Amerigo Vespucci-Storia

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La storia

 Nella seconda metà degli anni Venti la Marina Militare Italiana affrontò il problema di rinnovare le Unità destinate all'addestramento degli Allievi dell'Accademia Navale. Lo Stato Maggiore ritenne che, nonostante lo sviluppo della nuova flotta fosse orientato verso una tecnologia sempre più avanzata, il "miglior" impatto con l'ambiente marino e la sua conoscenza fosse quello che si poteva apprezzare stando a bordo di una nave a vela, che del mare e del vento subisce maggiormente i condizionamenti e che degli elementi naturali richiede quindi la più vasta conoscenza. Del resto, già dal 1893 l'attività in mare per gli Allievi dell'Accademia Navale veniva effettuata a bordo di una nave a vela, che portava anch'essa il nome di Amerigo Vespucci, un ex-incrociatore entrato in servizio nel febbraio del 1885 come Nave di 1ª linea, poi adattato a Nave Scuola.

Nel 1925 quindi, approssimandosi la fine della vita operativa del primo Amerigo Vespucci, per iniziativa dell'Ammiraglio Giuseppe Sirianni, Ministro della Marina, fu decisa la costruzione di due Navi Scuola, affidandone il progetto al Tenente Colonnello del Genio Navale Francesco Rotundi, il quale, nel disegnarne le forme, si ispirò a quelle di un vascello della fine del Settecento/inizi Ottocento. La prima delle due Unità, il Cristoforo Colombo, entrò in servizio nel 1928 e fu impiegata come Nave Scuola fino al 1943; dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale fu ceduta all'Unione Sovietica in conto risarcimento danni di guerra. L'Amerigo Vespucci impostata il 12 maggio 1930 nel Regio Cantiere Navale di Castellamare di Stabia, fu varata il 22 febbraio 1931 ed entrò in servizio a luglio dello stesso anno. Il 4 luglio 1931, al comando del Capitano di Vascello Augusto Radicati di Marmorito, nobile piemontese (che, con il grado di Capitano di Fregata, era stato l'ultimo Comandante del precedente Amerigo Vespucci), partì per la sua prima Campagna Addestrativa in Nord Europa.

Amerigo Vespucci: Il personaggio
La nave porta il nome del celebre navigatore, in onore del quale il "Nuovo Mondo" fu chiamato America. Amerigo Vespucci nacque a Firenze il 9 marzo 1454, da famiglia nobile e ricca (il padre, Nastagio, era notaio), e da giovane ricevette un'educazione di tipo umanistico sotto la guida dello zio Giorgio Antonio, frate domenicano. Dopo un'esperienza commerciale in proprio, Vespucci entrò al servizio dei Medici, per conto dei quali alla fine del 1491 si recò in Spagna, prima a Cadice e poi a Siviglia, dove la famiglia fiorentina possedeva un'agenzia la cui attività principale era quella di equipaggiare le navi.

Molto probabilmente Vespucci fu presente al ritorno di Cristoforo Colombo dalla prima spedizione. In seguito Vespucci partecipò all'allestimento della seconda spedizione di Colombo, occasione che fece nascere l'amicizia fra i due. Sui viaggi effettuati da Vespucci sono sorte nel tempo numerose controversie storiche; in relazione a diverse tipologie di documenti esistono due differenti tesi sul numero di viaggi a lui attribuibili: due o quattro; i più recenti studi sono tesi a stabilire in quattro il numero reale.

I primi due viaggi furono effettuati per conto della Spagna. Nel corso del primo (1497-1498) Vespucci visitò il Golfo del Messico e risalì la costa atlantica degli Stati Uniti. Nel secondo viaggio (1499-1500) lasciò il Centro America e, dopo aver raggiunto quella che oggi è la Guiana, navigando verso sud scoprì la foce del Rio delle Amazzoni, scendendo quindi fino al Capo Sant'Agostino (6° di latitudine Sud). Sulla via del ritorno raggiunse Trinidad, avvistò la foce dell'Orinoco e quindi diresse per Haiti, rientrando poi in Spagna. Nel corso del terzo viaggio, effettuato per conto del Re del Portogallo al cui servizio era nel frattempo passato, partito il 13 maggio 1501, dopo una sosta alle Isole di Capo Verde, navigò verso Sud-Ovest, raggiunse la costa del Brasile e puntò a Sud scoprendo nel gennaio 1502 la baia di Rio de Janeiro. Superato il Rio della Plata, si spinse sino in Patagonia, nel tentativo di scoprire quel passaggio a Sud, che Bartolomeo Diaz aveva poco prima scoperto in Africa (Capo di Buona Speranza); fu in questa occasione che probabilmente avvistò e costeggiò le isole della Georgia del Sud, ufficialmente "scoperte" da Cook nel 1775. Il quarto viaggio avrebbe dovuto ripetere l'itinerario del terzo, ma le condizioni meteorologiche avverse lo costrinsero a rientrare quando ancora era sulle coste del Brasile. Gli ultimi anni della sua vita Vespucci li trascorse nuovamente al servizio del Re di Spagna, con l'incarico e il titolo di Piloto Major. Morì a Siviglia il 22 febbraio 1512, dopo aver vissuto modestamente, senza trarre particolari ricchezze o privilegi dalle sue scoperte.

I viaggi di Amerigo Vespucci furono di fondamentale importanza nella storia delle scoperte, perché convinsero gli studiosi del momento che le terre recentemente scoperte non facevano parte dell'Asia, come riteneva Colombo, ma erano realmente un "Nuovo Mondo". Inoltre, a differenza delle scoperte di Colombo, tenute gelosamente celate dalla Spagna, i viaggi di Vespucci furono da egli stesso resi noti al mondo scientifico e culturale dell'epoca. Il nome di Vespucci entrò quindi prima di quello di Colombo nell'immaginario collettivo dell'epoca, quale scopritore del "Nuovo Mondo"; per questo motivo, il geografo tedesco Waldseemüller propose, nella sua opera Cosmographiae introductio, pubblicata nel 1507, il nome di "America" per le nuove terre scoperte.

Il precedente Amerigo Vespucci
Come accennato all'inizio della scheda, l'attuale Amerigo Vespucci ha avuto un predecessore, anch'esso impiegato come Nave Scuola. Il "primo" Amerigo Vespucci era un incrociatore a motore e a vela, dalla fisionomia assai simile a quella dell'attuale Nave, anche se più piccolo. Impostato il 9 dicembre 1879 nel Regio Arsenale di Venezia, fu varato il 31 luglio 1882; aveva lo scafo in acciaio con un dislocamento di 2700 tonnellate (a fronte delle 4000 ca. dell'attuale Vespucci) e un apparato motore da 3300 cavalli costruito dalla ditta Ansaldo di Sampierdarena; era dotato di tre alberi con bompresso, vele quadre e vele di taglio (brigantino a palo). Durante la prima parte della sua vita operativa la Nave fu impiegata spesso all'estero: prima come nave ammiraglia della divisione operante nel Mar Rosso durante l'occupazione di Massaua (1885), quindi, sempre come nave ammiraglia di una divisione navale, in missione in America Meridionale per la tutela dei nostri interessi commerciali (1886-1888). Tornò successivamente in America Meridionale per attività di presenza (1889-1891), con a bordo il Duca degli Abruzzi, Luigi di Savoia, imbarcato con il grado di Guardiamarina.

Dopo il rientro in Italia, nel 1893 l'Amerigo Vespucci fu adattato a Nave Scuola per gli Allievi della Regia Accademia Navale e in questa veste effettuò 26 Campagne di Istruzione, spesso attraversando l'Atlantico, anche durante il periodo invernale. Alla fine del 1927, al termine di una campagna in Mediterraneo Occidentale al comando del Capitano di Fregata Augusto Radicati di Marmorito (che sarebbe stato poi il primo Comandante dell'attuale Amerigo Vespucci), fu posto in disarmo e destinato a Venezia quale nave asilo per l'educazione degli orfani dei marinai.

Il Cristoforo Colombo
Per concludere la scheda, è doveroso accennare qui brevemente allo sfortunato destino della nave gemella del Vespucci, il Cristoforo Colombo. Il Colombo fu impostato nel Regio Cantiere Navale di Castellamare di Stabia il 15 aprile 1926, fu varato il 4 aprile 1928 ed entrò in servizio il 1° luglio dello stesso anno. Con l'entrata in servizio del Vespucci nel 1931 fu costituita la Divisione Navi Scuola e le due navi effettuarono insieme nove Campagne di Istruzione in Mediterraneo, Nord Europa e Atlantico, fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Come accennato, le due navi presentavano alcune differenze, fra cui le più evidenti erano una diversa inclinazione del bompresso, il diverso attacco delle sartie (a filo della murata per il Vespucci, esterno per il Colombo) e l'assenza, sul Colombo, delle imbarcazioni maggiori sistemate a centro nave e del relativo albero di carico.

