da Vinci", rimasto in "ridotta tabella di disponibilità" per anni all'interno del bacino grande della base navale. Anni in cui non sono state compiute le necessarie manutenzioni visto che il mezzo era destinato al disarmo e alla demolizione come tanti suoi precedecessori. Tuttavia la struttura, dopo un'analisi preliminare, è stata ritenuta idonea a sopportare il restauro ed anche per questo - oltre che per il nome di sicuro richiamo - la scelta è infine caduta sull'ex S520.

Lo scafo che un tempo affrontava le profondità del mare sarà inizialmente lavato ad alta pressione per eliminare il fouling e poi si passerà ai rilievi per capire lo spessore del metallo rimasto dopo "l'attacco" del materiale biologico e la corrosione operata del mare. A seguire, si penserà alla sostituzione delle lamiere nelle zone con corrosione passante e alla chiusura di tutti gli accessi al mare delle parti in libera circolazione per rendere stagne le due zone estreme in prossimità delle casse di zavorra. Infine la nuova pitturazione, fedele all'originale.
Il lotto due invece prevede lavori di messa sicurezza degli interni. Abbattimento di alcune paratie e controsoffitti, riparazioni di altre, eliminazione di chiodi e rivetti ma anche riparazioni di alcuni manufatti; in alcuni casi si prevede che gli arredamenti di bordo non recuperabili vengano demoliti e successivamente ricostruiti. All'interno del "Da Vinci" anche opere in legno da ripristinare, casse di sentina da raschiare, superfici da sabbiare. Infine la pittura anti-sdrucciolo da ridare sui camminamenti. Un lavoro complesso dunque, per quello che dovrebbe diventare un nuovo simbolo della città, che potrebbe essere ospitato direttamente dentro i bacini dello stesso arsenale.

FONTE: Logo Cittadellaspezia

News Marina Militare,, Restauro "Da Vinci"

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Che fine hanno fatto i marò

Girone chiede di tornare al lavoro "vero" nelle Forze Armate. Prima della decisione dell’Aja forse arriverà un accordo risolutivo fra Italia e India

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Di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre - i due marò -  non si hanno più notizie da un anno e mezzo, precisamente da fine maggio del 2016, quando la Corte Suprema indiana ha autorizzato il rientro in Italia di Girone.

Un silenzio interrotto, però, proprio da Girone, nonostante il riserbo e la cautela che da sempre il fuciliere del San Marco e il suo collega, Latorre, mantengono insieme alle rispettive famiglie su una questione ancora aperta e delicata.

"Generale Claudio Graziano, mi consenta di congratularmi per il Suo futuro e prestigioso incarico.
Sono certo che saprà, con il Suo mandato, tutelare l’operato e la dignità di tutti noi uomini e donne a servizio dello Stato Italiano e dell'Unione Europea. Il mio auspicio è che presto possa riottenere la mia libertà personale con il mio collega Massimiliano Latorre, poter tornare a operare senza restrizioni come tutti i nostri colleghi delle Forze Armate italiane" ha infatti scritto sulla propria pagina Facebook il marò che, insieme a Latorre, è al centro di un contenzioso con l'India, dove è accusato della morte di due pescatorimentre era in servizio antipirateria a bordo del mercantile Enrica Lexie.

Lo sfogo

Le parole di Girone, che in poche ore hanno ricevuto oltre 130 mila condivisioni su Facebook rimbalzando in rete, sono state interpretate soprattutto come uno sfogo: lo sfogo personale e umano di un fuciliere, che continua a lavorare in ambito militare, ma non più "sul campo".

Girone e Latorre (che ha dovuto seguire un percorso di riabilitazione lungo e tratti doloroso. dopo alcuni problemi di salute), sono circondati dall'affetto e dalla protezione delle rispettive famiglie, che mantengono uno stretto silenzio sulla vicenda, in attesa della sua conclusione.

Un riserbo che mira a non compromettere il delicato lavoro di mediazione che si starebbe portando avanti per raggiungere un accordo con l'India. Nel frattempo, però, Girone deve rispettare una serie di condizioni molto stringenti, imposte dai supremi giudici indiani, prima di consentirne il ritorno in Italia: il fuciliere deve, infatti, presentarsi ad un posto di polizia italiano ogni primo mercoledì del mese e l'ambasciata italiana ne deve informare l'ambasciata indiana a Roma.

Il marò non deve poi manomettere alcuna prova o influenzare alcun testimone del caso. È invece tenuto a dare garanzia che rimarrà sotto la giurisdizione della Corte Suprema indiana. Se una di queste condizioni sarà violata la sua libertà provvisoria verrà revocata.

