Fabrizio Peronaci intervista Marisa Cervia

---------- dal gruppo Fb "Giornalismo Investigativo" --------

INFORMAZIONE E MISTERI DI STATO, PARLA MARISA CERVIA. “LA CENSURA E’ QUASI TOTALE, ANCHE LE IENE CI SONO CASCATE. NOSTALGIA DI DONATELLA RAFFAI”

La moglie di Davide, sequestrato nel 1990: “In Italia informazione ipocrita e servile. L’attuale Rai non è servizio pubblico. Per noi familiari è terribile vedere che i media, su ordine di chi comanda, decidono quali storie far conoscere e quali no”

Peronaci Cervia

La recente condanna del ministero della Difesa per aver violato “il diritto alla verità” della famiglia di Davide Cervia, l’esperto in Guerre elettroniche rapito nel 1990 a Velletri, ha rafforzato lo scenario più inquietante: quello del sequestro di persona nell’ambito dello sporco traffico di uomini e armi, con la copertura di spezzoni dei servizi segreti, al tempo della prima guerra del Golfo.
Si tratta di una novità importante, su uno dei cold case più famosi e sconvolgenti, ma pochi ne hanno parlato. Marisa Gentile, la moglie di Davide, da sempre impegnata in una battaglia difficile e rischiosa contro silenzi e reticenze di Stato, di ciò è rimasta profondamente delusa. “La notizia della condanna del ministero della Difesa è stata completamente ignorata da parte di quasi tutti i mass media. Una vera vergogna!”, è stata la reazione a caldo.
Adesso questa italiana coraggiosa e per bene, che da tempo partecipa a incontri nelle scuole per regalare memoria e passione civile ai ragazzi, racconta tutti i retroscena del suo rapporto con il mondo dell’informazione. Un rapporto tormentato. Specchio, per tantissimi versi, della oscura vicenda che ha travolto la sua vita.

Marisa, da quel maledetto 12 settembre 1990 in cui Davide fu caricato in auto e portato via da misteriosi personaggi non hai mai smesso di cercare verità e giustizia. In questi 28 anni, dal tuo tragico punto di osservazione, ti sei trovata a fare i conti non soltanto con le reticenze di Stato ma anche con quelle del mondo dell'informazione, che dovrebbe essere pilastro di una democrazia. Qual è il tuo giudizio sui media?
“Ho sempre pensato che il ruolo dell'informazione fosse di estrema importanza in un paese democratico; così almeno credevo fino a qualche anno fa. Ricordo i primi tempi, subito dopo il sequestro di Davide, quando una piccola parte della stampa ci seguiva e ci sosteneva. Non posso dimenticare il ruolo importantissimo in questa vicenda avuto dal programma televisivo ‘Chi l'ha visto?’, sotto la conduzione di Donatella Raffai. A quell'epoca quel tipo di trasmissione svolgeva il cosiddetto ruolo di servizio pubblico e dava voce a chi non l'aveva. Sostenevano le persone che vi si rivolgevano e ti aiutavano ad arrivare dove da soli non si poteva arrivare”.

Ne parli come un modello del passato, ormai tramontato…
“Era un giornalismo di inchiesta che oggi non esiste più, o quasi. Ricordo che erano talmente impegnati nelle nostre indagini che la Raffai e il direttore del programma furono chiamati dal magistrato inquirente per sapere i motivi che li spingevano a darsi tanto da fare, episodio che segnò la fine dell'interessamento costante del programma alla nostra storia. Ma ancora stiamo parlando di anni in cui il giornalismo aveva la sua autonomia e indipendenza. Ci sono stati anche altri giornalisti che hanno addirittura rischiato del loro per parlare di questo caso, vedi Gianluca Cicinelli che ha subito una decina di processi, tutti vinti per fortuna”.

Pochi cronisti coraggiosi e il deserto attorno. La tua sensazione è questa?
“Certo, purtroppo è così. Ci siamo resi conto quasi subito che la stampa su questa storia aveva non ben identificati impedimenti o tentennamenti. Ogni volta che sollecitavamo qualche articolo, in seguito a un evento o a un nuovo elemento di indagine, i giornalisti contattati trovavano qualche scusa. Ti faccio l'esempio del programma ‘Le iene’: qualche anno fa ci contattarono. Era tutto pronto; ricordo che eravamo intorno al 20-22 dicembre di 5-6 anni fa, quando il redattore del servizio mi chiamò e mi disse che per il momento saltava tutto perché impegnati in altre storie. In quell’occasione capii inequivocabilmente che qualcosa e qualcuno erano intervenuti a bloccare il servizio-inchiesta. Purtroppo non è l'unico episodio: te ne potrei raccontare decine”.