Nel 1949, a seguito delle clausole del trattato di pace firmato a Parigi, il Cristoforo Colombo fu ceduto all'Unione Sovietica che, con il nome di Dunay (Danubio) lo impiegò come Nave Scuola militare dalla base di Odessa in Mar Nero fino al 1959. Ceduto successivamente, pare, all'Istituto Nautico di Odessa, nel 1961 avrebbe dovuto essere sottoposto a estesi lavori di manutenzione, ma a seguito di un devastante incendio le autorità sovietiche decisero di radiarlo definitivamente nel 1963.

FONTE: Sito Marina Militare

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Amerigo Vespucci

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La nave

Vespucci quadra

Nave Scuola Amerigo Vespucci, l'Unità più anziana in servizio nella Marina Militare interamente costruita e allestita presso il Regio Cantiere Navale di Castellamare di Stabia. Impostato lo scafo il 12 maggio 1930, è stata varata il 22 febbraio 1931; madrina del varo è stata la signora Elena Cerio. Consegnata alla Regia Marina il 26 maggio 1931, entrò in servizio come Nave Scuola il successivo 6 giugno, aggiungendosi alla gemella Cristoforo Colombo (in realtà leggermente più piccola), di tre anni più anziana, e costituendo con essa la "Divisione Navi Scuola" al comando dell'Ammiraglio Cavagnari. Al rientro dalla prima Campagna di Istruzione, il 15 ottobre 1931 ricevette a Genova la Bandiera di Combattimento, offerta dal locale Gruppo UNUCI (Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d'Italia).

Il motto della Nave è "Non chi comincia ma quel che persevera", assegnato nel 1978; originariamente il motto era "Per la Patria e per il Re", già appartenuto al precedente Amerigo Vespucci, sostituito una prima volta, dopo il secondo conflitto mondiale, con "Saldi nella furia dei venti e degli eventi", infine con quello attuale.

Dal punto di vista tecnico-costruttivo l'Amerigo Vespucci è una Nave a Vela con motore; dal punto di vista dell'attrezzatura velica è "armata a Nave", quindi con tre alberi verticali, trinchetto, maestra e mezzana, tutti dotati di pennoni e vele quadre, più il bompresso sporgente a prora, a tutti gli effetti un quarto albero. L'Unità è inoltre fornita di vele di taglio: i fiocchi, a prora, fra il bompresso e il trinchetto, gli stralli, fra trinchetto e maestra e fra maestra e mezzana, e la randa, dotata di boma e picco, sulla mezzana.

Il porto di assegnazione è La Spezia.

La Dipendenza Organico/Operativa dell’Unità è CINCNAV (Comando in Capo della Squadra Navale) dal 14 ottobre 2013.

Attività della Nave:
Dalla sua entrata in servizio la Nave ha svolto ogni anno attività addestrativa (ad eccezione del 1940, a causa degli eventi bellici, e degli anni 1964, 1973 e 1997, per lavori straordinari), principalmente a favore degli allievi dell'Accademia Navale, ma anche degli allievi del Collegio Navale, ora Scuola Navale Militare "Francesco Morosini", degli allievi nocchieri, nonché di giovani facenti parte di associazioni veliche, quali la Lega Navale Italiana, la Sail Training Association - Italia ed anche l’ANMI.

Oltre a numerose brevi campagne in Mediterraneo, effettuate per lo più nel periodo primaverile e autunnale, da quella del 1931 a quella del 2013 l'Amerigo Vespucci ha effettuato ben 79 Campagne di Istruzione a favore degli Allievi della 1ª Classe dell'Accademia Navale, di cui 42 in Nord Europa, 23 in Mediterraneo, 4 in Atlantico Orientale, 7 in Nord America, 1 in Sud America e 2 nell'ambito dell’unica circumnavigazione del globo, compiuta tra il maggio 2002 ed il settembre 2003, periodo nel quale la Nave è stata coinvolta nelle attività connesse con l’edizione della America’s Cup del 2003 in Nuova Zelanda.

Le Campagne di Istruzione, svolte nel periodo estivo, hanno una durata media di tre mesi e toccano per lo più porti esteri; durante tali Campagne, quindi, l'attività della Nave, eminentemente formativa-addestrativa, si arricchisce dell'aspetto di presenza e rappresentanza (quale la Naval Diplomacy), contribuendo ad affermare l'immagine nazionale e della Marina Militare all'estero.

Per quanto attiene l'aspetto formativo-addestrativo, agli Allievi imbarcati vengono impartite le norme basilari del vivere per mare, come pure le competenze più specifiche nei vari settori: marinaresco, condotta dell'Unità (compreso l'utilizzo del sestante per effettuare il punto nave), condotta dell'apparato motore ed ausiliari, gestione delle problematiche di tipo logistico, amministrativo e sanitario. A tale scopo, oltre all'attività pratica, vengono organizzate conferenze e lezioni tenute dai membri dell'equipaggio più esperti; il livello di apprendimento viene poi accertato alla fine della Campagna a mezzo di verifiche scritte ed orali.

Lo scafo:
Lo scafo è del tipo a tre ponti principali, continui da prora a poppa (di coperta, di batteria e di corridoio), più vari ponti parziali (copertini); possiede due sovrastrutture principali, il castello a prora e il cassero a poppa, che si elevano sul ponte di coperta ma che idealmente ne sono la continuazione. Il caratteristico colore bianco e nero sottolinea il richiamo al passato: le fasce bianche in corrispondenza dei ponti di batteria e corridoio ricordano infatti le due linee di cannoni del vascello ottocentesco alla cui tipologia il progettista si era ispirato.

A prora della nave si trova la polena, che rappresenta Amerigo Vespucci, realizzata in bronzo dorato. Caratteristica della nave sono i fregi di prora e l'arabesco di poppa, in legno ricoperti di foglia d'oro zecchino.

Il fasciame è composto da lamiere di acciaio di vario spessore (da 12 a 16 mm.), collegate mediante chiodatura alle costole, che costituiscono assieme alla chiglia e ai bagli l'ossatura della nave. Tale sistema garantisce la necessaria flessibilità al trave nave; l'impermeabilità del tutto è assicurata dallo stretto contatto fra metallo e metallo, fortemente compressi dalla fitta chiodatura, che deve essere quindi realizzata a regola d'arte.

Tutti gli alberi, compreso il bompresso, sono costituiti da tre tronchi, di cui i primi due in acciaio (anch'essi realizzati mediante lamiere chiodate), il terzo, denominato alberetto per gli alberi verticali, asta di controfiocco per il bompresso, è in legno (douglas). I pennoni seguono la medesima filosofia costruttiva: i tre inferiori sono in acciaio, i due superiori in legno. Per quanto attiene la randa, il boma è in acciaio mentre il picco è in legno. Molte altre parti della nave sono in legno, diversificato a seconda delle caratteristiche richieste: teak per il ponte di coperta, la battagliola e la timoneria, mogano, teak e legno santo per le attrezzature marinaresche (pazienze, caviglie e bozzelli), frassino per i carabottini, rovere per gli arredi del Quadrato Ufficiali e per gli alloggi Ufficiali, mogano e noce per la Sala Consiglio. La lunghezza della Nave al galleggiamento è di 82 metri, ma tra la poppa estrema e l'estremità del bompresso si raggiungono i 101 metri. La larghezza massima dello scafo è di 15,5 metri, che arrivano a 21 metri considerando l'ingombro delle imbarcazioni, che sporgono dalla murata, e a 28 metri considerando le estremità del pennone più lungo, il trevo di maestra. L'immersione massima è pari a 7,3 metri.

L'unità è dotata di ben 11 imbarcazioni: due motoscafi, di cui uno riservato al Comandante, due motobarche, due motolance, quattro palischermi a vela e a remi, utilizzati per l'addestramento degli Allievi, e la baleniera, anch'essa a remi e a vela, tradizionalmente riservata al Comandante con un armo di soli Ufficiali. Il dislocamento a pieno carico è pari a 4100 tonnellate.

Apparato motore ed ausiliari:
Sezione in corso di aggiornamento in occasione degli attuali lavori di ammodernamento dell’unita’

Alberatura e vele:
Gli alberi, precedentemente descritti, sono mantenuti in posizione grazie a cavi di acciaio (manovre fisse o dormienti) che li sostengono verso prora (stralli) verso i lati (sartie) e verso poppa (paterazzi). Sugli stralli sono inferiti inoltre i fiocchi e le vele di strallo. L'altezza degli alberi sul livello del mare è di 50 metri per il trinchetto, 54 metri per la maestra e 43 metri per la mezzana; il bompresso sporge per 18 metri.

I tre alberi verticali portano ciascuno cinque pennoni, dal caratteristico nome, comune anche alla vela relativa: sul trinchetto si trovano, dal basso, trevo di trinchetto, parrocchetto fisso, parrocchetto volante, velaccino e controvelaccino; sulla maestra trevo di maestra, gabbia fissa, gabbia volante, velaccio e controvelaccio; sulla mezzana trevo di mezzana, contromezzana fissa, contromezzana volante, belvedere e controbelvedere. Il trevo di mezzana è normalmente tenuto sguarnito dalla vela (che toglierebbe il vento al trevo di maestra) e prende quindi il nome di "verga secca". In ciascun albero i due pennoni inferiori sono fissi (possono solo ruotare sul piano orizzontale), mentre i tre superiori possono scorrere sull'albero e vengono alzati al momento di spiegare le vele.