Girone ha anche consegnato il proprio passaporto, non appena atterrato a Roma a maggio del 2016. Secondo i media indiani, infine, l'ambasciatore italiano a New Delhi si sarebbe impegnato affinché, non appena il Tribunale arbitrale internazionale deciderà in merito alla giurisdizione del caso, Girone (e così pure Latorre) torni in India entro un mese.

Il ricorso al Tribunale Arbitrale

La situazione di empasse che si era venuta a creare dopo l'incidente al peschereccio indiano si è infatti "sbloccata", seppure parzialmente, con il ricorso al Tribunale Arbitrale dell'Aja. Si tratta di un organismo internazionale, fondato nel 1899, chiamato a pronunciarsi nei casi di controversie tra Paesi che riguardano soprattutto i confini terrestri e marini, la sovranità, i diritti umani e appunto la giurisdizione per reati commessi in uno stato straniero.

Nel caso dei marò, il contenzioso riguarda proprio la competenza nel giudicare la colpevolezza o meno di Girone e Latorre reclamata sia da Roma, perché i militari erano a bordo di una nave battente bandiera italiana e in servizio antipirateria sotto egida Onu per conto dell'Italia (godevano dunque della cosiddetta "immunità di servizio"), sia da parte dell'India, perché la Enrica Lexie si trovava in acque contigue indiane, dunque di propria competenza, "dove perlatro è vietato entrare in possesso di armi: i marò facevano, invece, parte di un team antipirateria, con in dotazione armi a protezione del mercantile.

Il caso

Il 15 febbraio del 2012 due uomini a bordo del peschereccio St. Anthony vengono uccisi da colpi di arma da fuoco.

Della loro morte sono accusati Massimiliano Latorre, a capo del team di 6 fucilieri del Reggimento San Marco in servizio antipirateria sulla nave Enrica Lexie, e Salvatore Girone.

Il mercantile viene fatto rientrare in porto e i due marò sono presi in consegna dalle autorità indiane. Inizia un lungo braccio di ferro tra Roma e New Dehli, sulla responsabilità dei due militari italiani, con i rispettivi paesi che forniscono versioni differenti dell'accaduto.

Un'inchiesta condotta da Di Stefano-Capuozzo-Tronconi sostiene l'innocenzadi Latorre e Girone, basandosi sulla raccolta e l'analisi di diversi elementi.

Ad esempio, le rilevazioni sulla rotta della Enrica Lexie dimostrerebbero che il mercantile, al momento dell'attacco da parte di pirati, poco dopo le 16.00 del 12 febbraio, si trovava a 20,5 miglia dalla costa indiana. Un secondo incidente, però, si sarebbe verificato alle 21.20, con protagonisti il peschereccio St. Anthony e la nave greca Olympic Flair, all'interno delle 12 miglia delle acque territoriali indiane. La morte dei due pescatori sarebbe avvenuta proprio in questo secondo caso.

Anche un'analisi balistica sul tipo di proiettili che hanno causato la morte dei due pescatori e sulla traiettoria che avrebbero seguito proverebbe che i colpi non sarebbero stati esplosi dai marò italiani. Ci sarebbero poi stati anche tentativi di occultamento e manipolazione delle prove a discolpa dei fucilieri.

Questi, però, sono ufficialmente accusati di omicidio e la Corte del Kerala, dopo aver fatto entrare in porto la Enrica Lexie, li fa arrestare.

Solo dopo che la Corte Suprema indiana sentenzia che la Corte del Kerala non ha giurisdizione, Latorre e Girone vengono trasferiti a New Delhi, presso l'ambasciata italiana, in stato di fermo e senza passaporti. Tra partenze e ritorni, per i due marò iniziano mesi di lunghe attese, fino a quando viene deciso di fare ricorso al Tribunale Arbitrale, perché stabilisca la giurisdizione sul caso.

Nel frattempo Latorre, colto da ictus, ottiene il permesso di tornare in Italia per motivi di salute. Solo dopo diversi mesi sarà raggiunto dal collega Girone, in base all'autorizzazione della Suprema Corte indiana e in attesa del verdetto dell'Aja.

Cosa sta succedendo ora?

La sentenza dei giudici dell'Aja dovrebbe essere emessa alla fine del 2018 o all'inizio del 2019.

La giuria è composta da cinque membri, dei quali due sono rappresentanti dei due paesi coinvolti, dunque uno italiano e uno indiano. Dei tre membri restanti, due facevano già parte della commissione del Tribunale del Mare che si espresse negativamente sul rientro in Italia di Girone, sostenendo la giurisdizione indiana sul caso.