Hai avvertito da parte di qualche testata o collega diffidenza nei vostri confronti?
“Non ho mai avvertito diffidenza da parte dei giornalisti con cui siamo entrati in contatto, anzi, ogni volta che qualcuno di loro approfondiva la storia ne rimaneva coinvolto anche personalmente di fronte a tante bugie e alle numerose prove sulle responsabilità istituzionali. Piuttosto avvertivo che, nonostante l'impegno del giornalista in questione, interveniva sempre qualcosa a limitarne l'espressione. Ricordo che ci sono stati dei giornalisti che, all'epoca della nostra occupazione pacifica del ministero della Difesa e dello Stato Maggiore della Marina per ottenere i documenti matricolari di Davide, furono minacciati e diffidati dal raccontare quel che era accaduto, pena la fine della loro carriera giornalistica. Queste informazioni confidenziali mi è capitato più di una volta di doverle ascoltare, purtroppo...”

Non ti pare di essere troppo pessimista?
“No, perché parto da un presupposto basilare. Ritengo che un Paese possa dichiararsi democratico se il ruolo dell'informazione viene svolto in autonomia e indipendenza, in cui i cittadini non vengono presi in giro con notizie perlopiù pilotate. Purtroppo oggi l'informazione è ipocrita e servile, sempre prona di fronte ai poteri che la comandano”.

Hai parlato del servizio pubblico di tre decenni fa, elogiando la Raffai. E oggi come sono cambiate le cose?
“Sono molto indignata, come cittadina costretta a pagare il canone, per come si comporta la Rai: un servizio pubblico che di servizio e di pubblico ha veramente ben poco”.

Che voto dai al grado di libertà dell'informazione italiana?
“Il mio giudizio sulla libertà di stampa nel nostro paese è completamente negativo e non mi baso solo su come hanno trattato la nostra vicenda, ma mi riferisco a tutte quelle situazioni per le quali il potere interviene con arroganza e prepotenza e la stampa, che dovrebbe essere il cane da guardia della democrazia, fa finta che sia normale. Non per niente mi sembra che siamo al 77° posto nel mondo per la libertà di stampa. In altri paesi come Francia, Germania o Inghilterra, una sentenza come quella dell’altro giorno avrebbe comportato le dimissioni del ministro della Difesa. Nel nostro Paese al contrario hanno preferito oscurare la notizia, con la totale complicità della stampa. Ripeto: al di là di poche e lodevoli eccezioni, non mi sono mai sentita sostenuta dai mass media i quali hanno sempre snobbato la nostra vicenda, nonostante noi cercassimo disperatamente di far capire quanto tremenda e seria fosse la storia di cui cercavamo la verità”.

Torniamo alla notizia della condanna del ministero della Difesa: da anni la attendevi con speranza, fiducia…
“E’ logico, eravamo noi da una parte e lo Stato dall’altra. Credevamo di aver raggiunto un traguardo quasi impossibile da immaginare e pensavamo che questa notizia fosse il grimaldello per scardinare il muro di omertà e di silenzio eretto intorno alla nostra storia. Ci siamo resi conto invece che anche questa notizia è servita a ben poco, almeno sul piano della comunicazione. E' evidente che un caso esiste quando l'informazione ne parla, e non esiste quando viene ignorato”.

Dolore, vergogna, rabbia?
“E' cocente per noi familiari delle vittime prendere consapevolezza che l'informazione decide quali storie far conoscere e quali far ignorare. In questi giorni abbiamo visto una grande mobilitazione per il caso di Giulio Regeni, la politica e l'informazione hanno riempito i media di notizie e di parole di sensibilizzazione e, naturalmente, l'opinione pubblica ha risposto positivamente. Perché il problema è proprio quello: non vogliono che la gente sappia l'orrore che hanno fatto a Davide, cittadino di questo paese, venduto come un pezzo di ricambio insieme a sistemi d'arma sofisticatissimi. La gente potrebbe indignarsi e decidere di chiedere la verità insieme a noi anche su questo caso, come quello di Regeni. E allora, lo Stato che fa? Censura”.

Perché in Italia possono accadere fatti come quello di Davide? Quali anticorpi mancano al nostro Paese?
“Ci ho riflettuto spesso. Ritengo che il motivo principale sia questo: noi cittadini siamo troppo permissivi nei confronti di una politica e di una informazione che troppo spesso ci prendono in giro. Noi non ci arrabbiamo quando un politico mente e poi non succede niente, continuiamo a votarlo e la stampa, il cui ruolo sarebbe quello di fargli le pulci, è troppo spesso benevola e compiacente. I cittadini di un paese normale avrebbero permesso che lo Stato scendesse a patti con la mafia?”