Per quanto attiene le vele di taglio, l'armamento prevede cinque vele a prora (augelletto, controfiocco, fiocco, gran fiocco e trinchettina), quattro vele di strallo (di gabbia, di velaccio, di mezzana, di belvedere) e la randa. A questo "set" di vele, sempre "pronto all'uso" possono essere aggiunti, se del caso, gli scopamare, due vele quadre inferite ai lati del trevo di trinchetto, utilizzando idonee prolunghe del pennone. Con la Nave completamente invelata si possono raggiungere velocità ragguardevoli, almeno in relazione al peso della stessa: il "record" è di 14,6 nodi.

La superficie velica totale (24 vele) è pari a circa 2635 metri quadri. Le vele sono di tela olona (tessuto di canapa) di spessore compreso tra i 2 e i 4 millimetri e sono realizzate unendo mediante cucitura più strisce (ferzi).

La manovra delle vele si attua per mezzo di cavi (manovre correnti o volanti) di diverso diametro, per un totale di circa 36 Km.. Anch'essi hanno nomi caratteristici, quali drizze (per alzare i pennoni mobili e le vele di taglio), bracci (per orientare i pennoni), scotte e mure (per fissare gli angoli bassi delle vele quadre, rispettivamente sottovento e sopravvento), imbrogli (per raccogliere le vele sui pennoni), ecc.. Le manovre correnti sono per la maggior parte in manilla (fibra vegetale); fanno eccezione le scotte dei trevi, che per sostenere l'elevato sforzo sono realizzate in nylon. Oltre a ciò l'attrezzatura velica comprende circa 400 bozzelli in legno e 120 in ferro.

Equipaggio:
Vero "motore" dell'Amerigo Vespucci è il suo equipaggio, composto da 264 militari, di cui 15 Ufficiali, 30 Sottufficiali, 34 Sergenti e 185 Sottocapi e Comuni, suddiviso nei Servizi Operazioni, Marinaresco, Dettaglio/Armi, Genio Navale/Elettrico, Amministrativo/Logistico e Sanitario. Durante la Campagna di Istruzione l'equipaggio viene a tutti gli effetti integrato dagli Allievi (circa 100 l’anno) e dal personale di supporto dell'Accademia Navale, raggiungendo quindi circa 400 unità.

Ogni Servizio ha il suo compito peculiare a bordo: il Servizio Operazioni si occupa della navigazione, utilizzando la strumentazione di cui la nave è fornita (radar, ecoscandaglio, GPS), della meteorologia e delle telecomunicazioni; il Servizio Marinaresco è preposto all'impiego delle vele, alla gestione delle imbarcazioni e all'esecuzione delle manovre di ormeggio e disormeggio; il Servizio Dettaglio comprende il personale che coordina i servizi giornalieri dell’Unità e gestisce le pratiche personali dell’equipaggio; il Servizio Armi ha in consegna le armi portatili e provvede all'addestramento dell'equipaggio al loro impiego; il Servizio Genio Navale/Elettrico assicura la conduzione dell'apparato motore e degli apparati ausiliari, la produzione di energia elettrica ed il mantenimento dell'integrità dello scafo; il Servizio Amministrativo/Logistico si occupa della acquisizione, contabilizzazione e distribuzione dei materiali, della stesura degli atti amministrativi e della gestione delle cucine; il Servizio Sanitario, infine, si occupa delle attività di prevenzione e cura del personale. Vale la pena sottolineare che la messa in vela completa dell'Unità, agendo contemporaneamente sui tre alberi ("Posto di Manovra Generale alla Vela"), è possibile solo con gli Allievi imbarcati, che tradizionalmente vengono destinati sulla maestra e sulla mezzana, mentre il personale del Servizio Marinaresco, i nocchieri, si occupa del trinchetto oltre che del coordinamento e controllo delle attività sugli altri due alberi. In assenza degli Allievi, la manovra si realizza impiegando tutto il personale nocchiere sugli alberi ("a riva") e destinando alle manovre dei cavi il personale degli altri Servizi libero da altre incombenze.

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FONTE: Sito Marina Militare

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25 Aprile 2016-Comunicato Stampa-Vittorio N. Guillot

25 Aprile 2016 Festività di San Marco e illegittima detenzione dei due 'marò'...

gironelatorre

COMUNICATO STAMPA
L’Ente Giuliano in Sardegna e la Associazione Pensionati Interforze di Alghero si uniscono con grande affetto ai festeggiamenti di San Marco, patrono della comunità di Fertilia e del Reggimento ‘San Marco’, della Marina Militare Italiana.
Con l’occasione rivolgono un pensiero ai caduti ed a tutti i militari che hanno prestato e prestano servizio nel Reggimento , distintosi, in particolare, nella difesa di Venezia e nella battaglia del Piave durante la guerra ’15- ’18 e nelle battaglie combattute in Africa Settentrionale nel corso della seconda guerra mondiale.
Ricordano anche la vicenda che vede coinvolti i due militari in forza al Reggimento San Marco: Massimiliano La Torre e Salvatore Girone, trattenuti in india fin dal19 febbraio 2012, perché sospettati di aver ucciso due pescatori indiani. Considerano altresì che la vicenda presenta molti aspetti oscuri , quali l’illegittimità dell’arresto dei suddetti militari da parte delle autorità indiane per un episodio che si sarebbe verificato a bordo di una nave mercantile italiana in navigazione al di fuori delle acque territoriali della stessa india. Sembrano oscure anche le ragioni del mancato riconoscimento della ‘immunità funzionale’, ossia la consegna allo Stato di appartenenza, per essere sottoposti a giudizio, dei militari sospettati di aver commesso reati all’estero. Appare degno di chiarimento anche il motivo per cui le autorità italiane , malgrado che l’art. 27 della Costituzione vieti la pena di morte e la relativa estradizione, per ben tre volte abbiano consegnato all’india i due marò, benché in quello stato il reato di cui sono sospettati sia punibile con la pena capitale. Non meno rilevante è la necessità di appurare se da parte indiana, nell’effettuare le inchieste giudiziarie, siano stati violati i diritti umani internazionalmente riconosciuti. In particolare è indispensabile accertare se l’india abbia violato i diritti della difesa non consentendo ai periti di parte italiani di partecipare attivamente né all’interrogatorio del comandante e dei membri superstiti del peschereccio, contestandone omissioni, falsità e contraddizioni, né alle perizie necroscopiche e balistiche sui corpi dei pescatori uccisi e sulla imbarcazione colpita . E’ evidente che tale violazione sarebbe stata aggravata dalla cremazione dei cadaveri e dall’affondamento del peschereccio che sarebbe stato colpito . E’ fuor di dubbio, infatti, che la distruzione dei suddetti ‘corpi di reato’ avrebbe leso gravemente i diritti della difesa non essendo più possibile effettuare su di essi ulteriori e più precise perizie.Occorre precisare che anche i trenta rinvii a cui è stato sottoposto l' avvio del processo indiano, peraltro illegittimo, e l'incapacità di formulare persino i capi d'accusa a carico dei due militari italiani fa logicamente pensare che le prove a loro carico siano false o inconsistenti.
Tutto ciò premesso l’Ente Giuliano di Sardegna e l’Associazione Pensionati Interforze di Alghero chiedono ai parlamentari Sardi di rendersi parte attiva presso il Governo della Repubblica perché agisca con la stessa energia , determinazione e coinvolgimento internazionale con cui sta operando per chiarire le modalità dell’omicidio del giovane Giulio Regeni, cittadino italiano come i due marò.

Vittorio Guillot Vittorio N. Guillot

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L’attacco subdolo alla Legge Navale e alla Marina

