Il Mediterraneo allargato

In questi giorni la nostra attenzione è giustamente concentrata sulla Libia e sul tema del blocco dell’immigrazione. Sarebbe tuttavia un grave errore immaginare di confinare l’area d’interesse nazionale al solo Mediterraneo, anzi al solo Mediterraneo centrale come di recente vorrebbero alcuni.

La globalizzazione dell’economia ha accentuato l’interdipendenza di Paesi geograficamente lontani, ma coinvolti nella stessa catena produttore-consumatore, il cui elemento di continuità è rappresentato dal mare e dal flusso globale di merci/risorse energetiche che lo attraversano. Oggi il 90% dei beni e delle materie prime transita lungo le linee di comunicazione marittime e il 75% di questo flusso scorre attraverso pochi vulnerabili passaggi obbligati (c.d. choke points), costituiti dai canali e dagli stretti internazionali.

In Oceano indiano, in cui transita in termini di tonnellaggio la maggioranza delle merci mondiali, il 65% del petrolio e il 35% del gas, l’ENI sviluppa importanti e promettenti attività estrattive, fra cui, di particolare interesse rivestono gli immensi giacimenti di gas al largo del Monzambico.

Gli accessi all’Oceano Indiano e le relative linee di comunicazioni, sono controllati da 7 dei 9 più importanti passaggi obbligati del Pianeta (Stretto di Hormuz, Canale di Suez, Babel Mandeb, Capo di Buona Speranza, Stretto di Malacca, Stretto della Sonda, Stretto di Lombok)

Per quanto riguarda l’Italia, Suez, Babel Mandeb e Hormuz assumono naturalmente valenza primaria.

Per Hormuz transita tutto il traffico marittimo dei Paesi del Golfo; è senz’altro il più importante passaggio per gli idrocarburi a livello mondiale (ca 20 Mil. di barili al giorno, pari ad approssimativamente il 20% degli idrocarburi trasportati via mare nel Mondo). A differenza degli altri stretti, non è aggirabile. Una volta chiuso l’accesso via mare, il Golfo Arabico-Persico sarebbe isolato. Hormuz e in realtà tutto il bacino del Golfo Persico è facilmente minabile, cosa già accaduta ai tempi del conflitto Iran-Iraq.

Il Canale di Suez è la porta d’accesso orientale al nostro mare, insieme a Babel Mandeb, è senz’altro il passaggio obbligato più importante per l’Italia. L’eventuale chiusura del canale comporterebbe un allungamento della rotta verso l’Europa di circa 6.000 miglia nautiche. Largo non più di 300 metri, è anch’esso facilmente minabile, anche da entità non statuali (evento già successo nel 1984), ed è sotto il controllo totale di una sola nazione, l’Egitto. Di qui fra l’altro l’importanza strategica della Somalia, dello Yemen e dell’Oman per la sicurezza degli accessi al Mar Rosso/Mediterraneo per gli interessi italiani.

I passaggi obbligati sono soggetti a varie minacce come la pirateria, il terrorismo marittimo sinistri di grandi proporzioni, instabilità politica degli stati rivieraschi. La loro chiusura, ipotesi spesso scartata come mero esercizio militare, (oltre ad essersi già verificata in passato) trova, se ce ne fosse bisogno, nuova credibilità, per la sempre maggiore pericolosità di attori non statuali e la crescente diffusione di armi  più potenti e sofisticate, un tempo prerogativa esclusiva di un ristretto numero di Nazioni.

In particolare l’eventuale chiusura degli accessi orientali al Mediterraneo trasformerebbe la configurazione del commercio mondiale a danno dell’Italia che risulterebbe penalizzata dallo spostamento dei traffici dalle rotte per Suez a quelle che circumnavigano l’Africa, con il conseguente punto di imbarco e sbarco delle merci nei porti nordeuropei anziché negli storici porti mediterranei italiani.  Come accadde dopo la scoperta dell’America, sino all’apertura di Suez il Mediterraneo sarebbe marginalizzato sotto ogni punto di vista. La nostra economia ne risentirebbe in modo catastrofico.