Marisa, siamo al termine di questa bella e intensa conversazione, di cui ti ringrazio. Restiamo ai tempi attuali. Spesso ho notato che ti affidi al web per dare notizie: non temi che possa essere un’arma a doppio taglia, vista l’invadenza delle cosiddette fake news?
“Oggi le fake news sembrano essere diventate il problema più importante per il nostro processo democratico. In realtà io sono convinta che i mezzi per bloccare contenuti diffamatori o perseguibili di reato sulla rete esistano già e quindi ritengo che questa impellente necessità di fermare le ‘bufale’ nasconda in realtà una volontà da parte del potere politico di bloccare tutte le voci libere che popolano la Rete. Mi sembra di capire che oggi chi detiene il potere non gradisca che vengano diffuse informazioni contrarie al pensiero unico e temono che la libera informazione possa smuovere le coscienze. Anche la nostra vicenda ha trovato riscontro e sostegno esclusivamente nella Rete. E' l'unico modo che abbiamo di far conoscere la nostra storia all'opinione pubblica”. (fp)

FONTE: Logo Fabrizio Peronaci

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Consegnato alla Marina Militare il primo velivolo F-35B STOVL

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Il velivolo segna un cambiamento nella trasformazione delle Forze Armate che ha effetti sulla conduzione delle operazioni e sulla formazione del personale

25 gennaio 2018 Redazione web

È stato consegnato questa mattina al Ministero della Difesa il primo F-35B STOVL (Short Take-Off/Vertical Landing) Lightning II, assemblato al di fuori degli Stati Uniti. Il velivolo, destinato ad equipaggiare la Marina Militare, è stato interamente realizzato nello stabilimento FACO (Final Assembly and Check Out) di Cameri, unico sito produttivo per l'F-35B situato fuori dagli USA.

Alla cerimonia sono intervenuti, tra gli altri, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Claudio Graziano, l'Ammiraglio Valter Girardelli, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, il Generale Francesco Langella, Direttore della Direzione degli Armamenti Aeronautici (ARMAEREO), Filippo Bagnato, Aircraft Division Managing Director di  Leonardo (TBD) e Douglas Wilhelm, Vice President F35 customer programs di Lockheed Martin. L'evento è il risultato della solida collaborazione tra il Ministero della Difesa Italiano, il partner industriale Leonardo e Lockheed Martin.

Durante il suo intervento il Generale Graziano ha sottolineato che la fase di trasformazione per le Forze Armate e questo nuovo sistema d'arma segna un cambiamento importante mentre, dal canto suo, il Capo di Stato Maggiore della Marina, Ammiraglio di Squadra Valter Girardelli,  ha ringraziato l'Aeronautica Militare per il supporto fornito finora nel progetto F-35B e per quello che farà anche in futuro, in collaborazione con la Marina.

Il velivolo F35B consegnato oggi alla Marina Militare, dopo una serie di voli di prova effettuati a Cameri, sarà trasferito da un pilota collaudatore della stessa Forza Armata alla Naval Air Station di Patuxent River, nel Maryland (Usa), per conseguire la necessaria certificazione Electromagnetic Environmental Effects. Gli F-35B italiani andranno a sostituire i velivoli AV-8B attualmente in servizio presso la Marina Militare.

L'F-35 Lightning II è un caccia di quinta generazione che combina la più avanzata tecnologia stealth a bassa osservabilità con la velocità e l'agilità di manovra tipiche dei caccia, la sensor fusion per l'acquisizione e la gestione più efficiente delle informazioni, capacità operative di rete e avanzate funzioni di supporto. L'aereo è un velivolo con capacità multiruolo, primo esemplare consegnato alle Forze Armate nella variante a decollo breve e atterraggio verticale (STOVL-Short Take Off Vertical Landing), per l'impiego sia su specifiche Unità Navali, sia in caso di piste particolarmente austere.

L'F-35B riesce a superare la velocità del suono quando è in volo riuscendo poi ad eseguire un atterraggio verticale in spazi estremamente ristretti. Questo perché riesce a dirigere la forza di spinta del motore verso il basso, mentre le eliche di sollevamento supplementari installate sotto l'abitacolo e le ali contribuiscono a produrre una spinta verticale di 40.000 libbre. 265 F-35 sono stati costruiti e consegnati in tutto il mondo e sono destinati a sostituire aerei di precedenti generazioni in almeno 12 nazioni.

Con la produzione del primo modello di F-35B, variante più complessa dal punto di vista tecnologico del velivolo, la FACO italiana dimostra le capacità e la qualità dell'industria aerospaziale italiana e si conferma come centro d'eccellenza per gli F-35 in Europa.

La FACO italiana, selezionata nel 2014 dal Dipartimento della Difesa USA come centro per Heavy Airframe Maintenance, Repair, Overhaul and Upgrade in Europa, è gestita da Leonardo, in collaborazione con Lockheed Martin Aeronautics attraverso un team di oltre 800 professionisti qualificati, impegnati nell'assemblaggio delle varianti F-35A, a decollo e atterraggio convenzionale, e F-35B STOVL e nella produzione delle ali per l'F-35A. Ad oggi nove F-35A e un F-35B sono stati consegnati dalla FACO di Cameri. La FACO di Cameri, inoltre, ha in programma la produzione di 29 F-35A per l'Aeronautica Militare olandese (RNLAF) e ha la capacità di soddisfare le richieste anche di altri partner europei in futuro. La FACO Italiana sta anche producendo 835 set di cassoni alari per l'F-35A a supporto di tutti i clienti del programma.