MARINA MILITARE

Di Giuseppe Lertora  –  Qualche giorno fa è uscito un articolo, nel bel mezzo degli anonimi sul Capo della Marina, che in qualche modo e con un volo pindarico, poneva interrogativi (insulsi e inadeguati, ma tempestivi..) sulla Legge Navale per il rinnovo del relativo strumento, promossa in ‘’avanti e in anticipo’’ secondo la tradizione della Marina, ravvisandone una rivisitazione (cioè riduzione..) nell’ambito Difesa alla luce dei lineamenti dettati dal nuovo Libro Bianco. Il latore di tale proposta, forte di una posizione attuale in un think-tank che analizza poco, ma spesso spara a zero tentando di far marchette ‘’cicero pro-domo sua’’, nonché sulla sua past-presenza a Palazzo Chigi, quale consigliere del Presidente del Consiglio pro-tempore (nominato capo della sua FA, in buona misura per il suo interessamento alla tragedia del Cermiss), ora si unisce al coro delle iene per colpire proditoriamente la Marina tentando di cavalcare surrettiziamente il Libro Bianco, e quindi affossare la Legge Navale sul merito. Oggi torna sull’argomento con alcune interviste dello stesso tono sostenendo l’inadeguatezza della Legge Navale per le nuove sfide della Difesa nel settore navale, senza assolutamente motivarne le ragioni, ma concludendo che ci vogliono più aerei ‘’ per la permanenza espansa’’? (che vorrà mai dire?) sugli obiettivi. Quindi, sostiene che, oltre a rinforzare adeguatamente i reparti delle Forze Speciali (cosa giusta), siccome ‘’il Libro Bianco già definisce le priorità per la difesa degli interessi nazionali circoscritte nell’area euro-mediterranea…quelle erano indicazioni preziose sulla fisionomia della componente marittima..’’ afferma implicitamente, ma non tanto, di rivedere la Legge Navale per riequilibrare le altre componenti, togliendole risorse. Si pensava che i corvi volassero solo intorno al bacino lucano, con anonime vigliacche scagliate personalmente contro il Capo della Marina, ma qui si va contro il futuro di una FA e questo è intollerabile soprattutto se, chi lo fa, è notoriamente schierato a favore di altra FA. Finora non ho voluto esprimermi sulla situazione che riguarda l’Ammiraglio De Giorgi, ed anche qui non lo farò visto che le indagini sulle intercettazioni e sugli anonimi sono in corso, tuttavia va detto che lo stesso si è battuto come un leone, con forza, coraggio ed il carattere di un Capo per evitare di far morire la Marina nel prossimo futuro; promuovere la propria FA ma soprattutto sostenerne la sopravvivenza è ancora più encomiabile. E, se per conseguire tali risultati, è stato necessario far conoscere la triste realtà e dichiarare ‘’la sicura morte della Marina nel decennio a venire’’ per convincere i politici, fare audizioni specifiche sull’argomento, illustrazioni al mondo economico e industriale, per finire con quello sindacale, stabilendo rapporti e relationship con quei mondi che normalmente poco spartiscono col mondo con le stellette, tanto meno quando ‘’qualcuno batte cassa..’’, ben venga! Ora, col senno di poi e con una sicura acrimonia, si vuole sostenere che la flotta andava rinnovata in accordo con le capacità esprimibili nel solo teatro euro-Mediterraneo – come sostiene parzialmente l’opinabile Libro Bianco- e non con altre ambizioni ‘’oceaniche’’ di intervenire al di fuori, seppure per tutelare i nostri interessi nazionali?. La tempistica talvolta è importante, perfino essenziale; il progetto della Legge Navale risale al febbraio del 2013, condiviso sia ambito Difesa che a livello politico dell’allora Governo tecnico di Monti, e dai successivi due governi -Letta e Renzi -che si sono succeduti; non si trattava di portare avanti una visione speciosa Marino-centrica, perché trattandosi di sopravvivenza, l’esigenza è stata sposata da tutti, Parlamento compreso. Così come il tempo, di chi si sveglia oggi per comodo o interesse di bottega, o ancor peggio colpendo alle spalle ‘’i propri cugini’’, fa dubitare sulla buona fede di questi ‘’pensatori’’ che non perdonano facilmente che la Marina –per tacere della propria Aviazione di Marina- ha un’efficienza ed un’efficacia nelle operazioni straordinarie se comparate con altre componenti, anche per quel binomio vincente rappresentato dalla Nave (meglio se porta anche gli aerei imbarcati..) più aeromobili che ne fa un moltiplicatore di forza unico e assolutamente valido come dimostrato in ‘’n’’ situazioni, anche emergenziali. MM AEREICiò anche per consentire ‘’quella permanenza espansa ‘’ sugli obiettivi che non è certo, e mai realizzabile, anche con un rilevante numero di velivoli proveniente da basi a terra, vista la loro difficoltà a coprire le aree euro-Med, per tacere di quelle ‘’allargate’’! I fatti ed i risultati contano, non le idee balzane a favore di questo o quello; tralasciando altre operazioni, dal Kossovo alla Libia, se esaminiamo le capacità espresse per esempio in Afghanistan nella lotta al terrorismo, e la fisionomia ‘’expeditionary’’ che le nostre FFAA debbono possedere, c’è da riflettere: nell’operazione Enduring Freedom i velivoli imbarcati della Marina hanno cominciato a volare sui cieli di Tora Bora per combattere i santuari dei talebani dopo due mesi, a Novembre, dal 9/11 con operazioni encomiabili e molteplici rifornimenti in volo; altri ci hanno messo 8 anni per schierare velivoli nell’aeroporto di Mazar el Sharif : altro che permanenza espansa, forse sarebbe meglio chiamarla tardiva, se non comunque, poco utile. Peraltro il Libro Bianco non esclude assolutamente l’impiego dello strumento militare anche in teatri cd. Fuori Area, magari nell’ambito d Alleanze come la NATO o l’UE, o ancora nella cooperazione di Volenterosi (Coalition of the Willing) per la tutela degli interessi del mondo occidentale, ed anche di quelli tipicamente nazionali. Né si può pensare – considerata la situazione più generale e le minacce prevedibili (dalla pirateria al terrorismo)- che si costruiscono ‘’bagnarole’’ per il solo Mediterraneo che non possono mettere il naso fuori da Gibilterra o dal Mar Rosso, per far piacere a qualcuno solo perché si spende meno o diversamente. Le UUNN della Legge Navale tengono conto anche di tali esigenze; con i pattugliatori polivalenti, o con L’LHD si può operare con efficacia dovunque, non solo nel Mare Nostrum, mentre ‘’circoscrivere’’ le costruzioni a semplici pattugliatori –magari costieri- sarebbe stato professionalmente e operativamente scellerato e spreco di risorse. Tutto si può dire, tranne che la Legge Navale sia stato uno sfizio, ed uno spreco di risorse,anzi; la L.N. è vitale per la Marina e per il nostro Paese: c’è un valore aggiunto nell’investimento pari a 6 volte il capitale investito, una crescita industriale della cantieristica e sistemistica, una tutela dell’occupazione in quei settori, con buone chances anche di promozione e marketing nel settore specifico a livello internazionale. Forse non è sufficientemente noto che la Marina nel prossimo decennio dovrà mettere in disarmo per vetustà circa 50 navi di varia taglia, mentre con la L.N. ci sarà un recupero assai parziale – a numero, molto meno del 50% – con 10-12 nuovi bastimenti normalmente di dislocamento superiore ma con capacità davvero multiruolo su piano militare, e ‘’dual use’’ per l’utilizzo da diversi dicasteri: primo fra tutti la Protezione Civile in caso di calamità, proprio sfruttando quella innata flessibilità, capacità expeditionary, autonomia e indipendenza e ‘’capacità di persistenza espansa connaturata con le stesse UUNN della L.N. e più in generale da quel binomio stretto con i mezzi ad ala fissa e rotante dell’Aviazione imbarcata. Mi sembra di ricordare la famosa favola ‘’del lupo e dell’agnello’’ per cui, a prescindere da altre considerazioni di merito, premesso che sui tempi non si può barare,(neppure le belle signore ci riescono…), val la pena sottolineare che è nato ben prima il progetto della L.N. anche della sola intenzione di scrivere il Libro Bianco. Che come noto, è stato avviato per decidere inizialmente sulla vexata questio del numero di F-35 da acquisire, da parte dell’attuale Ministro della Difesa, per poi ampliarlo ad una vision sulle future minacce e sulla conseguente pianificazione e dimensionamento, tra l’altro, dell’intero comparto Difesa. Ma a proposito di quella ‘’persistenza espansa’’, emersa proprio con la proposta di acquisire 130 F-35, per contrastare da soli una presunta invasione delle flotte aeree della già scomparsa URSS, ci si domanda quale fosse il razionale operativo, strategico ed il ritorno industriale- occupazionale di quell’impresa: zero in concettualità operativa, zero in ritorni industriali e occupazionali, pagando solo un livello massimo e spropositato di ambizione

MMAEREI2La Legge Navale risponde invece a razionali acquisiti da (quasi) tutti in quanto l’Italia è un Paese immerso nella marittimità, da cui dipendono tutti i rifornimenti via mare, dalle materie prime ai trasporti energetici; è pertanto essenziale tutelare la libera circolazione nelle rotte marine, e di conseguenza disporre di uno strumento navale con capacità adeguate a tutela degli interessi di difesa nazionale nel quadro di di una politica europea e delle tradizionali Alleanze: è pertanto lapalissiano che ci voglia- a fronte delle minacce attuali e future- uno strumento navale adeguato, flessibile e autonomo, proiettabile e integrabile, efficiente ed efficace, per la nostra sicurezza e lo sviluppo del nostro Paese. Limitarlo alle sole esigenze, pur vitali della Marina, è concettualmente errato e pericoloso; la Legge Navale è sacrosanta e le proposte di rivisitazioni sono capziose e perfino insensate: pertanto si valutano del tutto inadeguate sotto ogni profilo; le riduzioni inaccettabili in termini di efficacia e flessibilità dello strumento pensato e pertanto inammissibili. A meno che qualcuno non pensi che si debba diventare un paese senza Difesa, come il Costarica…paese delle banane, ma senza i nostri problemi di sicurezza, senza pirati e senza ISIS alle porte: allora potremo rivedere e forse anche cassare la Legge Navale, senza Difesa, senza Navi, ma prima ancora senza aerei! Con l’auspicio che quei centri think-tank riescano a far girare meglio i neuroni nei nodi sinaptici della ragionevolezza e della competenza, shuntando invece quelli dell’acrimonia e dell’assurdo!