La volatilità politica dell’area è evidente; ne consegue che la gran parte delle Nazioni facenti parte del G8 mantengano pressoché costantemente nell’area forze navali, supportate in alcuni casi da basi permanenti. L’EU è presente con l’operazione EU Atalanta, la NATO con Ocean Shield, oltre ad analoghe iniziative cinesi, russe e ovviamente indiane. Anche la Marina Iraniana è attiva al di fuori di Hormuz, sia in missioni di antipirateria sia in chiave di sorveglianza marittima, anche in ottica di contenimento anti-israeliano. Fra le nazioni Europee, la Francia mantiene una presenza navale di maggior profilo, inviando ogni anno per 5 mesi un Gruppo navale centrato sulla portaerei Charles De Gaulle e da un Sommergibile, per citare solo gli assetti più significativi.

Di recente anche la Turchia si è affacciata nell’area, con importanti operazioni di “soft power” nei confronti della Somalia, costruendo un aeroporto internazionale a Mogadiscio e proponendosi come aiuto nella ricostituzione delle forze armate somale. La Germania ha avviato contatti preliminari per muoversi autonomamente nell’avviare cooperazioni con la Somalia e con i paesi dell’Africa orientale, nell’ambito di un’iniziativa parallela a quella proposta dal Governo italiano in ottica europea con il “migration compact”, volto a stabilizzare anche con investimenti, oltre che con iniziative mirate alla sicurezza, i paesi origine della maggior parte dell’emigrazione di massa.

La Cina ha da alcuni anni dato vita un intelligente e massiccio esercizio di “soft-power”, diretto in particolare verso i Paesi della costa dell’Africa orientale e sud orientale, che nei piani di Pechino si spingerà fino a interessare il Mediterraneo. E’ già in atto il coinvolgimento della Grecia nel progetto della nuova via marittima della seta, per trasformare il Pireo nel suo puto d’arrivo, come snodo per la successiva distribuzione, via terra e via mare, in concorrenza con Trieste e Venezia. E’ evidente che l’Italia non possa disinteressarsi dell’Oceano Indiano. Lo confermano, se ce ne fosse bisogno, le missioni condotte dalla Marina Militare (8 missioni principali di lunga durata con significativo impiego di mezzi, incluse dislocazioni di Portaerei e impiego dell’aviazione tattica imbarcata, senza contare le attività di presenza navale di unità isolate) dal 1979 ad oggi.

Piaccia o no, il Mediterraneo è oggi, ancora più che in passato, un continuum geo-strategico e soprattutto geo-economico con il Mar Nero, l’Oceano Indiano e il Golfo Arabico-Persico.  Quell’entità geo-politica e geo-economica che a partire dagli anni 90 è stata identificata con il termine Mediterraneo allargato, per indicare l’area di diretto interesse nazionale, a superamento del concetto “soglia di Gorizia=Mediterraneo centrale” degli anni 50 e 60.

In tal senso peraltro si sta muovendo la nuova politica estera italiana, come dimostrato dall’intensificazione dei rapporti ai massimi livelli con i Paesi del Golfo, dell’oceano Indiano e verso l’Asia. L’apertura verso l’Iran, il lancio dell’iniziativa del cd. “migration compact”, sono importanti tasselli della ripresa dell’iniziativa italiana per assumere maggiore rilevanza nella regione.

E’ quindi tempo di allineare la “visione” della Difesa a quella della politica estera nazionale. L’attuale disconnessione è a mio parere uno dei problemi che andrà necessariamente risolto per acquisire tempestività e resilienza nella nostra azione, verso i Paesi con cui vogliamo far crescere in ampiezza e profondità i rapporti politici, commerciali e di sicurezza. 

Dobbiamo rivedere la pianificazione militare e procedere senza ulteriori indugi alla conseguente riconfigurazione del nostro strumento militare e del suo impiego, anche e soprattutto per le operazioni in tempo di pace.