Alcune immagini della cerimonia di consegna

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Concorso per tesi di laurea "La Marina Militare italiana nella storia contemporanea

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Lo Stato Maggiore della Marina Militare ha bandito un concorso a premi per Tesi di Laurea sul tema “La Marina Militare nella storia contemporanea”,con partecipazione aperta fino al 30 giugno 2018 a tutti gli studenti universitari.
Il concorso è stato ideato nell’intento di stimolare una conoscenza sempre più profonda dell’importanza della marittimità per il nostro Paese e del ruolo e le funzioni della Forza Armata nell’ambito della politica nazionale di sicurezza, della salvaguardia degli interessi della nazione e della tutela della collettività.
Gli studenti potranno presentare elaborati su vari argomenti riguardanti la Marina Militare: dal personale (formazione e preparazione professionale) ai mezzi, materiali e infrastrutture; dal “potere marittimo” alle dottrine operative e logistiche fino all’analisi del pensiero strategico di studiosi nazionali e stranieri.
Saranno prese in considerazione tutte le tesi di laurea inviate secondo quanto previsto dal regolamento del bando di concorso e che sono state, o saranno, discusse nelle Università Italiane negli anni solari 2015, 2016, 2017 e 2018. Gli elaborati pervenuti saranno valutati da un’apposita commissione individuata dalla Marina Militare che selezionerà le tre tesi migliori e quella dal tema più originale, alle quali verranno assegnati i premi a concorso.
Il bando di concorso costituisce, tra l’altro, una ulteriore opportunità per tutti i giovani studenti, in quanto gli elaborati presentati potranno essere selezionati dall’Ufficio di Pubblica Informazione e Comunicazione della Marina Militare per la successiva pubblicazione, integrale o parziale, su prodotti editoriali come riviste o libri editi dalla Forza Armata.
Per avere tutte le informazioni sul concorso e partecipare allo stesso basta visitare il sito della Marina Militare, al seguente link: : http://www.marina.difesa.it/storiacultura/ufficiostorico/Pagine/ConcorsiTesidiLaurea                                                                                                                         

    

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Luciano Agosti
Presidente Grupppo A.N.M.I. di Ferrara

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"Petrolio" nel mare di Augusta

Le telecamere di Raiuno nel più grande cimitero siciliano delle navi. Il procuratore di Catania parlerà del traffico di 'oro nero' tra Malta, Libia e Italia

Il mare come gigantesca risorsa. Lavoro, infrastrutture, ricchezza, cultura, quando il mare diventa economia i benefici interessano l’industria, i servizi, il turismo, l’ambiente. Solo il settore delle navi da crociera muove un mercato che vale 100 miliardi di euro.

L'Italia è il primo produttore mondiale di yacht, il terzo per le imbarcazioni da diporto, una flotta di 600 mila barche che solca il nostro mare. Ma come si costruisce una grande nave? E che fine fanno le imbarcazioni a fine carriera? E ancora, come sono controllati i nostri 8.000 chilometri di costa? Chi ci difende in caso di emergenza?

Petrolio, il programma di approfondimento di Rai 1 in onda sabato 21 ottobre in seconda serata, indaga sulla solidità e sulla fragilità del sistema legato a questa straordinaria risorsa. Dai cantieri di Monfalcone dove nascono le navi più grandi del mondo, ai cimiteri del mare, i porti italiani dove giacciono abbandonati 750 relitti; dalle decine di navi di grandi dimensioni che ogni anno vengono inghiottite dal mare nel silenzio generale, all’incredibile smantellamento nel porto di Genova della Costa Concordia, neppure tre anni di lavoro, 200 uomini impegnati, il 90% del materiale recuperato.

Petrolio entra anche nella centrale operativa della Marina Militare Italiana, l’occhio elettronico che sorveglia a distanza tutto ciò che avviene in mare. Poi sale a bordo della “Nave Italia” che viaggia insieme a ragazzi, famiglie, persone disagiate per curare, riabilitare, educare e promuovere la cultura del mare.

FONTE: Logo siciliaweb

News varie dal mare, Petrolio nel mare di Augusta

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Marina Militare: impresa oceanica da record per il velista Pendibene

Pendibene Oceanica

Oggi per oggi il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Ammiraglio di Squadra Valter Girardelli, ha incontrato a Palazzo Marina, il Sottocapo Andrea Pendibene, atleta della Marina che ha rappresentato il tricolore italiano nell’ultimo Campionato Mondiale “Transat” , rientrato in Italia dopo avere concluso con successo la regata transoceanica in solitaria.