FONTE: Logo Liberoreporte

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Speciale De Giorgi. Gli strali anonimi, i cavalli bianchi e i corvi

de giorgi 3La scorsa settimana il campo mediatico è stato invaso e pervaso da colpi di scena che, stranamente ma non troppo, hanno posto nel crocicchio di tutti i mali italici, le vicende connesse con le trivelle di Potenza, con una particolare predilezione per le intercettazioni che in qualche modo riguarderebbero anche il Capo della Marina, Ammiraglio De Giorgi. Sembra quasi che il referendum di domenica 17, sul futuro energetico e sulla possibilità di estrarre petrolio e gas dal nostro sottosuolo, magari sul mare, trattandosi di Ammiraglio- Signore del Mare-, si dovesse giocare anche su spezzoni di intercettazioni, ma soprattutto su anonime più o meno pilotate che, bontà loro, i nostri media centellinano giorno dopo giorno con dettagli e considerazioni, per fare maggior presa  sugli sprovveduti e su quelli comunque a caccia di scoop (il massimo è stato raggiunto da quel talk show di Tagadà, su La7, che ha centrato tutto su una ‘’approfondita discussione’’ dal titolo ‘’il cavallo bianco dell’Ammiraglio’’…).
Una povertà informativa, strumentale, per demolire una persona di valore, da crocifiggere comunque,  possibilmente mettendolo alla berlina degli spettatori, pur senza disporre di nessun vero elemento probatorio, se non il gossip e la corrente pecoreccia che, per il momento, va per la maggiore. Quel ‘’trash’’ o rumenta fa notizia e magari più presa dei fatti veri, delle minacce dell’ISIS o dell’esodo dei migranti; è un modo di fare informazione, si fa per dire, che dovrebbe essere censurato, cacciando i conduttori che con un approccio esclusivamente teleologico ed utilitarista per fare audience, se ne fregano dei danni che arrecano alle persone citate: ben ha fatto De Giorgi, evidentemente provato moralmente da questo evento, a querelare coloro che trattano della sua persona in questo modo, a dir poco, barbaro. Costoro fanno da grancassa ad eventi di cui conoscono poco o nulla, ne estrapolano alcuni aspetti magari appetibili o pruriginosi, senza curarsi di approfondire le vicende, con inaudite forme di pre-sentenze mediatiche che sconfinano in devastanti  linciaggi personali e familiari; conta poco, quindi, l’accertamento delle fonti, la loro veridicità ed i loro effetti. Ciò che conta è la notizia in se; poi se addirittura  la ‘’mittenza’’ è anonima e quindi vigliacca, fa nulla, l’importante che faccia presa, che se ne parli: chi se ne frega se quella notizia distrugge e mette alla gogna ingiustificata e immotivata un destinatario per bene, una persona di valore  che si è speso per la Marina? Il potere dei media in questo Paese è talmente esteso e asservito all’utilitarismo e agli interessi di diverso genere che ha smesso da tempo di fare quel compito più impegnativo e rischioso da cane da guardia contro le vere nefandezze, ed i reali problemi sociali che invece dovrebbero essere portati a conoscenza della pubblica opinione. Sembra che i  problemi maggiori della nostra società siano miracolosamente scomparsi; l’attenzione dell’opinione pubblica si è spostata dalle minacce e dalle guerre, ma anche dall’incombente terrorismo islamico, sul cavallo e poi anche sul restante zoo dell’Ammiraglio De Giorgi, per finire con le caprette. Uno zoo su cui aleggiano più attuali corvi delatori che, ripescando precedenti anonimi già esaminati e valutati come inconsistenti, oggi approfittando del marasma creato intorno alla figura dell’Ammiraglio, rinnovano le accuse sperando che, quantomeno, servano a metterlo in ulteriore difficoltà.
La sequela di notizie infamanti contenute nel dossier più recente è stata gestita con un crescendo intercalare di aspetti particolari, scaglionandoli con accortezza pelosa per mantenere viva l’attenzione mediatica sulle disgrazie dell’Ammiraglio: non solo i corvi, ma anche il comportamento della stampa che li ha assecondati, senza indagare sui ‘’registi’’, non è esente da colpe. Da quanto emerso nei vari quotidiani, nelle testate televisive, pur non conoscendo nella loro interezza gli argomenti contestatigli, alcuni, fra quelli più rilevanti, sono stati oggetto, al termine di una settimana infuocata, di specifiche puntualizzazioni e chiarimenti da parte dello stesso Ammiraglio, nelle more di ‘’voler’’ essere sentito dai PM di Potenza (cosa avvenuta venerdì scorso) sull’intera incresciosa problematica. Una considerazione preliminare che sorge spontanea prima di commentare le singole  accuse; se prima, con l’innesco della vicenda ‘’trivelle’’ potevano sussistere reconditi dubbi sul coinvolgimento di De Giorgi, con la proditoria uscita delle anonime, che denotano pur sempre un atto vigliacco, esiste una implicita conferma della precisa volontà e predeterminazione nel voler affossare in ogni modo l’Ammiraglio, attivando puntualmente una spregevole macchina del fango con la costruzione di un castello di illazioni/delazioni per far fuori il Capo della Marina ed estrometterlo dalla sua posizione.
Così precludendogli  ogni possibilità di ottenere quella logica ‘’extension’’ per gestire con la necessaria continuità almeno i primi passi concreti della Legge Navale, ma soprattutto in vista, come ventilato da alcuni giornali, di un intervento in Libia che necessitava sicuramente di un Capo esperto, determinato e profondo conoscitore di quello scenario, e delle proprie forze marittime, piuttosto che affidarne la condotta ad un neofita. Oscuri e tenebrosi personaggi, con interessi assai  differenziati, pare si siano coalizzati per evitare che ciò accadesse, riuscendo a mettere a segno i loro veleni nell’opinione pubblica, e facendo presumibilmente tramontare quell’ipotesi di estensione del mandato, mai comunque richiesta da De Giorgi. Ma sugli interessi di quei corvi, di altri che pescano nel torbido, e di qualche semplice invidioso, dovremo fare altre considerazioni e ipotesi che rinviamo al termine di questa trattazione; incombe tuttavia un aspetto su cui riflettere: c’è da chiedersi se tutto ciò non derivi invece –anche- dalla precisa volontà acrimoniosa di qualcuno che ha voluto stendere una cortina fumogena sui reali problemi della Difesa, cercando di lanciare strali su quella Marina che ha avuto ‘’troppo’’ e che bisognerebbe? ora ‘’rivedere’’ nelle sue ambizioni, non escludendo la manina di qualche ‘’interno’’ che nelle valutazioni delle Commissioni di Avanzamento ha visto uno stop alle proprie ambizioni, oppure anche di qualcuno che per incapacità professionale, per ignavia, o anche per non condivisione del pensiero del Capo – se non per altre ragioni di comodo- ha fatto spontaneamente o spontaneamente una scelta diversa.