"Per questo ritengo che non si arriverà, in realtà, a un giudizio da parte della corte, ma si cercherà e si sta cercando di trovare un accordo tra Roma e New Delhi" spiega a Panorama.it una fonte vicina al caso. Non sarebbe, dunque, interesse dell'Italia attendere il pronunciamento della giudici, quanto piuttosto lavorare a un'intesa, ora che le tensioni degli anni scorsi sembra si siano sciolte".

A conferma di un clima di rinnovato dialogo c'è stata anche la recentissima visita in India del premier Gentiloni, che aveva già seguito la vicende in qualità di Ministro degli Esteri; i bene informati sostengono che l'argomento sia stato affrontato propèrio in questa occasione.

"Sono convinto che si troverà un modo per non condannare i due marò - spiega ancora la fonte che, data la delicatezza del caso, preferisce rimanere anonima - Ma penso che il diritto indiano, che è emanazione di quello anglosassone, possa fornire qualche appiglio, in considerazione del fatto che si tratta di due militari che erano in servizio per conto di uno Stato, sotto egida Onu e nell'esercizio delle loro funzioni. In caso contrario, se si sancisse che la giurisdizione fosse indiana, è probabile che la Corte Suprema istituisca un tribunale ad hoc, prassi peraltro piuttosto frequente nel diritto indiano e, ancora una volta anglosassone, per accelerare i tempi della giustizia".

FONTE: Logo Panorama

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Che cosa si sta facendo per salvare l’equipaggio del San Juan e cosa può essere successo

Il sottomarino argentino svanito nell’Atlantico da tre giorni. Parla un esperto della Marina militare italiana

San Juan

Fabio Pozzo

Il San Juan, il sottomarino della Marina militare argentina, è disperso nell’Atlantico meridionale da ormai tre giorni. L’ultimo sub-check, la trasmissione concordata per l’ok al comando, risale a mercoledì scorso, quando era a circa metà strada dalla base della Terra del Fuoco lasciata lunedì e i suoi ormeggi abituali di Mar del Plata, dove era atteso per domani. Il mancato successivo sub-check ha fatto scattare l’allarme. Che cosa è accaduto dopo? E che cosa si sta facendo per trovare il San Juan e salvare il suo equipaggio di 44 persone? 

Il capitano di vascello Decio Trinca, capo dell’Ufficio Piattaforma e Sicurezza del Reparto sommergibili dello Stato maggiore della Marina Militare Italiana, sta monitorando la situazione 24 ore su 24, come molti suoi colleghi dei centri operativi di diverse altre Marine militari nel mondo.

Spaccato

Comandante, chi ha dato l’allarme a livello internazionale?  

L’allerta generale è stata lanciata dall’Ismerlo (un organismo della Nato, istituito nel 2003, dopo la tragedia del sottomarino russo K-141 Kursk, proprio per rispondere velocemente a incidenti simili), che ha sede a Northwood, nel Regno Unito. Tecnicamente si parla di sub-miss, vale a dire di un sottomarino che non è più rintracciabile”. 

Dato il sub-miss, che è accaduto?  

“E’ scattata la fase di ricerca coordinata dall’Ismerlo. Sono state inviate due navi e un aereo per perlustrare l’area di missione che era stata assegnata al San Juan e la sua rotta presunta. Sono partiti inoltre dagli Stati Uniti, in quanto più vicini alla zona di ricerche, mezzi e unità tecniche speciali, dotate di Rov, robot sottomarini telecomandati per la scansione 3-D dei fondali e dall’Inghilterra si è mossa una prima squadra di specialisti, subacquei e palombari, addestrati per affrontare questo tipo di emergenze, ad immergersi una volta trovato il sottomarino. Ogni Marina ha il proprio team, il nostro è in stato di allerta alla Spezia, pronto a partire”.  

Che cosa può essere accaduto?  

“Non lo sappiamo”. 

Si legge di incendi, di esplosioni a bordo. 

“Illazioni”. 

Facciamo un passo indietro. Che tipo di sottomarino è il San Juan?  

“E’ un sottomarino lungo 65 metri, convenzionale, vale a dire spinto da un sistema diesel elettrico, con il diesel che carica la batteria del motore elettrico, varato nel 1985 e sottoposto a lavori di mezza vita nel 2014”. 

Un’unità vecchia?  

“Non è un sottomarino di ultima generazione come i nostri U212A (quelli della classe Todaro), ma non si può dire vecchio, soprattutto senza sapere a quali lavori sia stato sottoposto nel 2014, dunque in tempi molto recenti. Potrebbe essere stato completamente rinnovato”. 