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi

Mediterraneo

FONTE: Amm Degiorgi Viso

News Marina Militare,, Amm.De Giorgi, Mediterraneo allargato

  • Visite: 1556

Ritrovato il relitto della Uss Indianapolis, la nave che trasportò la prima bomba atomica

USS Indianapolis

La storia dell'incrociatore affondato solo 4 giorni dopo aver scaricato l'uranio arrichito che poi sarà sganciato su Hiroshima. Quasi tutto l'equipaggio morì dopo giorni in balia del mare, perché nessuno li soccorse. Una vicenda coperta d'ignominia: il comandante si suicidò nel 1969, venne scagionato solo nel 2000

A 72 anni dal suo affondamento ad opera di un sottomarino giapponese, è stato trovato il relitto di una nave da guerra Usa, la cui importanza è stata a lungo ignota ai più. L'incrociatore pesante Uss Indianapolis ha trasportato - in assoluta segretezza e senza alcuna nave da scorta, condannando alla morte quasi tutto l'equipaggio - le parti più importanti della prima bomba atomica, 'Little Boy', sganciata il 6 agosto del 1945 su Hiroshima.
Il relitto è stato rinvenuto alla profondità di 5.500 metri nel Mare delle Filippine secondo quanto ha riferito il co-fondatore di Microsoft e appassionato cacciatore di relitti, Paul Allen.
La storia dell'Indianapolis, raccontata in un recente film con Nicolas Cage, è stata a lungo taciuta come una vergogna per la Us Navy. La sua missione era così segreta che quando il 30 luglio del 1945 - 4 giorni dopo aver scaricato il prezioso carico (l'uranio arricchito e le componenti dell'ordigno) sull'isola filippina di Tinian - venne affondata da 2 siluri non potè neanche lanciare l'allarme. Non solo. Essendo la sua missione conosciuta solo ai vertici della Marina Usa e sapendo che la nave non poteva rompere il silenzio radio per giorni nessuno la cercò ed i soccorsi arrivarono tardi per la maggioranza dei marinai sopravvissuiti all'affondamento perchè la sua posizione era ignota.
L'Indianapolis, costruita nel 1929 era lunga 186 metri ed aveva 9 cannoni da 200 mm. La nave, non modernissima nel 1945, affondò in soli 12 minuti e l'equipaggio non riuscì neanche a calare in acqua le scialuppe di salvataggio. Dei 1.196 marinai a bordo ben 900 sopravvissero all'affondamento ma destinati, la maggioranza, ad una fine atroce: divorati dagli squali o morti di stenti.
Alla fine solo 316 sopravvissero e di questi 22 sono ancora vivi. L'incrociatore conserva ancora il triste record della maggior perdita di vite umane per una singola nave in mare.
Il comandante, il capitano di vascello Charlie B. McWay III sopravvisse all'affondamento ma subì la corte marziale per non aver "zizagato" rendendo, secondo i suoi colleghi giudici, la nave un facile bersaglio, versione smentita dallo stesso comandante del sommergibile nipponico I-58 che l'affondò.
Venne riconosciuto colpevole di condotta pericolosa ma il comandante della Marina, l'ammiraglio Chester Nimitz lo reintegrò. Finì la sua carriera 4 anni dopo con il grado di contrammiraglio (1 stella) e nel1969 si suicido per le pressioni e le accuse dei parenti dei marinai deceduti.
Solo nel 2000 il Congresso degli Stati Uniti approvò una risoluzione che scagionò McWay, l'unico comandante della Us Navy finito di fronte alla corte marziale per aver perso la sua nave.