Una competizione dall’elevato contenuto tecnico riservata esclusivamente ai migliori 80 velisti di fama mondiale, che dalla località di La Rochelle in Francia, passando per le Isole Canarie, si sono sfidati in una difficilissima gara di resistenza di 27 giorni, fino a Le Marin sull’Isola di Martinica nel Continente americano. A bordo di Pegaso 883, imbarcazione della Marina Militare classe 6,50, l’Ingegnere navale e ricercatore di “nuove tecnologie e materiali” Andrea Pendibene, ha riportato la bandiera italiana ed il vessillo della Forza Armata al di là dell’Oceano Atlantico dopo l’ultima impresa condotta nel lontano 1972 dal Capitano di Vascello Franco Faggioni a bordo del Sagittario.

Una battaglia sul campo di regata riservata ad atleti straordinari che sanno affrontare l’Oceano e le sue avversità, facendo esclusivamente leva su sé stessi e sulla piena affidabilità del mezzo di cui dispongono, preparato fin nei minimi dettagli da un team di circa 80 militari.

Il risultato conseguito da Andrea Pendibene, primo tra gli italiani per la classe “serie” ad arrivare a Le Marin dopo avere percorso oltre 4000 miglia nautiche, rappresenta un traguardo di prestigio di cui andare orgogliosi, poiché racchiude in sé anni di lavoro, sacrifici, ricerca e sperimentazione di nuovi assetti e materiali da impiegare su Pegaso 883, per portare la Marina Militare ad un successo di livello Mondiale.

“La regata transoceanica Transat è una competizione molto difficile – spiega Pendibene - per diversi aspetti di natura tecnica, ma è proprio quì che viene fuori la qualità dei veri marinai. Le imbarcazioni sono di tipo “serie” ovvero mantengono determinati requisiti standard per cui l’unica differenza in termini di risultati, è rappresentata dalla bravura e dalla qualità di chi le conduce. Inoltre – aggiunge il militare -  navigare da soli per 27 giorni in pieno Oceano senza mai potere comunicare con l’esterno, affidandosi esclusivamente alla propria preparazione atletica, professionale ed alla capacità di gestire ogni attività, rappresentano il valore aggiunto che ogni vero marinaio possiede nel proprio dna”.

Il risultato conferma la qualità e premia la costanza di questo atleta, classe 1981, che dal 2011 inseguiva il sogno di un Campionato Mondiale in grande stile per riaffermare a livello mondiale le tradizioni veliche della Marina Militare. Dopo le vittorie ai Campionati Assoluti del 2013 e 2014, e l’ottimo piazzamento alla Transat 2017, Pendibene progetta adesso nuovi orizzonti su cui proseguire il viaggio di Pegaso 883 nel circuito internazionale, proiettato verso un podio mondiale che può finalmente diventare realtà.

La Marina Militare offre ai giovani anche la possibilità di diventare atleti militari professionisti, portabandiera non solo del “made in Italy” ma della Forza Armata a livello internazionale. Una scelta di vita che significa lavorare in un ambiente ad alta specializzazione dove ogni persona è un elemento imprescindibile di un ingranaggio perfetto, viaggiando, raggiungendo mete lontane e luoghi unici.

Sulla Gazzetta Ufficiale nr.3 del 09.01.2018, 4a Serie Speciale - visibile sul sito www.marina.difesa.it all’interno della sezione “Concorso Accademia Navale 2018” – è indetto il bando di concorso per l’accesso alla 1^ classe dell’Accademia Navale di Livorno per giovani dai 17 ai 22 anni. La Marina Militare continua ad offrire la possibilità di cogliere una delle più ambiziose opportunità lavorative, di assumersi delle precise responsabilità, mettersi al servizio degli altri e decidere per il proprio futuro.

FONTE: Logo Press Mare

News Marina Militare,, Impresa oceanica da record-Pendibene

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Pesante e dalle dimensioni faraoniche, ma la velocità della portaerei stupisce

Sono enormi, pesanti eppure quando c’è bisogno di velocità e agilità le portaerei riescono a muoversi con grande rapidità. In queste immagini pubblicate da WarLeaks è possibile assistere alle manovre di evasione della portaerei statunitense USS Abraham Lincoln. Con un peso di 99.790 tonnellate e una lunghezza di 333 metri raggiunge oltre 55,56 km/h grazie a 2 reattori nucleari A4W che fungono da propulsori. A bordo è in grado di trasportare circa 90 mezzi tra aerei ed elicotteri.

Trovate il video anche nella sezione

Video di mare-Marina Militare

Fonte: Logo Stampatv

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Ritrovamento sottomarino australiano dopo 103 anni dall'affondamento

Un sottomarino da guerra della Marina Australiana, HMAS AE1, è stato rinvenuto al largo della Papua Nuova Guinea, 103 anni dopo essere affondato con a bordo 35 marinai australiani e britannici. Del sottomarino si erano perse le tracce il 14 febbraio 1914, in piena Prima guerra mondiale: era partito verso la Nuova Guinea. Ben dodici spedizioni erano state nel tempo organizzate per cercare di rintracciarlo e recuperarlo ma erano andate tutte a vuoto. La tredicesima è stata quella fortunata, realizzata anche con l'ausilio  di un drone sottomarino.