Veniamo al sub-check mancato. Il sottomarino come comunica il suo ok?  

“Ci sono vari sistemi. Mezzi di segnalazione come radio boe o fumate ad alta vsibilità rilasciate da bordo, o normalmente telefoni che comunicano tramite i sonar”.

Luogo scomparsa

Dopo l’ultimo sub-check il San Juan non ha più comunicato utilizzato uno di questi sistemi?  

“Non lo ha fatto” 

Il silenzio potrebbe essere causato da un’avaria al sistema di comunicazione?  

“Potrebbe”.  

E il San Juan potrebbe stare navigando in emersione senza poter comunicare, ma non in emergenza...  

“Potrebbe” 

Diversamente, potrebbe essere finito in guai più seri. Che cosa può essere accaduto? Quali avarie?  

“Un sottomarino può subire le stesse avarie di un aereo. Può accadere di tutto” 

Veniamo alla sua autonomia. Il comando argentino ha dichiarato che a bordo ci sono viveri e acqua sufficienti. Che significa? Per quanti giorni possono bastare per un equipaggio di 44 persone?  

“Solitamente lo standard è di almeno 5-6 giorni. Ma dipende anche dalla situazione di bordo, se ci sono feriti...”. 

E l’aria? 

“Anche per questa voce almeno 5-6 giorni. L’aria viene rigenerata, il sottomarino è un sistema chiuso, come una stazione spaziale della Nasa...”. 

E allo scadere dei 5-6 giorni?  

Be’, non è che finisce di colpo. Diciamo che poi entra in gioco l’addestramento dell’equipaggio, che è stato preparato ad affrontare anche questo tipo di emergenze. Si riducono i viveri e l’acqua, l’aria diventa meno pulita e più pesante...”. 

Ipotizziamo che il sottomarino sia intrappolato sul fondale, in avaria. Si può intervenire in suo soccorso?  

“Certo, ci sono mezzi appositi. Mini sommergibili, campane...”

Fino a che profondità si può riuscire a intervenire?  

“La Marina militare italiana fino a 600 metri di profondità”. 

Le altre?  

“Be’, qui entriamo in una sfera di informazioni “classificate”...”. 

FONTE: Logo Stampamare

 

 

San Juan, Marina Argentina, Sommerbile

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Le lezioni apprese dai recenti incidenti alle unità della Us Navy

Incidenti navi usa

Negli ultimi mesi la US Navy ha sofferto ben 4 sinistri marittimi con il coinvolgimento di caccia classe Arley Burke che hanno colliso, quasi incredibilmente, con navi mercantili; le relative inchieste ‘’formali’’ condotte in modo approfondito e altrettanto rapido, sui due più recenti eventi, hanno concluso che erano ‘’evitabili’’.

Le relazioni contenute nel dossier della Commissione di Inchiesta, rese subito pubbliche, fotografano i vari eventi, la dinamica, il comportamento umano, le cause, il tutto corredato da considerazioni e conseguenti provvedimenti idonei a correggere i difetti e gli errori riscontrati, e puntuali raccomandazioni o disposizioni per il futuro, affinché non si abbiano a ripetere.

Questo a beneficio della sicurezza marittima, non solo per le navi statunitensi, ma con un valore esteso ed estendibile a tutte le flotte in genere. Conseguenze di errori umani e di alcune negligenze, imputabili ad equipaggi poco attenti e preparati, ma dovute, in buona misura, anche ad errori di condotta della navigazione basilare: da lì l’affermazione del loro Capo di Stato Maggiore che li ha dichiarati ‘’senza spiegazioni e pertanto evitabili’’.

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Spiaggia di Tuerredda, vista dal Drone!

Di solito non tendo a usare toni troppo pomposi, ma se c’è un angolo che per me avvicina davvero la terra ad un angolo di Paradiso, questa è la spiaggia di Tuerredda, la perla del sud ovest della Sardegna. Si trova in territorio di Teulada, ma di solito la si raggiunge da Cagliari, passando prima per Pula e poi per Chia e continuando lungo la litoranea, dopo Capo Malfatano, lungo un percorso che qualcuno chiama la strada delle cartoline, perché dietro ogni curva si apre un panorama mozzafiato.

Tuerredda, messa al riparo dalle speculazioni edilizie grazie al pastore Ovidio, che ha combattuto e sconfitto i Caltagirone, i Benetton, i Mercegaglia… trovate qui la storia completa. Noi ci limitiamo godere di queste splendide immagini realizzate in HD da Andrea Perotti, con il Blade Chroma – sì un drone – , appena 4 giorni fa, il 13 marzo 2016.

 

FONTE: Logo videosardegna

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