bandiera mmOra, invece, è il caso di affrontare nel merito  alcune questioni relative alle accuse formulate e amplificate dai media – dai cavalli bianchi del Veneto, all’uso dei Falcon 20 che la Marina non ha, alle modifiche alle FREMM, e via dicendo- a cui, peraltro, l’Ammiraglio ha già rispostocon una nota sintetica, ma ufficiale, diffusa pubblicamente.     La prima, che ha fatto più presa sulle comari dei talk show del pomeriggio ma non solo, riguarda il noleggio del ‘’cavallo bianco ’’ , piaciuto  in particolare a Tagadà, quando De Giorgi, allora Capitano di Vascello (nel 1997/98, cioè quasi 20 anni fa) era in Comando dell’incrociatore Vittorio Veneto. Nella nota ufficiale De Giorgi, accusato di aver portato a bordo per un festino pure un cavallo bianco, fra pizzette e tartine e altro (chissà come avrà mai fatto a far passare un cavallo sul barcarizzo, quasi come il cammello che passa attraverso la cruna di un ago…), ha già smentito che non esiste alcun noleggio di cavalli e che, quale Comandante del Veneto si limitò a partecipare ad un evento organizzato dalla polizia a cavallo di New York, in occasione della sosta della nave per la settimana dedicata proprio a Nave Vittorio Veneto. Viene da chiedersi come mai  quel corvo che rivolta la melma di 20 anni fa non dice le cose essenziali, quelle vere e importanti, perdendosi in facezie di una evidente falsità: vediamo di fare più chiarezza. Allora, parliamo del 1997; al  Comandante De Giorgi venne affidato il Comando di Nave Veneto mentre, vista la sua posizione in classifica e il suo eccellente profilo, era dato per scontato che andasse in comando sulla portaerei Garibaldi o su una nave nuova combattente tipo Mimbelli; ciò non per punizione, o per puro caso: lo stesso Capo di SM pro-tempore aveva chiesto ripetutamente che fosse proprio De Giorgi ad assumerne il Comando, ritenuto l’unico in grado di ‘’recuperare’’ quella nave ed il suo equipaggio distrutti e devastati anche moralmente dall’ignominioso incaglio occorso qualche mese prima  di fronte alle coste albanesi di Durazzo. Solo De Giorgi poteva misurarsi con un’impresa del genere; accettò quindi ‘’ob torto collo’’ il Comando, per il bene della Marina, riuscendo a riportare il Veneto ad avere un equipaggio coeso, motivato e determinato dopo quell’evento tragico e luttuoso. Non solo; il Veneto nonostante vecchio di oltre trent’anni tornò ad avere una straordinaria efficienza tant’è che la sua prevista radiazione fu allontanata e, guarda caso, proprio nel 97/98 furono addirittura imbarcati gli Allievi dell’Accademia Navale  per la campagna estiva d’istruzione in Sud America: una leadership indiscussa che, con un eccezionale lavoro di team, è riuscita a recuperare una nave distrutta, più moralmente che materialmente, e con risultati anche sotto il profilo educativo di quei cadetti, del loro entusiasmo per la Marina, che restano fatti storici. Altro che  le quisquilie sui cavalli bianchi  e altre amenità; quei soggetti dovrebbero anche ben sapere, o forse no? che in ogni porto, specialmente se  ci sono i cadetti, vengono organizzati party a terra con restituzione dal bordo, dove certamente ci sono pizzette e tartine, e certamente qualche bella signorina: tutto ciò è previsto nell’ambito della funzione di rappresentanza, di ambasciatori dell’Italia all’estero, della parte migliore della nostra società, che rientra appieno nella loro stessa missione istituzionale. fremmIl secondo aspetto riguarda le modifiche tecnico-logistico-operative apportate alle FREMM che sarebbero state improprie e motivo di spreco di soldi; per quest’ultimo aspetto finanziario De Giorgi conferma, nella nota, che non hanno richiesto fondi aggiuntivi rispetto a quelli previsti dal programma, contrariamente a quanto scritto  dall’anonimo. Inoltre chiarisce che le modifiche erano necessarie per migliorare la polivalenza dei locali di bordo, in termini di migliore abitabilità ed utilizzo anche per spazi di Comando e Controllo decentrato. Ciò rientra nella tradizione delle costruzioni navali che nascono con contratti base ma che sono sempre seguiti, per logiche motivazioni di tempo, di invecchiamento stesso delle specifiche, da Atti aggiuntivi e modifiche per allinearle al mondo che cambia, ai ruoli che possono anche  divergere dai requisiti tecnico-operativi studiati decine d’anni prima. Le prime lamiere delle FREMM furono tagliate oltre 10 anni fa, ed il loro progetto in una joint venture con i francesi fu avviato circa 20 anni orsono; è abbastanza naturale che se, all’atto della loro entrata in linea operativa, si è ravvisata la necessità di renderle più polivalenti, con più moderne articolazioni di Comando e Controllo (pensiamo alla possibilità odierna dei computer per cui anche certi camerini possono surrogare, in parte, tale funzione principe, prima accentrata esclusivamente nelle Centrali Operative…), così come migliorare  la sempre striminzita abitabilità degli alloggi, o anche migliorando la funzionalità delle mense e dei quadrati, con riferimento alla migliore flessibilità nel loro impiego generale, magari prevedendo di ospitare nuclei diversi, dalle Forze speciali a assetti integrati elicotteristici, ecc, ben venga se qualcuno competente in materia, attento all’operatività vera ed al benessere del personale, intravvede la necessità di apportare  modifiche, e le attua, sia nell’hardware che nelle piante organiche degli equipaggi di bordo. Certamente desta meraviglia che, con tutto lo stuolo di super-tecnici e di altri, debba essere proprio il Capo di Stato Maggiore a rendersi conto di quelle necessità per renderle operativamente più efficaci, e senza tentennamenti ne ordini la rapida implementazione a tutte le unità di quella classe. Certo è che 20 anni fa, quando furono ideate, non si  disponeva certo di una tecnologia e IT così spinte come oggi, né  si potevano ipotizzare missioni polivalenti di anti-pirateria, né di controllo dei migranti; sta di fatto che, come evidenzia De Giorgi, tali modifiche hanno contribuito a rendere assai più efficaci l’impiego delle FREMM così modificate in tutte le missioni più attuali, da Mare Nostrum a Mare Sicuro, alle missioni europee di Atalanta in Oceano Indiano e nel contrasto agli scafisti in Mediterraneo. Più che invocare  lo spreco di risorse bisognerebbe quantizzare il valore aggiunto, il moltiplicatore di efficienza sul piano tecnico-operativo e anche logistico di quelle modifiche: ma se erano valutate necessarie, comunque, di che si sta parlando?

Infine per quanto attiene l’attività sperimentale di ricerca e sviluppo, nel campo delle nanotecnologie, avviata per realizzare battelli sottili  e super-veloci, fino ai 70 nodi,  al di là  dei dettagli della vicenda che sono ignoti, bisogna precisare che tali iniziative proposte dagli Stati Maggiori verso il Segretario Generale della Difesa, debbono passare attraverso il vaglio di organismi tecnici e finanziari, e poi aver la benedizione della validità operativa da parte dello Stato Maggiore Difesa, secondo protocolli assai rigorosi e poi avviati, sperimentalmente, solo se esistono fondi (sempre più rari…) per la copertura finanziaria.  De Giorgi, a fronte delle insinuazioni dell’anonima, conferma nella nota ufficiale che ‘’ a seguito della immaturità tecnologica rilevata dai laboratori Marina, nessuna convenzione, né appalto è stato sottoscritto con la società Aeronautical Service’’: ciò è abbastanza comune quando si avviano programmi di R&D ad alto contenuto tecnologico, come le nanotecnologie applicate, ma spesso ne vale la pena per il progresso dell’impresa. D’altronde  anche nel comparto Difesa la ricerca è ridotta al lumicino per mancanza di fondi assegnati e quindi si avviano solo progetti di basso rilievo e che costano poco o nulla, dove il rischio d’impresa è bassissimo; quindi è ovvio che anche le ditte nazionali non spendono in proprio, né possono disporre di quella maturità necessaria per procedere autonomamente, che deve essere riscontrata possibilmente in tempo utile dal cliente, come sembra sia opportunamente avvenuto. Ciò detto, l’idea e l’iniziativa di sperimentare le nanotecnologie nel campo navale per costruire mezzi sottili e veloci, è non solo intelligente, ma risponde ad una evidente necessità della Marina di disporre di mezzi in grado di aver quel ‘’vantaggio di velocità e di intercetto’’ su altre imbarcazioni condotte da terroristi o da banali contrabbandieri (i motoscafi blu napoletani superano i 50 nodi..) oppure per l’impiego delle Forze speciali, in cui la  velocità e la rapidità d’intervento, costituiscono veri fattori di potenza e di efficacia, soprattutto nella lotta asimmetrica contro gruppi organizzati. Un’esigenza avvertita da sempre, realizzata in buona misura quasi 40 anni fa con sistemi allora allo stato dell’arte, ma assai complessi, con le Unità Fast tipo aliscafi, classe Sparviero ( 4 unità, ormai in disarmo..) in grado di sviluppare –in sospensione alare- velocità prossime a 60 nodi: ora, dopo 40 anni, chiedere di disporre di battelli che possano raggiungere 70 nodi, 10  nodi in più, non  pare né utopistico, né prefigura un livello di ambizione operativo smodato, tutt’altro!    Le illazioni restanti, contenute nelle anonime, ed in particolare quelle relative alle ‘’promozioni personalizzate vs meritocrazia’’, secondo De Giorgi sono del tutto infondate e non meritevoli di commenti in quanto del tutto fantasiose; in effetti  la presenza di 5-7 membri Ammiragli di Squadra nell’ambito delle Commissioni di Avanzamento è sempre stata una garanzia di equità di giudizio proprio perché si basa su valutazioni di alto profilo, indipendenti e spesso a votazione segreta. Se poi gli esiti non piacciono, perché un tizio non consegue la agognata promozione, questo è un altro film, personalissimo e anche comprensibile, ma non giustificabile per lanciare strali sulla obiettività dei giudizi e sui giudicanti! Più in generale, per quanto attiene alle lettere anonime, non si può che concordare  con quanto espresso da De Giorgi, tanto più che un tempo non lontano tali ignobili missive finivano regolarmente nel cestino, in quanto espressione di viltà e codardia in uno stato di diritto, in cui esistono tutti i mezzi per far valere alla luce del sole le proprie legittime istanze ed eventuali meriti ignorati.