La nave di ricerca olandese Fugro Equator ha infatti utilizzato un veicolo sottomarino autonomo munito di ecoscandaglio a raggi multipli,che ha permesso di riprendere immagini tridimensionali a 300 metri di profondità. E così dopo appena un'ora di ricerche è arrivato il risultato che tutti si attendevano. La spedizione è stata finanziata dal governo australiano e da alcune aziende che hanno messo a disposizione ingenti risorse, attraverso alcune donazioni. Il sottomarino, operativo da sette mesi al momento della scomparsa, 800 tonnellate di peso e una lunghezza di 54 metri, è stato ritrovato a 300 metri sott'acqua nei pressi delle Isole del Duca di York.

Secondo le prime ipotesi a determinare l'affondamento fu un durissimo impatto con il fondale. Il governo australiano ha deciso di commemorare le 35 vittime che si trovavano a bordo e sono stati presi contatti con i loro discendenti.  «Questa è una delle scoperte più significative nella storia navale australiana che ha risolto quello che è stato per anni un vero e proprio mistero -  ha commentato il ministro della Difesa australiano, Marise Payne -  la scomparsa dell'AE-1 fu una tragedia significativa per la nostra nazione. Credo che questo aiuterà a dar pace alle famiglie e ai parenti delle vittime e forse un giorno scopriremo perché il sottomarino è affondato. Il governo australiano discuterà con quello di Papua Nuova Guinea la forma di una commemorazione duratura e di un riconoscimento nei confronti dell’equipaggio dell’AE1». Secondo il comandante della spedizione di ricerca, l’ammiraglio in pensione Peter Briggs, «la scoperta ha confermato che il sottomarino subì un guasto catastrofico, probabilmente, durante un’immersione addestrativa mentre era diretto a Rabaul, e urtò il fondo roccioso ad alta velocità». Come già accaduto per il ritrovamento di altri relitti non è stata resa nota, per proteggere il relitto del sottomarino, la sua esatta posizione nelle acque della Papua Nuova Guinea : si sa solo che sembra essersi preservato in un unico pezzo, resistendo tutti questi anni.

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Ammiraglio Giuseppe De Giorgi

FONTE: Logo sito Degiorgi

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La Marina militare torna al Circolo Polare Artico, il 17 gennaio la partenza

Marina Circolo Polare

Roma, 15 genMercoledì 17 gennaio la nave polivalente di ricerca Alliance partirà dal porto di La Spezia per una missione scientifica con il Centre for Maritime Research and Experimentation (CMRE) della NATO, fra i mari d’Islanda e Groenlandia, oltre il Circolo Polare Artico.

A salutare l’equipaggio e i ricercatori imbarcati, il Comandante in Capo della Squadra Navale, Ammiraglio di Squadra Donato Marzano e la direttrice del CMRE, dottoressa Catherine Warner.

Dopo 90 anni dalla storica missione del Comandante Nobile e a seguito della recente spedizione effettuata nell’estate del 2017 denominata “High North“, la Marina Militare ritornerà al Polo Nord, per la prima volta in periodo invernale artico, per sostenere le attività di ricerca a supporto dell’organizzazione internazionale Woods Hole Oceanographic Institution (WHOI) nell’ambito del programma multidisciplinare Iceland-Greenland Seas Project (IGP).

Scopo principale della spedizione è lo studio dell’interazione aria/acqua e la relativa ventilazione che si viene a creare nel Mare Artico, con l’obiettivo di raggiungere una migliore comprensione della circolazione delle correnti marine. L’attività scientifica sarà caratterizzata da due periodi di navigazione di circa venti giorni ciascuno, e consisterà nell’eseguire, nello stretto di mare che separa l’Islanda dalla costa orientale della Groenlandia, rilievi speditivi e approfonditi dei parametri di conduttività elettrica, temperatura, profondità, analisi geochimiche e velocità del suono in acqua, rilievi bati-termografici, misurazione della batimetria e misurazioni meteorologiche (marine e aeree), effettuando la correlazione e la raccolta statistica tra i dati acquisiti.

Nave Alliance, al comando del Capitano di Fregata Daniele Cantù, ha un equipaggio composto da 47 militari e imbarca, per l’occasione, un gruppo di ricerca costituito da 22 scienziati provenienti da diverse organizzazioni internazionali. Responsabile della missione scientifica è il Dottor Robert Pickart, scienziato del Woods Hole Oceanographic Institution (WHOI), assistito dal Capo Missione Marina Militare, il Capitano di Vascello Massimiliano Nannini. Due team scientifici si alterneranno durante la missione: il cambio avverrà durante le soste operative nei porti islandesi di Reykjavik e di Isafjordur, rispettivamente nella prima e ultima decade di febbraio.

La nave terminerà la sua missione con il rientro in Italia, previsto per la prima decade del mese di aprile 2018.