FONTE: Logo Rep.it

News Marina Militare,, USS Indianapolis, Hiroshima

  • Visite: 1240

Nuovi sottomarini per i reparti speciali russi e americani

 

Piranha865

Nuovi sottomarini per i reparti speciali russi

I commando della Marina Militare russa potrebbero ricevere i nuovi sottomarini Progetto 650E proposti dalla Malachite Design Bureau. Le unità con un dislocamento di sole 720 tonnellate, sono state progettate  esclusivamente per le operazioni clandestine dei reparti speciali russi. Le nuove unità sono considerate un’evoluzione del Progetto 865 Piranha, denominazione Nato classe Losos, in servizio negli anni ‘90. Un modellino del Progetto 650 è stato svelato lo scorso marzo durante la Langkawi International Maritime and Aerospace (LIMA) 2017, in Malesia, la più grande manifestazione di settore nell’area Asia-Pacifico. I nuovi sottomarini, che dovrebbero essere noti in Russia come Super Piranha saranno equipaggiati con missili da crociera. Scarsi i dettagli fino ad oggi diramati da Mosca che, ad oggi, non ha ancora ufficialmente siglato alcun accordo con l’United Shipbuilding Corporation. Secondo Izvestia, il P-650E è concepito con desing modulare per diverse configurazioni operative.

spaccato

I Piranha, realizzati in una lega di titanio, erano armati con due mine e due siluri.Lunghi trenta metri, potevano raggiungere una profondità massima in immersione di 200 metri ed una velocità di 6,6 nodi in immersione. La loro autonomia stimata era di mille miglia nautiche o dieci giorni. I Piranha avevano un equipaggio di tre unità e potevano ospitare fino a sei commando.

I Super Piranha saranno molto più grandi con una lunghezza complessiva di 55-57 metri, una larghezza di 6,4 metri ed una capacità massima di immersione stimata di 300 metri. Potranno raggiungere i 20,5 nodi con un’autonomia di duemila miglia nautiche. Saranno armato con quattro siluri da 533 millimetri, otto siluri da 400 mm e dodici mine. L’equipaggio sarà composto da nove unità e potranno essere trasportati fino a sei commando. I mini sottomarini della famiglia Piranha (T, U-130 e Piranha-2 con propulsione indipendente dall’aria, tutti rimasti sulla carta), sono stati appositamente progettati per le operazioni clandestine delle forze speciali russe. Il Progetto 865 Piranha è stato chiuso nel 1999 con sole due unità costruite: l’MS-520 e l’MS-521. L’ammiragliato russo vorrebbe schierare unità Super Piranha nel Mar Baltico, nel Mar Nero, nel Mar Caspio e nel Mediterraneo

Nuovi sottomarini a secco per i Navy Seal

Lockheed Martin, in collaborazione con Submergence Group LLC, produrrà i sommergibili da combattimento a secco (DCS o Dry Combat Submersibles) per i Navy Seal. Il sottomarino a secco, progettato per ridurre la fatica e l’esposizione ad elementi come l’acqua fredda o ghiacciata, sarà lungo al massimo 31 piedi (9,7 metri) e dotato di una completa suite di sensori tra sistemi di navigazione, giroscopi, sonar e che implementi la tecnologia anti-collisione. I nuovi asset, grazie alla nuova batteria al litio da 60 ore, potranno operare a distanze e profondità maggiori rispetto agli attuali SDV. A differenza delle precedenti tecnologie per le batterie agli ioni di litio, questa offre una maggiore stabilità e garantisce la sopravvivenza di tutti i sistemi di bordo grazie ad una di gestione termica che previene l’instabilità delle cellule. Secondo i termini del contratto, lo Special Operations Command ha staccato un assegno da 166 milioni di dollari a Lockheed Martin per la realizzazione di tre DCS, pesanti trenta tonnellate. I lavori sono in corso a Plymouth, nel Regno Unito ed Palm Beach County, in Florida.