L’Ammiraglio De Giorgi fa bene a non dimettersi per il fango mediatico e strumentale, fra intercettazioni tutte da verificare e lettere anonime fantasiose e velenose al tempo stesso; se ne condivide l’auspicio che il/i corvi delatori siano identificati e perseguiti, anche se con la tempesta creata sono riusciti nell’intento di demolirne la figura per condizionare l’assegnazione di futuri incarichi, che erano e sono alla sua portata (anche sul tempismo si sono mossi strumentalmente visto che proprio il lunedì successivo allo scoppio della ‘’grana’’ era all’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri, la discussione sulle nomine…).  Un consiglio a chi sarà incaricato di scoprire i corvianti-De Giorgi; alcuni elementi emersi e la stessa logica perversa  perpetrata dai delatori  farebbero indirizzare le indagini tenendo conto dei seguenti interrogativi:  Primo: chi aveva interesse a ricoprire la carica di Capo della Marina, evitando l’extension di De Giorgi?  Secondo: chi erano i contender , interni ed esterni alla Difesa, per i posting della Protezione Civile ed altri in scadenza, in cui De Giorgi poteva essere nominato?  Terzo: chi non è stato gratificato dall’avanzamento fra gli Ammiragli ancora nei ranghi che, visti i dettagli descritti nelle anonime, poteva aver accesso a lettere e vicende tipiche dello Stato Maggiore Marina?  Quarto: come mai l’innesco avviene irritualmente dai questurini di Potenza, nei confronti di un’alta carica istituzionale, sembra senza neppure pre-informare il Premier?
‘’Tanti nemici, e… ma tenga duro Ammiraglio per sé e per la Marina’’; queste considerazioni non vogliono essere una marchetta, ne una sviolinata perché non lo vogliamo e Lei non ne ha bisogno: speriamo solo che i corvi siano impallinati, e con essi gli eventuali ‘’manovratori’’. E, dulcis in fundo, ci associamo con convinzione alla valutazione di Renzi : ‘’Stimo molto l’Ammiraglio De Giorgi. In Italia uno è condannato con sentenza passata in giudicato, e non prima. Io credo che di De Giorgi si può essere fieri ed orgogliosi’’.
Che  i venti Le siano favorevoli e possa presto uscire da questa maledetta tempesta!

Giovanni Giacomini

FONTE: Logo libero reporter

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«Ecco le sue spese milionarie» Il dossier-accusa su De Giorgi

Servizio di Fiorenza Sarzanini

Il plico spedito da un anonimo alle Procure e a Palazzo Chigi«Cene di lusso e uso disinvolto degli elicotteri della Marina»

Degiorgi VittorioVeneto

Festini a bordo della nave Vittorio Veneto con l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi — attuale capo di Stato Maggiore della Marina — che almeno in un’occasione attende gli ospiti in groppa a un cavallo bianco. Splendide ragazze trasferite in elicottero e Falcon 20 utilizzati come taxi. Commesse da 30 milioni di euro autorizzate per ristrutturare i salottini e il quadrato ufficiali delle navi. Cene in ristoranti di lusso con numerosi invitati per brindare allo sblocco dei finanziamenti.

In molti sapevano

Quello che al ministero della Difesa molti sapevano ma non avevano mai denunciato, è adesso messo nero su bianco in un dossier spedito alla Procura di Potenza, a quella di Roma, alla magistratura militare — che dovranno verificare ogni circostanza — ma anche a palazzo Chigi e al ministro della Difesa. Uno scritto anonimo che indica nomi, fatti e contiene documenti originali sugli affari da milioni di euro che sarebbero stati gestiti in piena autonomia. Venerdì l’ammiraglio — indagato dai pubblici ministeri potentini per associazione per delinquere, abuso d’ufficio e traffico d’influenza con Gianluca Gemelli, il compagno dell’ex ministro per lo Sviluppo economico e altri lobbisti — sarà interrogato.

Le intercettazioni

Dopo la pubblicazione delle sue conversazioni intercettate, in particolare quelle in cui attacca il ministro Roberta Pinotti, da più parti gli era stato chiesto di dimettersi, tenendo pure conto che a giugno andrà in pensione. Istanza finora rifiutata e c’è chi non esclude che la scelta di fornire ulteriori atti alla magistratura abbia come obiettivo proprio quello di accelerare la sua uscita. La persona che ha costruito il dossier ammette di essere un militare della Marina «ma non ho il coraggio di venire allo scoperto perché ho già abbondantemente pagato per non essermi piegato alle richieste del capo di Stato maggiore». Ha comunque avuto accesso a documenti riservati e informazioni compromettenti.

I cocktail a bordo e gli aerotaxi

E scrive: «Famosi sono stati i festini organizzati dal comandante a bordo della Vittorio Veneto in navigazione, con tanto di trasferimento a mezzo elicottero di signorine allegre e compiacenti. O di quella volta, sempre da Comandante della Vittorio Veneto in sosta a New York, che accolse gli invitati ad un cocktail a bordo, in sella a un cavallo bianco appositamente noleggiato. Tutti sapevano e tutti, per paura delle sue vendette, tacevano circa l’uso improprio che l’ammiraglio, una volta diventato capo delle Forze Aeree della Marina, faceva degli elicotteri e soprattutto del velivolo Falcon 20 che in versione Vip lo trasportava continuamente come in un taxi (spesso in allegra compagnia da una parte all’altra dell’Italia, per l’esaudimento di interessi personali ma a spese del contribuente)».

 Il pranzo al ristorante «Il Bolognese»

Non è finita. «Nella storia recente rimane il ricordo del pranzo luculliano, abbeverato da fiumi di champagne, fatto presso il ristorante “Il Bolognese” di piazza del Popolo a Roma dove condusse un codazzo dei suoi più fidati e compiacenti collaboratori a festeggiare il primo positivo consenso espresso dal Parlamento sulla Legge Navale». Possibile che nessuno abbia mai chiesto conto delle spese? Secondo il dossier «le spese per il capo di Stato Maggiore sono state sottratte alla rendicontazione amministrativa, esiste la raccomandazione di prendere nota delle spese e conservare tali annotazioni soltanto per l’anno solare in corso».

Trasferimenti e punizioni

C’è la parte goliardica, ma c’è anche il capitolo dedicato alla gestione del personale. «Bisognerebbe chiedersi — scrive l’anonimo — come mai a tanti ufficiali dallo specchiato passato nelle commissioni di avanzamento e di vertice è stato precluso improvvisamente e senza spiegazioni ogni futuro sviluppo di carriera». Nel dossier sono indicati i nomi dei penalizzati e di chi invece sarebbe stato promosso perché «fedele».

Gli incursori di Varignano

Tra i casi citati c’è quello degli «Incursori che improvvisamente sono stati allontanati dal Comando di Varignano (unico posto dove avrebbero potuto continuare a mantenere l’addestramento non buttando alle ortiche anni e milioni spesi nella loro preparazione) e trasferiti dall’altra parte dell’Italia solo perché hanno fatto parte del gruppetto che nel corso delle prove del defilamento del 2 giugno, facendo scherzi con palloncini pieni d’acqua (è tradizione di tutti i militari che partecipano a tale evento), schizzarono Sua Maestà De Giorgi».

Due appalti segnalati

Sono due gli appalti segnalati. Il primo risale al 2013 quando De Giorgi «in visita a una fregata classe Fremm nei cantieri di Fincantieri per completare le ultime fasi di allestimento, non gradendo la ripartizione delle aree destinate al quadrato ufficiali e dei camerini destinati al comandante, ordinava ai dirigenti di attuare le modifiche da lui indicate». Costo dell’operazione: 42 milioni e 986mila euro che De Giorgi «cercò di coprire con un auto investimento da parte di Fincantieri che invece non aveva alcuna intenzione di finanziare neanche parzialmente e quindi si spesero decine di milioni del contribuente».

Unità stealth

L’altro affare riguarda «la produzione di unità sottili stealth ad altissima velocità, con scafi e strutture di carbonio trattato con l’applicazione delle nanotecnologie». Un progetto di altissimo livello che «De Giorgi propose con una lettera al capo di Stato Maggiore della Difesa, l’ammiraglio Luigi Mario Binelli Mantelli, chiedendogli l’approvazione a firmare una convenzione con la società As Aeronautical». La missiva, datata 30 novembre 2013, è contenuta nel dossier. L’anonimo spiega che «l’Aeronautical Service tecnicamente non esiste e non dispone di apparecchiature, né di maestranze all’altezza. Il suo responsabile, ingegner Bordignon, millanta coperture illustri come De Giorgi e Valter Pastena». È il consulente dell’ex ministro Guidi, anche lui indagato a Potenza, che si vanta di aver ricevuto il dossier per ricattare il titolare delle Infrastrutture.