NAVE ALLIANCE

Nave Alliance

Nave Alliance è un’unità polivalente di ricerca (NATO Research Vessel – NRV) che svolge principalmente attività condotte dal Centro di Ricerca e Sperimentazione Marittima (CMRE), per conto dell’Organizzazione Scientifica e Tecnologica (Science and Technology Organization – STO) della NATO.

Nell’aprile 1988, l’unità è stata consegnata all’allora Centro di Ricerche Subacquee del SACLANT (Undersea Research Centre – SACLANTCEN), poi rinominato Centro di Ricerche Subacquee della NATO (NATO Underwater Reserch Centre- NURC), poi ancora ulteriormente rinominato STO/CMRE.

Dal marzo 2016 è equipaggiata con personale della Marina Militare grazie a un’intesa del dicembre 2015 fra la Marina Militare e il CMRE. La nave ha dipendenza organica, per il tramite del Comando Squadriglia Unità Idrografiche ed Esperienze (COMSQUAIDRO) e il Comando delle Forze di Contromisure Mine (MARICODRAG), dal Comando in Capo della Squadra Navale (CINCNAV).

FONTE: logo grnet 400

 

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L’orgoglio dell’ingegneria navale tedesca è un disastro completo

wsj logoLa Marina blocca una commessa da 3 miliardi per una nuova grande fregata dopo il fallimento del collaudo in mare. Per gli esperti è un fiasco sia nella concezione che nell’esecuzione

fregata tedesca 610235La Marina tedesca nel 2005 aveva concepito l’idea di una nave da guerra che potesse traghettare i marines in combattimento in qualsiasi parte del mondo, contrastare le navi nemiche, rimanere lontana dai porti di casa per due anni, e il tutto con un equipaggio che fosse la metà di quello del modello precedente.

Consegnata inizialmente per le prove in mare nel 2016 dopo una serie di ritardi, la fregata Baden-Württemberg, da 7.000 tonnellate, il mese scorso ha scoperto di avere un difetto di progettazione inaspettato: non funziona per niente.

Gli esperti della Difesa sostengono che la nave ha software pieno di bug e un arsenale mal concepito, sintomi di problemi più profondi e più difficili da risolvere: la riduzione dell’abilità e competenza militare e la crescente confusione dei leader tedeschi sul ruolo delle forze armate del paese.

Una litania di progetti infrastrutturali pasticciati ha finito per guastare la reputazione delle capacità ingegneristiche tedesche. Non esiste ancora una data di apertura per il nuovo aeroporto di Berlino da 6 miliardi di euro, in ritardo di dieci anni rispetto al previsto e la riprogettazione della stazione ferroviaria di Stoccarda rimane bloccata più di un decennio dopo l'inizio dei lavori. Per gli osservatori, alla base di questi inconvenienti c’è cattiva pianificazione e gestione dei progetti, gli stessi elementi che hanno anche causato una grave battuta d' arresto su diversi grandi progetti militari.

Ma gli esperti sostengono che gli sforzi militari sono stati ostacolati anche dalla mancanza di una visione strategica riguardante le forze armate tedesche, che si è tradotta in linee d’azione vaghe e difficili da portare a termine. Prima che il progetto della fregata naufragasse, ad essere colpito da numerosi intoppi è stato un contratto per la costruzione di un nuovo elicottero; inoltre i costi di un nuovo fucile sono saliti alle stelle e un ambizioso progetto di droni non è mai riuscito a decollare.

L' approvvigionamento militare tedesco è "un infernale completo disastro", ha detto Christian Mölling, esperto di difesa del Consiglio tedesco sulle relazioni internazionali di Berlino, “Ci vorranno anni per risolvere questo problema ".

Il fiasco navale, basato su un progetto da 3 miliardi di euro, è particolarmente sorprendente in quanto il più grande esportatore europeo si affida a rotte marittime aperte e sicure per il trasporto delle proprie merci.

Il programma di costruzione delle fregate F-125 riguardava le quattro più grandi navi militari tedesche del dopoguerra, dotate di software all' avanguardia che consentissero un'elevata operabilità con un equipaggio ridotto all’osso.

Ma dopo aver fallito le prove in mare il mese scorso, i capi della Marina hanno bloccato la commessa, sostenendo che il sistema centrale di computer del Baden-Württemberg, il nucleo centrale di progettazione che gli permette di navigare con un ridotto equipaggio, non ha superato i test necessari. Il Kieler Nachrichten, quotidiano di Kiel, sede della flotta tedesca del Baltico, ha segnalato l’esistenza di problemi con il radar, l’elettronica e il rivestimento antideflagrante dei serbatoi di carburante. Si è scoperto anche che la nave tendeva troppo a dritta, un difetto che il portavoce del progetto sostiene sia stato poi corretto. Il Baden-Württemberg è ora destinato a tornare in porto la prossima settimana per un "periodo prolungato", ha reso noto la Marina.