Nel 1994, il Pentagono ha stanziato 524 milioni di dollari per la costruzione di una nuova flotta di sei sottomarini da 65 piedi per le operazioni segrete dei Seal. Nove anni dopo, il programma toccò la cifra record di due miliardi di dollari con consegne non ancora iniziate.

piranya t

Nel 2011, il SOCOM decise di lanciare un programma per mini-sottomarini a secco noto come Dry Submarine Program. I Navy Seal erano alla ricerca di un nuovo minisottomarino a secco per l’infiltrazione delle piccole unità sulle coste nemiche ed in ambienti ostili. Il Comando Operazioni Speciali degli Stati Uniti o SOCOM ha testato vari prototipi. Lo Swimmer Delivery Vehicle dei Seal, è fondamentalmente un sottomarino non sigillato. Gli operatori sono immersi nell’acqua: tra i Seal è chiamata anche la bara allagata. Nella prefazione dello Special Operations Command per il Dry Submarine Program si legge: “Il nostro obiettivo è di portare a termine le nostre missioni e schierare operatori al meglio delle loro condizioni. Farli restare al caldo ed asciutti, mentre aspettano di entrare in azione, riuscendo anche a conversare liberamente tra di loro, è fondamentale per la riuscita della missione”.

FONTE: logo occhi della guerra4

  • Visite: 1198

Progetto Sand: avviata in Toscana la produzione di droni marini

prototipo sand

Primi risultati e immagini di rendering del progetto di drone marino ipertecnologico dedicato al controllo ambientale e soccorso in mare realizzato per il programma SAND dalla capofila EFFEBI SPA (gruppo Balducci), insieme ai partner MECCANO ENGINEERING SRL e IDS INGEGNERIA DEI SISTEMI SPA e con il cofinanziamento della Regione Toscana.

Per quanto riguarda la piattaforma del natante, le operazioni di realizzazione dello scafo sono attualmente in corso nello stabilimento EFFEBI di Carrara sulla base del progetto sviluppato ed elaborato da MECCANO; contemporaneamente IDS ha presentato l’avanzamento per la parte di navigazione autonoma, mostrando l’embrione di quella che sarà la stazione di controllo remoto dedicata agli operatori del drone.

“In questi mesi, siamo passati dai progetti alla realtà e stiamo procedendo a ritmi serrati per la produzione e l’uscita del prototipo. Registriamo un grande entusiasmo sia da parte di chi opera nel progetto sia di un notevole interesse del mercato che, alle prime notizie di questa iniziativa, dimostra curiosità e interesse, ”,spiega Katia Balducci, Amministratore Delegato di Effebi, capofila del raggruppamento di imprese. - "Per questo siamo certi che la fabbrica di Carrara potrà nell’arco di qualche anno sviluppare una produzione importante”.

In effetti, le novità non saranno poche, a partire dalla modularità del progetto per finire con le avanzate tecnologie di navigazione e gestione autonoma della missione (inclusa la possibilità di controllo via satellite); in mancanza di norme che regolano la nautica dei mezzi “unmanned”, SAND si pone l’ambizioso obiettivo di poter essere preso a riferimento per lo sviluppo di regole, regolamenti e disposizioni da parte del legislatore.

News varie dal mare, Press Mare, Progetto Sand

Continua a leggere

  • Visite: 1688

Ti piace l'articolo? Condividilo

Facebook Twitter

Non arrenderti mai amico mio, impare a cercare sempre il sole, anche quando sembra che venga la  tempesta ... e lotta!

Mi trovate anche nei Social

Disclaimer

Si dichiara, ai sensi della legge del 7 Marzo 2001 n. 62 che questo sito non rientra nella categoria di "Informazione periodica" in quanto viene aggiornato ad intervalli non regolari. Le immagini dei collaboratori detentori del Copyright © sono riproducibili solo dietro specifica autorizzazione. Il contenuto del sito, comprensivo di testi e immagini, eccetto dove espressamente specificato, è protetto da Copyright © e non può essere riprodotto e diffuso tramite nessun mezzo elettronico o cartaceo senza esplicita autorizzazione scritta da parte dello staff di ”Il Mare nel cuore”
Copyright © All Right Reserve

Su questo sito usiamo i cookies. Navigandolo accetti.