FONTE: Logo Corrieredellasera

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Italia decisa su Regeni ma non sui marò

DUE PESI E DUE MISURE

Abbiamo ritirato l’ambasciatore al Cairo ma con l’India ci siamo piegati Gli interessi economici e militari hanno prevalso sulla difesa dei fucilieri INTERVISTA «Giusta reazione col Cairo, umiliati da New Delhi»

Girone latorreBisogna rinunciare al diritto di essere di parte, alla tentazione di essere meschini, alla licenza di essere piccini. Perché è facile, davanti alla rigorosa reazione italiana - richiamato dal Cairo l’ambasciatore Massari - ricordarsi che per i marò - due servitori dello Stato, non due ricercatori accademici per conto di un’università inglese - mai nessun governo ha preso posizioni così decise. Al contrario, con l’India siamo stati poco più di uno zerbino. È bastato, quando l’Italia aveva detto, in occasione del permesso che consentiva in occasione delle consultazioni elettorali del 2013, che i due fucilieri di Marina sarebbero rimasti in Patria, è bastato che venissero annunciate alcune limitazioni negli spostamenti dell’ambasciatore Mancini a New Delhi, reo di aver firmato un affidavit, di essersi fatto garante del ritorno dei due in India, per farci tremare, per fare marcia indietro, passando sopra perfino alle considerazioni di buon senso dell’allora ministro di Giustizia, Paola Severino, che faceva notare come reinviare in India due cittadini italiani indagati per un reato per il quale la pena di morte non era esclusa fosse contrario al dettato costituzionale. Con Giulio Regeni non sta andando così. E dobbiamo rallegrarcene, perché vuol dire che le parole ferme, forti, di due genitori hanno lasciato il segno. Perché vuol dire che la verità dev’essere più forte di ogni realismo politico, di ogni considerazione economica. Perché vuol dire che la memoria di un ragazzo che potrebbe essere figlio, o fratello, di ognuno di noi va difesa anche correndo qualche rischio: isolare il generale Al Sisi - un baluardo contro l’estremismo dei Fratelli musulmani e contro lo Stato Islamico che scorrazza nel Sinai - e affossare definitivamente, con il turismo, l’unica fonte di guadagno per milioni di egiziani, giocarci un partner decisivo per la stabilizzazione della Libia. Lo stiamo correndo questo rischio, incollandoci di fatto al programma dei Fratelli musulmani: affondare il turismo, mandare in rovina le relazioni internazionali di un regime alleato, ma ottuso e maldestro, e spalancare la strada a una Libia in cui la Fratellanza musulmana possa liberasi del generale Haftar e del governo di Tobruk.

Siamo davvero così coraggiosi, siamo finalmente di nuovo padroni di una linea chiara nelle politiche del Mediterraneo ? Non lo scriviamo noi - lo ha fatto La Stampa - che gli inglesi (nonostante gli studi di Giulio Regeni, che continuano a non sembrarci così micidiali per il regime, sul sindacalismo egiziano fossero commissionati da professori dell’Università di Cambridge) sono interessati a approfondire la crisi tra Egitto e Italia perché ingolositi dal giacimento di gas scoperto dall’Eni. Non è un mistero che Obama sia stanco dello scomodo alleato Al Sisi, e che abbia contato, nel rapido consolidarsi del governo per metà libico per metà onusiano di Al Serraj, sull’aiuto dei Fratelli Musulmani, che hanno richiamato all’ordine sia le milizie di Misurata che il governicchio di Tripoli, chiedendo in cambio la testa del governo di Tobruk, fino a poche settimane prima l’unico riconosciuto internazionalmente e ancora oggi l’unico sostenuto da Al Sisi.

Siamo pedine, noi italiani, con tutti i nostri buoni sentimenti. Ma va bene così: la verità su Giulio Regeni, se Al Sisi, riverentemente intervistato da La Repubblica, non capisce che deve cambiare strada, e rinunciare ai suoi squadroni della morte, se non capisce che la lotta al terrorismo non equivale a una licenza a uccidere, merita che si sia duri. Ma è giusto ricordare anche che non lo siamo stati, e continuiamo a non esserlo per due marò. Lì, abbiamo accettato che la vendita di armi all’India fosse un interesse più forte della verità, e dell’innocenza di due servitori dello Stato. Latorre e Girone furono ricevuti con tappetino rosso al Quirinale, e di recente lo stesso Latorre, con il Capo di Stato Maggiore della Marina è stato ricevuto dal presidente Sergio Mattarella. Vi sembra possibile che due Capi dello Stato ricevano al Quirinale dei militari che, fosse pure per sola imperizia e sbadataggine, hanno sbagliato, sparando a due pescatori scambiati per pirati? Se li ricevono, vuol dire che sanno che quando i due rivendicano la loro innocenza, dicono il vero, e le supreme cariche debbono compensare con un omaggio il loro sacrificarsi per un interesse superiore, la loro disciplina, la loro obbedienza.

Non sono solo le istituzioni a usare un doppio standard, una doppia morale: quanti striscioni ha confezionato Amnesty International sui due marò, quanti comuni italiani li hanno esposti? Certo, da una parte c’è una morte brutale, su cui ogni verità arriverà troppo tardi, e dall’altra non è in ballo la vita o la morte, c’è solo l’umiliazione di due sottufficiali, c’è solo un ictus, c’è solo il silenzio di un Salvo Girone qualunque chiuso nell’ambasciata di New Delhi, ma c’era anche la possibilità di fare qualcosa, di mutare il corso delle cose. Cittadini di seria A e di serie B? Un ragazzo che assomiglia ai nostri figli, eterni studenti, cittadini del mondo, sognatori, e due italiani del profondo sud, con una divisa indosso, e forti solo di parole sdrucite come patria e disciplina: dove corre la correttezza politica? Chi è stato citato nei messaggi di fine anno dal Quirinale? I due marò, simbolo di un’Italia messa male, o l’ufficiale medico della Marina militare che aiuta una migrante a partorire su una nave di Mare Nostrum, o l’astronauta italiana?

Non preoccupatevi, ci sono anche i cittadini di serie C. Come i lavoratori Failla e Piano, e la verità sulla loro morte che una vedova e delle figlie senza più padre hanno chiesto inutilmente su un sequestro durato otto mesi, su una trattativa oscura, sul ruolo di un terrorista – Moez Fezzani, assolto da un tribunale di Milano - su una morte in circostanze mai chiarite. Dice, lo standard del dolore pubblico, che le parole forti e nobili della madre di Giulio Regeni, insegnante, sono ammirabili per la compostezza, come lo erano state le parole dei genitori di Valeria Solesin? D’accordo, ma chi ha il coraggio di dire che la rabbia della vedova Failla, il suo dolore del sud, debba valere di meno? Che la sua richiesta di verità debba valere di meno? Che il riserbo di Vania Ardito e di Paola Moschetti Latorre debba essere preso come una pazienza infinita? Ci sono ancora italiani che non distinguono, che non hanno triple morali, che sanno che di vendita di armi e di giacimenti di gas questo paese alle strette non può fare a meno, che sanno che l’India conta molto più di noi, che ammettono che non possiamo tirare la corsa ai Fratelli musulmani in Egitto o in Libia, eppure considerano irrinunciabili la dignità e la verità di ogni famiglia, di ogni italiano, vivo o morto. Il partito della Nazione, cari Renzi e Gentiloni, esiste già: è fatto da madri e padri, donne e uomini qualunque che chiedono verità per Giulio Regeni, giustizia per i marò e un po’ di attenzione anche per una famiglia siciliana il cui urlo ha avuto molte meno attenzioni e destato meno polemiche della famiglia Riina.

Toni Capuozzo

FONTE: Logo Tempo

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Nave Italia torna in mare

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Dopo quattro settimane di manutenzione il brigantino a vela della Marina Militare si prepara alla navigazione

6 aprile 2016 Giovanni A. Tedeschini

Nave Italia, dopo una cura di quasi quattro settimane, nello splendido bacino in muratura nr.1 dell'Arsenale di La Spezia della Marina Militare, torna al mare con il maquillage rifatto e pronta per accogliere gli utenti del progetto Fondazione Tender to Nave Italia

Nave Italia6

Con i suoi 1300 metri quadri di vele e 61 metri di lunghezza è il brigantino goletta più grande del mondo. Costruito nei cantieri navali Wiswa di Danzica nel 1993 per una compagnia olandese con il nome di "Swan fan Makkum", dal 19 marzo 2007 è di proprietà della Fondazione Tender to Nave Italia, la Onlus costituita dalla Marina Militare e dallo Yacht Club Italiano. Da allora è una nave iscritta nei ruoli del naviglio militare italiano e gestita in compartecipazione tra i due soci della fondazione.

Nave Italia vele

La sosta in bacino fa parte del programma manutenzioni che quest'anno è stato particolarmente impegnativo per l'ampiezza degli interventi e ha previsto, oltre alla pulizia dello scafo e ciclo di pitturazioni, interventi nella sala macchine, l'installazione di un impianto di climatizzazione nelle cabine.

Questi importanti interventi sono stati possibili grazie alla sensibilità e generosità degli sponsor di Tender to Nave Italia e alle capacità tecniche di intervento dell'Arsenale di La Spezia che ha messo a disposizione la propria professionalità, mezzi tecnici, banchine lavori e il bacino di carenaggio.

La Fondazione ha lo scopo di promuovere il mare e la navigazione come strumenti di educazione, formazione, abilitazione, riabilitazione, inclusione sociale e terapia, a favore di associazioni non profit, ONLUS, scuole, ospedali, servizi sociali, aziende pubbliche o private che svolgano attività a favore dei propri assistiti e delle loro famiglie.

Per realizzare la propria missione la Fondazione mette a disposizione Nave Italia dove giovani e adulti resi fragili da disabilità o disagi fisici, psichici o sociali possono acquisire consapevolezza sul proprio valore.

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