Un portavoce della Thyssenkrupp , società capofila del progetto, ha dichiarato che intende confermare la consegna della nave per quest' anno. “La fregata classe 125 è una nave di nuova concezione e tecnicamente sofisticata, con nuovi sviluppi altamente complessi, comprese le nuove tecnologie", ha dichiarato il portavoce, “i ritardi non possono mai essere completamente esclusi ".

Un portavoce dell'ufficio per gli approvvigionamenti militari ha detto che sono allo studio sanzioni pecuniarie da imporre alla Thyssenkrupp  per la consegna tardiva, ma ha rifiutato di fornire ulteriori dettagli.

Anche se la nave può essere riparata, alcuni esperti navali temono che farebbe fatica a difendersi da gruppi terroristici dotati di missili antinave. E di fronte all’aumento della presenza navale russa nel Mar Baltico, la nave difetta dei sonar e dei tubi siluro del suo predecessore, il che la rende un'anatra seduta per i sottomarini. Tali carenze sarebbero dovute anche alla mancanza di un mandato definito dei vertici della Marina sulla nave. Quando iniziò la sua pianificazione nel 2003, l’ammiragliato voleva un vascello tuttofare, che potesse disimpegnarsi con i cacciatorpediniere russi nel Baltico e fungere da base per missioni umanitarie nelle acque tropicali. Poi, nel 2005, si decise che la nave non aveva bisogno di tutte le armi pesanti del modello precedente e che occorreva concentrarsi maggiormente sull' attacco ai nemici a terra, anche traghettando marines in combattimento. Data la posizione aggressiva della Russia nel Mar Baltico, gli esperti navali affermano che quello sembra essere stato un errore di calcolo. Il grande peso della nave, già quasi il doppio di quello della fregata precedente, rende difficile l’aggiunta di ulteriori armi.

Questi problemi derivano dal fatto che la Germania non ha una visione strategica per i suoi militari", ha dichiarato Ronja Kempin, esperta di difesa presso l’Istituto tedesco per gli affari internazionali e della sicurezza di Berlino.

Gli esperti interpellati sostengono che il fiasco della fregata mostra anche la Marina, gli ingegneri militari tedeschi e l’ufficio di approvvigionamento della Difesa, dopo anni senza grandi progetti da gestire, hanno perso l'esperienza necessaria per portarne di nuovi a compimento. “Troppo complicato, troppo ambizioso, troppo mal gestito" : descrive così il progetto della fregata Marcel Dickow, esperto di fornitura di armamenti presso l’Istituto tedesco per gli affari internazionali e la sicurezza di Berlino, “Hanno gettato denaro per un progetto senza pensarlo bene prima ".

Il portavoce dell’ufficio per gli approvvigionamenti militari tedesco ha affermato che il progetto navale rappresenta una "sfida enorme" per gli appaltatori, e che le sue specifiche progettuali erano "inequivocabili e precise". Ha aggiunto che i contraenti devono risolvere i problemi in sospeso: “La Marina non prenderà il controllo della nave fino a quando tutti i collaudi non saranno stati completati con successo".

La spesa militare tedesca è in rapido aumento per soddisfare l’impegno concordato con la Nato di impiegare il 2% del prodotto interno lordo. Il budget della difesa dovrebbe salire a 38,5 miliardi di euro nel 2018 da 37 miliardi nel 2017 e 35,1 miliardi nel 2016.

Ma questa crescita segue anni di austerity fiscale che hanno deteriorato la capacità del governo di gestire ambiziosi progetti militari. E mentre aziende tedesche come Heckler & Koch e Rheinmetall restano leader di mercato nei fucili, nei carri armati e negli obici, la competenza in sistemi più grandi e complessi si è erosa durante gli anni di magra. “C’è un’intera generazione di ingegneri tedeschi che non ha mai lavorato a un grande progetto di difesa ", ha dichiarato Mölling, “Non è che abbiano perso questa abilità; non l'hanno mai imparata ". I laureati in Ingegneria snobbano le offerte dei produttori di armi a favore di datori di lavoro più sexy, come il conglomerato Siemens  o la casa automobilistica BMW , che offrono migliori retribuzioni e prospettive di carriera, sostiene Mölling. Le aziende della difesa non sono riuscite ad attrarre neanche i laureati necessari per sviluppare nuovi sistemi sofisticati e sempre più incentrati sul software, ha dichiarato Sandro Gaycken, direttore della Scuola Europea di Management and Technology di Berlino.

La Germania avrebbe potuto acquistare navi da guerra da Stati Uniti, Regno Unito o dai cantieri navali francesi, ma il governo aveva scelto offerenti tedeschi per sostenere l’occupazione presso i cantieri domestici, ha precisato la Kempin. Lothar Dannenberg, ingegnere navale di Kiel, che non è stato coinvolto direttamente nel progetto della fregata, sostiene che i fallimenti sono in gran parte dovuti dall' incompetenza dell’ufficio acquisti. “Gli ingegneri venivano lasciati nell’incertezza”.

FONTE: Logo Milanofinanza

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